Autore Redazione
venerdì
6 Giugno 2014
00:00
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Cronaca - Alessandria

La provincia di Alessandria e la Cambogia unite da un ponte di solidarietà

La provincia di Alessandria e la Cambogia unite da un ponte di solidarietà

Questa settima è arrivata in provincia Lieke Coenagrachts (nella foto al centro insieme a Barbara Laveggio e all’ing. Procchio), una cittadina belga che risiede in Cambogia da moltissimi anni. E’ la referente della vasta azione di cooperazione internazionale che l’Istituto per la Cooperazione allo Sviluppo promuove fin dall’inizio dagli anni ’90. A partire dall’anno 2000 la cooperazione si è intensificata e si è specializzata nel settore delle risorse idriche. Tra i molteplici progetti si ricordano le due realizzazioni più considerevoli, finanziati dalla Commissione Europea: 2001-2003 Cambogia 2000: costruzione e gestione di un acquedotto a Staung, capofila la Provincia di Alessandria budget 498.000 euro; 2005-2008 Cambogia 2000 fase II: formazione sulla gestione dell’acqua e costruzione di un acquedotto a Taing Krasaing, budget 860.000 euro.
Entrambi gli impianti sono funzionanti, si autosostengono e sono stati potenziati negli anni successivi.
Numerosi interventi di costruzione e riparazione di dighe ad uso irriguo sono stati realizzati e continuano ad essere realizzati con finanziamenti dell’Ato6.
A Lieke Coenagrachts abbiamo rivolto alcune domande.

Ha trascorso un lungo periodo nelle Filippine e in seguito si è trasferita in Cambogia, dedicando la sua vita al miglioramente delle condizioni socio-economiche dei più svantaggiati in questi paesi. Ci racconti la sua vita dedicata alla costruzione di una società più equa.

La costruzione di una società più equa è una parola grande. Per fortuna ho ricevuto una buona formazione per quanto riguarda l’immersione totale in un’altra cultura e ho avuto il supporto e la solidarietà del gruppo di cui facevo parte. Quando lavoravo nelle Filippine mi trovavo calata in uno specifico contesto: l’Ufficio per lo sviluppo umano della federazione della Conferenza Episcopale Asiatica. Poco dopo il Concilio Vaticano II, molte chiese asiatiche stavano cercando di aggiornarsi e di rivedere il loro impegno e il loro lavoro calibrandolo sui bisogni delle persone
Oggi molto è stato fatto per coinvolgere maggiormente nella dimensione umana il lavoro della Chiesa, specialmente tra i laici.
Il nostro ufficio organizzava sistematicamente dei periodi di immersione per i leader della Chiesa nella vita dei contadini, dei pescatori, dei senza terra, degli squatters, dei poveri nelle città e nelle campagne. Per molti giorni li conducevamo a stare e vivere con quelle persone, per poi analizzare quali fossero le cause della loro povertà, come migliorare le loro condizioni di vita e attraverso quali azioni. I leader delle chiese venivano tra virgolette convertiti e seguivano programmi di formazione, assistenza, micro-credito, progetti di auto aiuto attraverso le cosiddette banche delle mucche e del riso. Si metteva l’accento sull’umano piuttosto che sul sacro. Le persone dovevano avere speranza nel futuro, speranza che avrebbero potuto cambiare il loro destino, e quindi diventare beneficiari e promotori in molti progetti di auto-aiuto. Piccole ma significative azioni per cambiare le condizioni di vita nel quotidiano.
Il mio periodo filippino fu una buona preparazione per il mio impegno in Cambogia. Questo paese usciva dal periodo buio del regime di Pol Pot (1975-1979). Tutto doveva essere ricostruito. Le ferite del regime genocida erano profondamente radicare in tutti gli adulti che erano sopravvissuti al regime di morte di Pol Pot. Ricordo i molti lunghi pomeriggi in missione nelle campagna, senza elettricità. I nostri colleghi Khmer, guida, autista, traduttore, non riuscivano a smettere di parlare di quegli eventi e delle loro esperienze, delle pene e della sofferenza che avevano vissuto per più di tre anni. Una signora italiana, Onesta Carpené a quel tempo (inizio anni ottanta) lavorava in Cambogia da due anni e aveva urgentemente bisogno di aiuto nel programma di ricostruzione. Mi propose di andare ad aiutarla. Sentivo che era un privilegio essere in Cambogia. Non era però
un privilegio a buon prezzo! Le difficoltà dei primi anni dopo Pol Pot possono essere descritte a fatica. Parlarne adesso, dopo trent’anni, suona irreale. Le cose sono cambiate tremendamente.
La Cambogia è cresciuta ed è uscita dalla devastazione grazie agli aiuti internazionale, al lavoro delle ONG, e anche grazie alla forte volontà dei leader cambogiani e della popolazione.
Abbiamo costruito una società più equa? Temo di dover dire di no. Il divario tra i ricchi e i poveri è cresciuto enormemente, nonostante gli sforzi di molti benintenzionati. In ogni caso io non perdo la speranza. Il programma che stiamo gestendo va a favore della popolazione locale. Stiamo lavorando per l’acqua pulita, un diritto umano fondamentale per tutti ed è diventato realtà almeno nei distretti dove gestiamo i progetti per l’acqua potabile. Cerchiamo di combattere la povertà con progetti di irrigazione su piccola scala grazie ai quali la popolazione rurale, per lo più coltivatori di riso, riesce ad ottenere raccolti migliori e più ricchi.. Scaviamo pozzi per la famiglie con disabili. La Cambogia ha la più alta percentuale di persone disabili nel mondo. Molte famiglie vivono nei dintorni dei villaggi e non hanno accesso né all’acqua né all’elettricità. I pozzi li aiutano enormemente nelle loro mansioni quotidiane. Appartengono agli strati più poveri della popolazione.

