Autore Redazione
giovedì
28 Settembre 2017
05:00
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Cronaca - Alessandria

Il calvario degli aspiranti infermieri alessandrini

In viaggio con alcuni alessandrini impegnati nel concorso per accedere alla graduatoria all'Asl3 di Genova.
Il calvario degli aspiranti infermieri alessandrini

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Per essere tanti sono tanti. Arrivano un po’ da tutta Italia, con qualsiasi mezzo. C’è chi ha optato per la classica ‘macchinata’, molto più comoda ed economica se si possono dividere le spese con altri amici o colleghi. Ma non sono disdegnati nemmeno aerei, treni e autobus. Perché quando si parla di concorsi pubblici, l’occasione è così ghiotta da non potersela (o volersela) lasciar scappare. Tanto che alla preselezione per 24 posti di Collaboratore Professionale Sanitario Infermiere ricercati dall’Azienda Sociosanitaria Ligure 3 di Genova di candidati, a luglio, se ne erano presentati poco più di 10 mila. Un numero immenso che a fine settembre 2017 è stato scremato a 2.500.

Tra loro anche alcuni ragazzi della provincia di Alessandria. C’è Marica, 30 anni, infermiera dal 2009 e con un posto fisso in un’associazione privata, Andrea di due anni più grande e dipendente di una cooperativa sanitaria che gestisce una casa di riposo locale. Tra loro anche Annalisa, la più giovane del gruppo. Si è laureata da poco e questo è il suo primo concorso ufficiale. Due sono di Alessandria, una è di Spinetta Marengo. È con loro che abbiamo passato la giornata: soffrendo, sperando e spazientendoci.

A questo punto, prima di proseguire, occorre fare una piccola digressione. Una di quelle noiosette, vero, ma che servono per capire bene le nostre successive parole. E si deve partire dal Bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 29 agosto 2017. Quello in cui 2.500 fortunati su oltre 10 mila potevano accedere alla fase successiva che li vedeva però suddivisi tra i Poli di Genova e quelli di La Spezia. Già, La Spezia: perché l’Asl 3 di Genova nel diramare il nuovo bando per accedere alle prove di teoria e di pratica (tenute tutte e due lo stesso giorno, una al mattino e l’altra al pomeriggio) del 25 settembre 2017 non ha tenuto conto degli spazi. Gli stessi che potevano essere utilizzati ma che, per una serie di sfortunate coincidenze, erano già state prenotate da altri da tempo. Come la zona fiere sfruttata dal salone nautico (in programma alla fiera di Genova dal 21 al 26 settembre) o il 105 Stadium bloccato dal concerto di Ligabue. La suddivisione andava così per cognome. Chi aveva la fortuna di appartenere alle prime sette lettere dell’alfabeto poteva fermarsi a Genova, per gli altri la sede era il palazzetto dello sport di La Spezia con orario di inizio alle 9 della mattina.

Il nostro viaggio inizia così alle 6 in direzione Liguria. O meglio, in direzione del confine tra Liguria e Toscana. Circa un’ora e 30 minuti di macchina con un’altra ora e mezza per imprevisti di ogni sorta e colazione. Fatta poi nell’unico bar raggiungibile a piedi dopo aver lasciato la macchina nel parcheggio della struttura sportiva comunale, luogo, almeno esternamente, fatiscente e in pieno rifacimento del tetto con tanto di operai intenti a piazzare le reti di protezione. Iniziamo bene”, si lascia scappare uno dei miei compagni di viaggio. Sembra un film già visto durante la preselezione, provano a spiegarmi, quandoin 10 mila siamo stati stipati alla Fiera senza indicazioni ma solo perché richiamati da un megafono che ci urlava ordini e si spazientiva se non capivamo al primo colpo. Qui però sembra diverso. I partecipanti sono meno, circa 1.500 (gli altri attendono istruzioni a Genova), e quando i cancelli del palasport spezzino aprono i battenti seguiamo anche noi la massa umana che lentamente si incammina seguendo un percorso tracciato da transenne della Protezione Civile e frecce posticce con sotto scritto ‘Ingresso’. In breve tempo si forma una colonna immobile fatta di speranze e paure. “Speriamo siano più veloci l’altra volta l’inizio era alle 9 ma prima di mezzogiorno non abbiamo iniziato”.


Un incubo che per i miei compagni di viaggio, così come per gli altri candidati sembra ripetersi. “Le prove si devono svolgere in contemporanea con la sede di Genova“, urla un altoparlante. E quindi? Quindi bisogna attendere la videoconferenza dal Capoluogo di Regione e che tutti inizino in simultanea. Ma a lasciare basiti è la sistemazione. Chi si immagina banchi di scuola lungo tutto il perimetro del palazzetto si sbaglia di grosso. I candidati vengono fatti sedere sugli spalti e il loro unico banco sono le ginocchia. “Era una scena fuori dalla realtà”, ci spiega poi Andrea finita la prima parte del concorso. “A parte aver aspettato tre ore seduti immobili con la minaccia di invalidare tutto se ci alzavamo per sgranchirci le gambe, siamo stati trattati come animali. Forse anche peggio“. I ragazzi ci raccontano che dopo essere entrati nel palazzetto ogni gesto era tenuto sotto controllo e quasi proibito. Quasi impensabile alzarsi per andare in bagno: “Ci continuavano a dire che era una cosa seria, un concorso importante. Ma di serietà in quel luogo ne abbiamo vista poca. A partire dall’assenza delle forze dell’ordine che se c’erano erano ben imboscate”, spiega invece Annalisa. C’erano invece i militi di una croce locale con relativa ambulanza previsti per legge in luoghi stracolmi di persone come quelli.
Tutto questo ci veniva riferito intorno alle 12.45, terminata la prima fase degli scritti. “Ragazzi sbrighiamoci a mangiare qualcosa perché alle 13.30 hanno assicurato che metteranno fuori l’elenco di chi è stato ammesso e chi no alla seconda fase”, salta su Marica. Una mera illusione dato che tre fogli formato A4 con i nomi di 1500 persone vengono appesi fuori non prima delle 15. E quando i commissari esortano anche a fare in fretta si levano grida di protesta e sdegno. Sia per l’organizzazione che per la poca umanità. Dopo aver letto il proprio nome qualcuno rientra nella struttura adibita a sede di concorso, altri se ne vanno. Inizia così la solita solfa, uguale identica. Che non terminerà prima delle 18.30.

Un tour de force che noi abbiamo condiviso con tre concittadini andati sino a La Spezia alla ricerca di un sogno. Un’avventura – se così si può definire – carica di emozioni. “L’unica cosa che fa rabbia è il trattamento. Sappiamo che siamo in tanti e loro devono controllarci e far sì che tutto vada per il verso giusto e secondo le leggi. Ma a far rabbia è la mancanza di umanità“, dice infine Marica nel viaggio di ritorno. “Alla fine siamo stati complessivamente otto ore seduti senza poterci alzare. E se c’era qualcosa che non andava, problemi urgenti e quant’altro la loro risposta era sempre la stessa: ‘Se ti alzi invalidi il concorso a tutti’. Penso che in psicologia questo atteggiamento abbia un nome”, conclude Andrea decisamente provato da questa lunga giornata di passione.

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