Autore Redazione
sabato
16 Novembre 2013
00:00
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Cronaca

400 firme per liberare la cascina di Bosco Marengo confiscata alla criminalità organizzata

400 firme per liberare la cascina di Bosco Marengo confiscata alla criminalità organizzata

Il progetto di recupero della cascina di Bosco Marengo, confiscata alla criminalità organizzata, deve essere portato avanti. Lo ha chiesto con vigore il coordinamento provinciale di Libera e lo ha fatto presentando 400 firme di altrettante persone che non vogliono arrendersi alla malavita per dimostrare come il seme della legalità possa crescere anche là dove proliferava il crimine. L’associazione ha inviato la lettera di sensibilizzazione ad amministratori e consiglieri del Comune di Bosco Marengo e agli abitanti di Borgata Donna dove si trova la struttura. Nel documento si chiede che l’immobile confiscato alla criminalità organizzata, dedicato al Magistrato Antonino Saetta ed a suo figlio Stefano, entrambi vittime innocenti delle mafie, possa diventare, come previsto, una serra comunale per dare lavoro a soggetti svantaggiati come previsto dal progetto di riuso ex  L.109/96. Il progetto, a causa di ripetuti crolli ed ostacoli di varia natura, da tre anni attende di essere pienamente attuato, nonostante i finanziamenti già disponbili e stanziati da associazionismo, Fondazioni e Regione Piemonte.

“l sottoscritti firmatari della presente petizione spontanea, sono a segnaiarVi l’urgenza e l’importanza del recupero sociale e produttivo di quanto resta dell’immobile confiscato alla mafia di Frazione Donna, assegnato dall’Agenzìa Nazionale par i beni confìscati al patrimonio indisponibile del Comune di Bosco Marengo (AL).
Diciotto anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l’uso sodale dei beni confìscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le
forze politiche, che votarono all’unanimità le legge 109/96. Si coronava, così il sogno di chi, a comìnciaro da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l’impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente.
Oggi a Bosco Marengo quest’impegno non deve essere tradito. Anche di fronte alle difficoltà che ormai da tanti, troppi, anni oslacolano il riuso sociale di questo piccoio immobile, ormai caduto a pezzi ma che, essendo il primo ad essere stato confiscato alle mafie in Provincia di AIessandria, ha assunto ed assume un valore simbolico enorme. E se “la casa del mafioso” è stala demolita, ai suo posto ci sarà una serra: il profumo dei fiori contro il fetore nauseante delle mafie.
In ogni caso rinuncìare al suo recuporo significherebbe una resa dì tutti i cittadini onesti di fronte alle diffìcoltà del pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge 109/96. Senza contare il rischio concreto, tramite prestanomì, del ritorno dei beni confiscatl nelle disponibilità dei clan, a cui sono stati sollratti grazie al lavoro dello Forze dell’Ordine e della Magistratura.

Vi chiediamo pertanto di non astenerVi, di scegliere senza indugi da che parte stare, di facilitare ed aiutare le Associazioni che si stanno impegnando votontariamente e gratuitamente por questo progetto e di incoraggiare il Comune di Bosco Marengo per la sua piena attuazione, certi che non farete mancare il Vostro sostegno a chi, rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell’Ordine, Votontari, Cittadini, Studenti, tutti assieme, si stanno impegnando in mille modi diversi per dare un segnale forte ed unitario: NO all’arroganza o all’avidità delle mafie e dei loro complici”.

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