Autore Redazione
lunedì
16 Gennaio 2017
10:37
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Eventi - Tortona

Dai compromessi taciuti ai segreti di famiglia. Recensione di “Le prénom” a Tortona

Dai compromessi taciuti ai segreti di famiglia. Recensione di “Le prénom” a Tortona

TORTONA – Il volto nascosto sotto le apparenze e la sua familiarità.

“Le prénom” è una commedia di sicura presa sul pubblico per questi aspetti e per la sua scrittura di grande immediatezza. Se a tutto ciò si aggiunge, nella versione tradotta da Fausto Paravidino e diretta da Antonio Zavatteri, l’ottimo cast di attori del Teatro Stabile di Genova, si spiega l’enorme successo di domenica 15 gennaio al Teatro Civico di Tortona, tutto esaurito sino all’ultimo posto disponibile.

La vicenda è nota per i due adattamenti cinematografici francese e italiano (di Francesca Archibugi) , ma l’origine del testo di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière è teatrale ed è proprio a teatro che dà il meglio di sé. In un interno borghese che suggerisce un alto livello intellettuale, a giudicarsi dalla fornita libreria, l’inizio è con il gustoso preambolo di Vincent-Aldo Ottobrino. A lui il doppio ruolo dell’uomo brillante e di successo e quello di narratore fuori campo. La sua presentazione è ironica ed asciutta, delinea i personaggi suggerendo una felicità di facciata, o, meglio, un accomodamento per il quieto vivere di qualcuno a beneficio di qualcun altro.

Due le coppie: i padroni di casa Elisabeth con il marito Pierre e gli ospiti Vincent, fratello di Elisabeth, con la moglie Anna, che aspetta un figlio. Con loro, Claude, l’amico di sempre, introdotto come persona così ineccepibile da essere definibile per sottrazione, interpretato da un Davide Lorino che, perfettamente in parte,  accentua, con un profilo contenuto e amabile, il contrasto caratteriale tra gli altri due personaggi maschili.

Il plot della commedia, uno scherzo circa il nome da attribuire al nascituro, evidenzia uno scontro tra mentalità, sortisce rivelazioni a catena e momenti di irresistibile comicità. Non è (frase ricorrente) un gioco al massacro, perché di relazioni intime e vere si tratta, ma un disvelamento di insoddisfazioni, rancori e segreti di vecchia data. Come dire che dietro ogni serenità c’è un non detto che, prima o poi, tende ad emergere.

I due poli opposti sono rappresentati da Vincent (un Ottobrino intemperante ed esibizionista, cui si devono i momenti più esilaranti) e Pierre (un Alberto Giusta intellettuale di sinistra, così convinto della sua correttezza da dimenticarne l’applicazione in ambito familiare). Tra loro Elisabeth, cui Alessia Giuliani regala la verità della donna da sempre mortificata (e come non riconoscere uno scontento così universale) e Anna, interpretata da Gisella Szaniszlò, perfetta nel ruolo di donna in carriera bella e sempre all’altezza.

La commedia scorre tra tensione e divertimento, con una regia che punta sull’effetto comico, sull’universalità di una situazione familiare in cui è facile rispecchiarsi e sulla  bravura di attori in grande sintonia tra loro, proprio come i protagonisti della pièce devono sembrare. L’allestimento di Zavatteri risulta più efficace delle versioni cinematografiche, perché non indulge a mezzi esplicitamente comici. L’effetto è raggiunto con una dinamica che appare naturale e non ricercata, circoscritta in dialoghi asciutti. Ciò che si vede è verosimile, non è una distorsione grottesca a fini ilari.

Un meritato successo e veramente tanti applausi dal numerosissimo pubblico in sala.

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