Autore Redazione
venerdì
6 Giugno 2014
00:00
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Cronaca - Valenza

La Cna di Valenza sollecita la discussione sulla crisi del distretto orafo

La Cna di Valenza sollecita la discussione sulla crisi del distretto orafo

A Valenza le riflessioni sullo stato di salute del distretto orafo si sono risvegliate. La vicenda del Gruppo Damiani-Rocca con la richiesta di messa in cassa integrazione a rotazione, seppur ridimensionata grazie all’accordo di mercoledì a Roma, ha quantomeno avuto il merito di accendere una discussione sulle condizioni del distretto. Di seguito riportiamo le considerazioni del Consorzio Unione artigiani di Valenza. 

La vicenda Damiani-Rocca ha fatto emergere ancora una volta e con più risonanza mediatica e di attenzione la crisi profonda nella quale versa il distretto  orafo e gioielliero di Valenza.

Le ricadute negative, oltre a colpire i lavoratori ai quali va la più sincera solidarietà, come per tutti i precari, cassaintegrati, o quelle persone che hanno perso il posto di lavoro, della nostra Confederazione, colpiranno anche quelle piccole e medie imprese che tradizionalmente operano quali fornitori o sub fornitori del “brand” valenzano.

Il lavoro e la produzione di queste imprese già era remunerata secondo periodicità medio lunghe ed in presenza di un restringimento sensibile delle quote di lavoro assegnate anche a causa di pesanti processi di delocalizzazione degli apparati produttivi messi in atto dalle grandi aziende, verso realtà con un costo minore e condizioni di esercizio del lavoro più flessibili se paragonate a quelle del nostro Paese.

Proprio da questo dato inizia l’analisi di carattere generale della nostra Confederazione; il costo diretto ed indiretto del lavoro è insostenibile, le piccole imprese, gli artigiani in particolare, non assumono più in quanto non sono disponibili a farsi carico di costi che sono divenuti veri e propri salassi.

Una politica di lotta alla disoccupazione deve partire in prima istanza dall’accoglimento di tale proposta; non bastano gli incentivi e gli ammortizzatori sociali e/o loro surrogati, è indispensabile abbassare il costo del lavoro.

Altro dato inconfutabile è la necessità che venga diminuita la pressione fiscale, la più alta d’Europa, a danno del sistema delle imprese tutto e dei lavoratori dipendenti e dei cittadini in generale, ivi compresi i pensionati.

Se si vuole rilanciare i consumi occorre alzare i redditi delle classi meno abbienti, infatti nel nostro Paese come in tutto l’occidente permangono sacche di persone e famiglie ricchissime che aumentano i propri patrimonio ogni anno.

Ed a questo proposito riteniamo ineludibile la tassazione di questi grandi patrimoni e della rendita passiva finanziaria.

Cosi come appare ineludibile un’azione di contrasto più forte e risoluta nei confronti del lavoro nero e dell’evasione- elusione fiscale.

Altra malattia che ha enormi incidenze negative sulla vita delle imprese, in particolare quelle medie e piccole, è la burocrazia italiana vero flagello che coinvolge tutti gli Istituti che interagiscono con le imprese pensiamo all’INPS, all’INAIL, alle CCIAA, all’Agenzia delle Entrate, Equitalia, gli Enti Locali, insomma lo Stato nelle sue articolazioni diffuse sul territorio.

Una burocrazia statale che fa dell’innovazione telematica ed informatica il proprio vanto per poi inchiodare le imprese attraverso l’applicazione di cervellotici dispositivi burocratici che minano direttamente la stessa capacità di esercizio della propria attività.

Esistono esempi concreti, pensiamo a cosa devono fare quelle imprese che hanno bisogno del Durc (documento unico di regolarità contributiva) per poter lavorare, ad esempio con gli Enti Pubblici o le Assicurazioni, basta l’insorgere di una piccola mancanza che l’impresa interessata diventa ostaggio della burocrazia e dell’istituto che la utilizza magari attraverso l’intervento solerte, più o meno, di questo o quel funzionario e/o impiegato di turno.

Questi Istituti, nel loro complesso ivi compresi coloro che all’interno vi lavorano, dovrebbero comprendere, che vivono e potranno avere un futuro solo se il sistema della piccola e media impresa potrà lavorare e crescere, in caso contrario potremmo assistere al dispiegarsi di una crisi senza ritorno.

Ed in tal caso l’ombrello protettivo dello Stato entrerà a protezione dei propri dipendenti ma decine di migliaia di imprese e loro dipendenti saranno senza la possibilità di avere un reddito minimo per poter vivere, creando di fatto un trattamento diverso tra cittadini della stessa nazione.

Il sistema statale italiano dovrebbe essere a sostegno di chi lavora, di coloro che investono nella propria attività; uno Stato nemico dei propri cittadini che lavorano e producono onestamente è una entità non democratica ed assolutamente fuori dalla storia e dal contesto del nostro Paese che tradizionalmente ha visto, tra gli altri, il sistema della piccola e media impresa come parte fondante dell’economia nazionale.

L’azione repressiva dello Stato Italiano, invece che colpire i più deboli, dovrebbe esercitarsi con grande dispiego di forze contro due calamità terribili: la criminalità organizzata e la corruzione.

