Autore Redazione
sabato
19 Ottobre 2019
06:18
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Cronaca - Eventi - Valenza

La solitudine del dialogo virtuale. Recensione di “Asocial Network” a Valenza

Ieri il primo appuntamento fuori abbonamento della stagione APRE del Teatro Sociale, diretta da Roberto Tarasco. Domenica 20 ottobre il cartellone inizia con il jazz del Brown & Payes Quintet
La solitudine del dialogo virtuale. Recensione di “Asocial Network” a Valenza

VALENZA – Le dipendenze tecnologiche sono argomento dibattuto e rappresentato in vari modi, trattarlo teatralmente significa scegliere la via della comicità o l’approfondimento sociologico. Sivia Paonessa, autrice e protagonista di “Asocial Network- Storie di nativi digitali”, sceglie la linea leggera e ironica, con un pizzico di deriva catastrofista, che sposta il punto di vista del testo.

Lo spettacolo, andato in scena ieri 18 ottobre al Teatro Sociale di Valenza, è stato una felice anteprima della stagione teatrale APRE, con la direzione artistica di Roberto Tarasco, quest’anno frutto del connubio con la stagione jazzistica. Il primo appuntamento, il 30 ottobre, sarà proprio con il jazz del Brown & Payes Quintet che inaugurerà un cartellone composto da sei spettacoli di prosa (il primo sarà, venerdì 8 novembre, il Donchisci@tte con Alessandro Benvenuti e Stefano Fresi) e quattro di jazz, caposaldo della cultura valenzana dagli anni ‘50. Qui il programma completo del Teatro Sociale.

Asocial Network è un dialogo tra Anita/Silvia Paonessa e voci virtuali, menu telefonici, call center, talvolta con qualcuno che la protagonista ha perso l’abitudine di frequentare, per sostituire il rapporto diretto alla comunicazione mediata dalla tecnologia. Tutte le voci maschili sono interpretate da Marco Benedetti, dietro ad una consolle al lato del palco, e sono un continuum destabilizzante ed estraniante. Sono suggerimenti dell’assistente personale virtuale (e qui il rapporto con la voce del non umano Ciro strizza l’occhio a noti precedenti cinematografici), telefonate di call centre stranieri, addetti di agenzie ed assicurazioni, esasperanti e incancellabili pop up pubblicitari. In una stanza di una casa domotica, che diventa una prigione tanto iperconnessa quanto solitaria, la protagonista pensa di dialogare ininterrottamente, mentre il suo soliloquio è il manifesto della perdita del rapporto con la realtà.

Il taglio registico è leggero, vira alla comicità e all’assurdo, portando all’esasperazione tendenze già ben radicate nell’odierno modo di vivere la tecnologia, e facendone una storia ansiogena e un po’ apocalittica, con un finale rasserenante. Tra leggi che salvaguardano una privacy inesistente, aspirapolvere che registrano abitudini domestiche e inconsistenti amori su chat, emergono osservazioni acute. La più incisiva riguarda la causa della dipendenza da social, ovvero la scarica di dopamina al cervello determinata dai like ricevuti, lo stesso effetto che si ottiene con droga, alcool, gioco d’azzardo, pornografia. A questo input serio e fondato, una corrispondenza nella ragionevolezza finale, quella della voce interiore della coscienza che prevarrà sulla voce virtuale e rapace.

A proposito di voci, da sottolineare quella, anzi quelle, innumerevoli, di Marco Benedetti, che paiono materializzarsi e riempire lo spazio claustrofobico e quasi irreale creato sulla scena.

E, dopo il primo fuori cartellone, al Teatro Sociale di Valenza si inizia con APRE. Tutte le info su spettacoli, abbonamenti e biglietti singoli su http://www.valenzateatro.it/info/ e https://www.facebook.com/valenzateatro/

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