La Cambogia – piccolo e poco noto paese del Sud-est asiatico – è diventato un partner importante per Alessandria. La cooperazione si è concentrata nella provincia di Kampong Thom. Ha dato vita ad una esperienza di cooperazione internazionale particolarmente efficace, per la sua capacità di coniugare la disponibilità di fondi, la capacità di progettazione, il coinvolgimento della popolazione, le risorse umane sia italiane che cambogiane ad alto livello professionale e di coinvolgimento personale, la continuità nel tempo. Ci racconti, dal suo punto di vista, questa straordinaria avventura, tuttora in atto.

La cooperazione nella mia mente è una avventura straordinaria. Quando il direttore dell’ICS di Alessandria, Barbara Laveggio, insieme al mio precedente capo e amica Onesta Carpenè scoprirono la possibilità di ottenere finanziamenti per un progetto di costruzione di un acquedotto in Cambogia attraverso un programma di cooperazione decentrata finanziata dall’Unione Europea, immediatamente candidarono una proposta. E il progetto fu finanziato. L’ICS e i suoi amici avevano tutti i requisiti per guadagnarsi la fiducia e l’OK dell’Unione Europea. Le risorse umane – per lo più volontari di enti come AMAG e ATO6 – assicurarono il necessario trasferimento di know how ai partner cambogiani. Il trasferimento di competenze era una delle nostre prime preoccupazioni. La stesura del progetto inizio nel 2000 e il primo progetto, realizzato nel distretto di Staung, a 110 km da Siem Reap cioè dal complesso archeologico di Angkor Vat, terminò nel 2004. Oggi almeno 2000 famiglie sono allacciate
all’acquedotto e molte altre famiglie stanno facendo richiesta. Le visite periodiche e regolari di monitoraggio degli ingegneri italiani ha garantito un altro livello tecnico del lavoro svolto dal team cambogiano. C’è stata una forte collaborazione e una grande solidarietà attraverso il loro lavoro e i tecnici cambogiani, formati nell’ambito del progetto sono grati all’Italia per il continuo sostegno. Io vivo a Phnom Penh, la capitale della Cambogia, e coordino tutte le azioni tra Italia, Cambogia e Belgio (il terzo partner della cooperazione decentrata). Nel 2008 fu inaugurato il secondo acquedotto a Taing Krasaing, finanziato dallo stesso programma europeo che aveva finanziato quello di Staung. Gli impianti e le reti di entrambi sono stati estesi in seguito (nota del traduttore).

