Autore Redazione
martedì
4 Marzo 2014
00:00
Condividi
Cronaca - Alessandria

E se il carcere fosse anche una risorsa?

E se il carcere fosse anche una risorsa?

Il carcere può essere una risorsa. E’ questo uno dei temi sviluppati ieri durante l’approfondimento con Pietro Buffa, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria in Emilia Romagna e nel Triveneto. Nel confronto a Radio Gold News Buffa ha presentato il suo ultimo libro ‘Prigioni, amministrare la sofferenza‘ e ha parlato della realtà carceraria in Italia, spiegando anche l’utilità che può arrivare da questo mondo: “in carcere finiscono, al di là delle persone, gran parte dei problemi irrisolti di questa società. Il carcere vive oggi una condizione più difficile di quella vissuta dalla società civile nel suo complesso, ma il carcere è in qualche modo profetico rispetto alla società stessa. Se all’interno degli istituti si trovano le modalità per modificare questo stato di cose in questo caso il carcere potrebbe divenire davvero profetico. D’altra parte come si fa a gestire una inoccupazione del 97%, oppure come si fa a gestire una comunità di persone che, per esempio, in un carcere come quello di Torino, sommava 60 nazionalità diverse? Se questo avviene è perché la capacità, la volontà e anche i limiti degli operatori penitenziari in qualche modo reggono e da questo nasce una saggezza che potrebbe essere illuminante anche all’esterno”.

Un insegnamento che deve essere colto e sfruttato nel concetto positivo del termine, come ha voluto rimarcare l’altro ospite di Radio Gold News, Paolo Bellotti, funzionario giuridico pedagogico della Casa di Reclusione di Alessandria: “il carcere potrebbe diventare una risorsa per il territorio. In una situazione tale per cui le disponibilità degli enti locali diminuiscono potrebbe essere utile cambiare il punto di osservazione. Intanto ad Alssandria il carcere di Alessandria è una risorsa dal punto di vista oggettivo visto che dà lavoro a 800 persone: gli agenti, il personale che ci vive intorno e che utilizza i servizi del territorio. Poi il carcere potrebbe diventare utile alla città. Noi stiamo realizzando diverse iniziative a favore della comunità. In questo momento dei detenuti stanno tenendo pulita la Cittadella, togliendo l’ailanto, tanto per citare un esempio. Però noi dobbiamo pensare che nel carcere di Alessandria ci sono 400 persone rinchiuse. Allora mi domando: ma ha senso tenerle chiuse lì e non fare in modo invece che possano essere utili per il territorio?“.

Per cogliere questa opportunità occorre però essere pronti, come ha spiegato ai nostri microfoni Luisa Bianco, vice direttore dipartimento di scienze sociologiche dell’Università Amedeo Avogadro, e quindi “bisogna smontare i pre-giudizi. Consentire alla sottosocietà del carcere di interagire con la società nel suo complesso significa consentire ai cittadini che stanno fuori, e che hanno naturalmente dei pregiudizi nei confronti del carcere, di conoscere lo stato delle cose e di dare invece dei giudizi informati. L’esperienza di collaborazione che da tantissimi anni stiamo facendo tra Università e carcere con detenuti che frequentano i corsi è un modo per far interagire questi due mondi”.

A colmare questo gap possono contribuire anche gli avvocati anche perché, come ha spiegato infine l’avvocato Paolo Merlo, “nessun detenuto ha mai nascosto il proprio piacere nel fare qualcosa a vantaggio della società. Sarebbe anche un ottimo percorso per permettergli il cammino di rieducazione che è proprio della pena, come dice il trattato costituzionale. Bisogna crescere in tutto e sarebbe fantastico se davvero potessimo attuare questa inversione di tendenza e fare del carcere non più un peso ma una risorsa“.

Condividi