Autore Redazione
mercoledì
5 Febbraio 2014
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Cronaca - Alessandria

La crisi del commercio alessandrino non guarda in faccia nessuno

La crisi del commercio alessandrino non guarda in faccia nessuno

Nella crisi puoi chiamarti come ti pare perché in questi casi le insegne contano poco. Una regola implacabile che investe anche lo storico marchio di abbigliamento Anfossi. L’imprenditore Romano Anfossi ha infatti lasciato a casa tre lavoratrici (nonostante l’opposizione di Uiltucs come riportato più sotto) dimostrando ancora una volta come l’emorragia commerciale sia sempre più profonda. Una situazione non nascosta dall’imprenditore alessandrino: “non possiamo sottrarci al percorso generalizzato e questa crisi profonda è maggiormente italiana. E’ una crisi che sta distruggendo la nostra economia perché sono crollati i consumi. Non ci sono più tante persone che entrano nei negozi a comprare e quindi non si possono inventare i denari per tenere in piedi un’azienda. Certo, i consumi si sono spostati altrove e l’abbigliamento ha perso molto del suo smalto passato quando la moda rappresentava lo stile delle persone. Sicuramente però alla base delle difficoltà attuali ci sono i drastici cali delle entrate nelle famiglie. Tutto questo accade perché ci sono persone senza lavoro o alle prese con la ricerca di un lavoro che non trovano.”

A tutto questo, secondo Anfossi, va sommato l’immobilismo del capoluogo, incapace di reinventarsi e di salvaguardare il proprio futuro: “Alessandria ha peccato molto di presunzione perché è stata per tantissimi anni il centro dell’interesse commerciale della provincia. Avevamo un’affluenza importante dall’entroterra ligure e dalla Lomellina e comunque ad Alessandria si veniva perché c’era una tradizione commerciale importante. Inoltre abbiamo sempre avuto il supporto di un’ottima campagna, un settore primario e secondario che funzionavano bene. Col crollo dell’economia e anche di Valenza, Alessandria ha perso  un seguito non indifferente sotto questo profilo. Valenza era un grosso polmone per noi e per la nostra economia. Ma abbiamo perso anche molto nell’hinterland perché siamo stati presuntuosi. Poi ci sono le evoluzioni di mercato che hanno trasformato moltissimo il commercio. A parte i centri commerciali occorre citare i franchising che hanno svuotato le caratteristiche del settore commerciale. E’ difficile trovare il commerciante di una volta. E’ una trasformazione in negativo.”

Per invertire la rotta occorrerebbe pianificare qualcosa di diverso e di nuovo, ma per questo occorrono delle teste, è l’ulteriore appunto di Anfossi: “Alessandria per risorgere ha bisogno di qualche progettualità importante. Se Alessandria non tira fuori qualche idea diversa che porti dei volti nuovi e del denaro fresco noi non ne veniamo fuori perché continuiamo a far girare quel poco denaro e per di più ce lo ‘rubiamo’ l’un l’altro senza risolvere il problema. Dobbiamo far entrare sempre più denaro e sempre più persone. Non possiamo sperare che la manna venga giù dal cielo. Corso Roma, se non capita qualcosa di meglio, difficilmente potrà ritrovare la luce di un tempo”.

Un progetto però deve avere qualcuno che lo pensi e lo proponga: “a dare progettualità non ci deve essere una categoria ma un singolo che deve essere saggiamente e materialmente propositore. Certo il mondo politico dovrebbe essere sensibile a questo, ma ultimamente ha fatto orecchie da mercante un po’ perché sordo e un po’ per limiti propri, perché bisogna sapersi avvicinare a certe progettualità con capacità, predisposizione ed entusiasmo. Insisto nel dire che fino a oggi non si è cercato di sentire e valorizzare chi ha voglia di dare idee e progetti. Ho avanzato molti suggerimenti ma senza alcuna concretezza da parte degli interlocutori.”

Il futuro per questo appare sempre più lontano visto che il presente è pieno di punti interrogativi e di segnali preoccupanti, ha raccontato Anfossi: “i saldi sono partiti debolmente e stanno finendo ancora peggio. Probabilmente il mercato è povero. Il ceto medio-basso non ha avuto le disponibilità e il ceto alto non ha speso. Le persone che non hanno mezzi stanno tirando la cinghia ancora più del passato e le altre persone devono fare i conti con i propri bilanci che comunque si sono assottigliati. Il 2013 è stato un anno terrificante per i nostri consumi. Erano due anni che andava male ma non ci aspettavamo un tonfo così profondo. E’ stata una catastrofe virulenta. Negli anni precedenti c’era stata ma abbiamo sempre sperato in un miglioramento. Adesso non possiamo andare a prendere le persone per strada e convincerle a venire dentro i negozi.”

Questo ha influito sulle scelte di Anfossi che sono ricadute su alcuni dei suoi lavoratori, tre hanno ricevuto lunedì la lettera di licenziamento: “purtroppo così è successo. Si spera sempre che nell’evoluzione delle cose possa tornare un momento migliore e si torni a vedere una luce in fondo al tunnel. Temo che questa situazione, al di là del personale, ma anche in altre aziende debba moltiplicarsi e prolungarsi. Da come sono andati i saldi di gennaio le previsioni non fanno ben sperare. Certo se dovessero migliorare le cose le persone che si lasciano a casa saranno le prime che verranno assunte. D’altronde il criterio adottato in questo tipo di licenziamenti è stato quello delle ultime persone impiegate, senza fare alcuna discriminazione. Vorrei che fosse chiaro infatti che lo scopo primario è quello di tentare di salvare le aziende.”
La posizione della ditta però ha acceso la Uiltucs. Il sindacato ha definito il provvedimento dell’imprenditore “avventato e precipitoso, ennesima dimostrazione di una miope capacità gestionale da parte dell’azienda – ha spiegato Giancarlo Moduzzi. Pur ammettendo le citate difficoltà economiche in cui sembra versare l’azienda, crediamo fermamente che il signor Anfossi avrebbe dovuto continuare a ricorrere agli ammortizzatori sociali (anche oltre i tre mesi di cassaintegrazione in deroga scaduti a fine novembre 2013, magari optando ora per i contratti di solidarietà) per continuare a garantire il posto di lavoro a tutti i dipendenti. Ma nonostante i ripetuti incontri avvenuti già da mesi tra il  sindacato e il consulente dell’azienda per cercare di trovare soluzioni accettabili ai problemi, evitando di danneggiare i singoli lavoratori, l’imprenditore Anfossi ha preferito intraprendere la strada per lui più facile: lasciare a casa i suoi dipendenti, senza nemmeno ritenere opportuno confrontarsi con le parti sociali, evidentemente da lui considerate poco rilevanti”.

Secca la replica di Anfossi: “loro mi danno del miope ma io potrei dire che allora loro sono ciechi. Non comprendono la mia situazione. Noi siamo un’azienda che tenta di vendere qualità e servizi. Cose che non possono essere date dai contratti di solidarietà o da cassa integrazione. Situazioni che portano tutto il personale a essere troppo assente in un’azienda che invece deve cercare di arginare questa catastrofe economica e del nostro settore”.

Intanto però un’altra insegna in centro città prova a farsi largo nel buio della crisi. E Alessandria fa i conti con l’ennesima partita senza vincitori.

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