L’opinione pubblica europea collega la Cambogia al drammatico periodo del regime di Pol Pot e dei Khmer rossi che tra il 1975 e il 1979 sconvolse il paese. Come è cambiata dagli anni ’80 ad oggi la situazione in questo paese?

Cercare di spiegare il cambiamento è un compito senza speranza. Per coloro i quali non sono vissuti in Cambogia nel periodo post Pol Pot, è difficile immaginare come apparissero la Cambogia e specialmente Phnom Penh . Adesso la città è pulita, gli accattoni sono pochi, c’è un enorme numero di nuove costruzioni, le strade sono asfaltate e le inondazioni nelle stagioni delle piogge sono diminuite. Phnom Penh è diventata una città asiatica dal volto umano. Sì, abbiamo traffico ma non è nulla in confronto a Bangkok o Manila e altre. Purtroppo la povertà dell’80% della popolazione e lì che si vede. La campagna vive un forte movimento migratori verso la città dove la gente spera di trovare la propria salvezza: scuole per i bambini, sanità, lavoro retribuito e più speranza per il futuro. Comunque i bassi salari e i costi della vita in continuo aumento provocano il risultato opposto. Le masse dei poveri inurbati vivono in condizioni di pesante povertà. Recentemente abbiamo avuto un numero di manifestazioni di protesta contro il governi che non prende provvedimenti per aumentare il salario minimo degli operai delle fabbriche, per migliorare i servizi della sanità, aumentare i salari degli impiegati, non si prende cura dei senza terra e ed è responsabile di un aumento del fenomeno perché vende grandi porzioni di terra ai grandi investitori stranieri o offre loro migliori concessioni per gli investimenti. La Cambogia è tra i paesi asiatici più poveri. Dove la forza lavoro è continuamente sfruttata, mentre le élites cambogiane si arricchiscono a ottengono tutti i vantaggi delle risorse naturali. La corruzione è una parola molto familiare e la popolazione è abituata ad accettare condizioni imposte dal loro stesso governo. Non dimentichiamo che hanno vissuto sotto un regime totalitario per un bel po’ di tempo. I giovani adesso chiedono cambiamenti. Questi cambiamenti devono essere rapidi ma i governi si muovono lentamente. I giovani stanno chiedendo un governo più democratico e partecipativo con la presenza dell’opposizione. Anche se la democrazia è un processo lento e deve essere costruita attraverso il dialogo e i compromessi, le richieste dei giovani sono pressanti….

Cosa vede nel futuro di questo paese così travagliato e così affascinante?

Prevedere il futuro sarebbe un compito impossibile. Osservo che sempre più persone sono corrotte ma allo stesso tempo noto qualche cambiamento che fa ben sperare. La popolazione della Cambogia è molto giovane. La gioventù è una promessa per un futuro migliore. Questa
gioventù è piena di speranza, cerca cambiamenti, spera in un futuro migliore. Questa gioventù è dinamica e, se ha la possibilità di studiare, lo fa con molto impegno. I giovani hanno iniziativa, elaborano programmi di cambiamenti bell’educazione, osano criticare i loro insegnanti, il sistema e il governo. Il cambiamento arriverà ma noi abbiamo un proverbio buddista che dice che le cose avvengono passo dopo passo e tutto a tempo debito.
Una nuova generazione si presenta. Sono loro che hanno in mano il futuro. Sono formati meglio pronti per il dialogo e sono la garanzia che la nostra speranza per un futuro migliore diventerà realtà. Il popolo cambogiano ha sopportato un duro passato. Sopravvivrà, nonostante tutte le difficoltà e il suo abituale modo pieno di charme di affrontare la vita mi fa sentire ottimista, piena di speranza e pronta a continuare il nostro impegno per una società migliore, per tutti.

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