Autore Redazione
venerdì
5 Febbraio 2016
23:56
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Eventi

Quando l’ironia arriva al cuore. Recensione di “Mistero buffo” al San Francesco

Quando l’ironia arriva al cuore. Recensione di “Mistero buffo” al San Francesco

ALESSANDRIA – “Mistero Buffo” di Ugo Dighero, presentato venerdì 5 febbraio al Teatro San Francesco di Alessandria, tutto esaurito per l’occasione, inizia con una spiegazione sul linguaggio utilizzato, una mescolanza di dialetti del nord al limite del grammelot.

Il testo appartiene alla storia del teatro e alla sua straordinaria difficoltà si aggiunge il confronto con un modello della statura di Dario Fo. Così, fin dall’inizio, con la premessa sulla lingua dei giullari della commedia dell’arte, fatta di assonanze e onomatopee di per sé esilaranti, cresce l’aspettativa circa i virtuosismi interpretativi.

Dighero mette in scena i due monologhi de “Il miracolo di Gesù Bambino”, tratto dai vangeli apocrifi, e “La Parpaja topola”, da “Il fabulazzo osceno”, tratto da un fabliau medievale.

La sua padronanza del linguaggio denso, magmatico e ricco di sonorità vernacole è totale e, con un magistrale dialogo dei tre Re Magi, tra una canzone-filastrocca e un passaggio continuo da un personaggio all’altro, inizia un crescendo ilare che fa risuonare di risate il teatro.

Il giullare è sulla scena e diventa il Bambin Gesù, Dio padre, i popolani che assistono al miracolo. Ogni protagonista si esprime con un vernacolo colorito e carnale, come tutto ciò che avvicina al popolo. La gestualità è rapida e mutevole, segue il parlato e accentua i paradossi (straordinario il pianto di Gesù Bambino che chiede al Padre di fulminare un coetaneo ricco e cattivo), seguendo una linea di grandissima difficoltà tecnica volta a umanizzare ironizzando. Non cade mai nel grottesco o nella macchietta, Dighero, la sua abilità sta nel divertire alle lacrime cesellando perfettamente caratteri, vizi e virtù, mantenendo la misura giusta della credibilità.

“La parpaja topola” è, dice il protagonista nel prologo, ciò che possiamo immaginare e ciò per cui si sono utilizzati una quantità di termini fantasiosi. La storia parla dell’ingenuità che sconcerta e infine vince, per il suo candore, sulla menzogna e sull’inganno.  Si passa dalla descrizione dei personaggi (la bellissima Alessia e la madre di lei, la Vulpassa, un donnone astuto e imponente, pare di vederla), alle danze della festa del matrimonio della bella con un ingenuo capraio. Dighero accenna passi di ballo nei diversi stili dei vari personaggi, parlando e pensando come loro, sdoppiandosi e triplicandosi, creando scene corali e interi paesaggi.

Si ride tanto e, soprattutto, “Mistero buffo” vive di una vita nuova, grazie ad un interprete che l’ha fatto suo. Ci sono abilità attoriale e tecnica ammirevoli, ma c’è anche una convinzione profonda che tocca lo spettatore, una sinergia che va al di là del prodotto perfetto e conquista la ragione e il sentimento.

Una grande prova per Dighero che regala, alla fine dello spettacolo, un ulteriore pezzo poetico: una poesia futurista da lui composta sulla prima guerra in Iraq. “Ho deciso di esportare una merce nuova” , il titolo, ovvero una democrazia imposta, non la democrazia altrui, ma quella di chi è più forte. La storia di ogni guerra e la giustificazione di ogni prevaricazione, in rime baciate e in un tripudio di onomatopee ispirate al manifesto di Marinetti, tra gestualità funambolesca e satira.

Un successo più che meritato e consacrato da lunghi applausi. “Mistero buffo” sarà replicato sabato 6 febbraio ad Arquata Scrivia al Teatro della Juta, mentre la  stagione MARTE, al Teatro San Francesco di Alessandria, continuerà , domenica 14 febbraio, con “Bellissimo” della Compagnia Stregatti.

Nicoletta Cavanna

 

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