Non è più tollerabile che intere porzioni del territorio del nostro Paese sfuggano ad ogni controllo creando una vera e propria condizione che vede il sud sempre più arretrato ed il resto del Paese che faticosamente cerca di reggere il destino.

Inoltre le infiltrazioni della criminalità organizzata al nord e al centro dell’Italia sono ormai, purtroppo, una tragica realtà per i cittadini onesti, le imprese che vogliono lavorare in regola e per tutti coloro che vorrebbero un Paese migliore.

La corruzione male endemico italiano è prima di tutto un problema culturale e di educazione; nel nostro Paese sin da bambini si è costretti ad assuefarci a comportamenti negativi, leggasi le raccomandazioni, le prevaricazioni, le clientele, le piccole ruberie tollerate, per assistere al diffondersi della corruzione vera e propria man mano che si cresce e ci si impiega in vari posti di lavoro e di direzione.

In questi giorni un giornale a tiratura nazionale si chiedeva: esiste un appalto pubblico senza tangenti?

Una classe dirigente politico istituzionale era stata combattuta dalla prima tangentopoli; sono tornati, e paradosso dei paradossi, in taluni casi sono addirittura le stesse persone; il malaffare è un costume se non una caratteristica genetica della classe dirigente del nostro Paese.

Quello stesso Stato che è forte con i deboli e debole con i forti, o meglio con i supposti tali; gli imprenditori sono disgustati da tale situazione la gigantesca manifestazione di protesta organizzata dalle Associazioni Imprenditoriali a Roma il 18 febbraio scorso ne è stata la più eclatante prova.

Occorre che lo Stato Italiano promuova una vera e propria guerra alla criminalità e alla corruzione, in ogni luogo e senza tentennamenti.

Solo cosi potrà recuperare fiducia dai propri cittadini e dagli imprenditori.     

In aggiunta a tutto questo non si possono dimenticare gli errori locali commessi dal sistema economico valenzano imperniato su una economia monoculturale, il settore orafo, che sostituendo anche l’attività calzaturiera, è divenuto nel contempo sino a pochi anni fa motore e volano di ogni e qualsiasi iniziativa, creando ricchezza e benessere ed alimentando un indotto che per molto tempo ha reso Valenza e zone limitrofe una sorta di isola felice.

Oggi non è più cosi nel nostro territorio è presente il numero massimo a livello provinciale di ore di cassa integrazione in deroga; il settore orafo ha perso centinaia di lavoratori unitamente ad un considerevole ridimensionamento del numero delle imprese.

La stessa area attrezzata orafa, zona D2 COINOR, è per quasi il 50% composta da fabbriche vuote e dismesse; al proposito la CNA insieme ad altri interlocutori chiede da tempo al Comune di Valenza il cambio di destinazione d’uso onde consentire la possibilità di esplorare nuovi percorsi di utilizzo dei tali locali dismessi.

Non si capisce  che utilizzo si vorrebbe attribuire al Palazzo Mostre, prima che si confermi l’assunto popolare, di cattedrale nel deserto; anche in questo caso occorre ricordare che dopo più di un trentennio la mostra orafa non è stata effettuata per il 2013 e probabilmente non si farà più.

La pesante congiuntura del settore orafo si ripercuote drasticamente anche su tutti gli altri settori e sulla cittadinanza in generale con una pesante contrazione dei consumi.

Il settore non orafo più pesantemente colpito è sicuramente quello edile; infatti le piccole e medie imprese edili sono ferme, con lavori residuale e scarse prospettive.

Come Organizzazione di categoria ribadiamo alcune proposte già poste all’attenzione:

–         rielaborazione di un progetto per la formazione professionale;

–         creazione di un luogo fisico e di elaborazione che risulti essere un incubatore per lo sviluppo delle imprese e della loro creatività;

–         cercare di costruire una rete di imprese che possa interagire per la diffusione e la collocazione delle produzioni valenzane nel mondo;

–         attivare una vera politica aggregativa per le imprese che realizzi economie di scala, razionalizzazioni dei costi e degli investimenti nei processi di produttivi;

–         promuovere una politica di recupero degli edifici produttivi dismessi, con ristrutturazioni ad ampio raggio, impedendo il ricorso a nuove costruzioni con la conseguente e deleteria cementificazione del territorio e l’abbandono sistematico dei locali produttivi dismessi con la nascita di vere e proprie aree post industriali dismesse;

–         adottare piani colore e di rifacimento delle facciate degli edifici nei centri storici con una innovativa progettazione ambientale ed urbanistica;

–         utilizzare in maniera condivisa con la città ed il suo comprensorio il Palazzo Esposizioni, che pur essendo il secondo polo fieristico regionale piemontese appare sempre più come struttura isolata e decontestualizzata dall’economia e dalla società valenzana ed alessandrina;

–         attuare iniziative che favorisca l’afflusso di persone a Valenza agevolandone la permanenza e la stessa possibilità di vivere la città.

Sono idee, condivisibili o meno, ma riteniamo un terreno utile per iniziare una discussione concreta per cercare di fornire un contributo per far uscire il nostro distretto dalla pesante situazione negativa in cui è precipitato.

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