Autore Redazione
venerdì
10 Luglio 2020
05:24
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Cronaca - Alessandria

Solvay si difende: “C6O4 classificato come la lavanda”. Arpa: “Per sostanze estranee all’ambiente servono limiti”

Solvay si difende: “C6O4 classificato come la lavanda”. Arpa: “Per sostanze estranee all’ambiente servono limiti”

ALESSANDRIA – Prosegue il dibattito sul C6O4, la sostanza sulla quale l’azienda Solvay ha chiesto l’autorizzazione per aumentarne la produzione. La stessa multinazionale con sede a Spinetta Marengo ne ha difeso la sua regolarità citando trenta studi effettuati in laboratori accreditati internazionali”. 

Il C6O4 è registrato in conformità alla normativa Reach (il regolamento dell’Unione Europea concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione delle sostanze chimiche) e approvato dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare” dice Solvay “Come previsto dal Regolamento (CE) N. 1907/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio (REACH), per la registrazione in conformità alla normativa, sono stati compiuti una trentina di studi scientifici sul C6O4 presso laboratori esterni indipendenti ed accreditati in Italia, Germania e Svizzera, i cui risultati sono pubblici e consultabili da circa 10 anni. Tali studi sono stati condotti secondo i criteri della Buona Pratica di Laboratorio e seguendo protocolli internazionali conformi alle linee guida Ocse e al Regolamento (CE) N. 440/2008. In particolar modo i criteri della Buona Pratica di Laboratorio richiedono l’applicazione di Procedure Operative Standard e richiedono l’implementazione di un Programma di Qualità per assicurare la qualità e l’integrità dei dati generati a garanzia dell’affidabilità e l’indipendenza del laboratorio. Occorre ricordare che Il Reach è entrato in vigore il 1° giugno 2007, ed è stato adottato per migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi che possono derivare dalle sostanze chimiche. Esso promuove anche metodi alternativi per la valutazione dei pericoli che possono derivare dalle sostanze, allo scopo di ridurre il numero delle sperimentazioni condotte sugli animali. Il regolamento Reach attribuisce alle aziende il dovere di realizzare gli studi. I circa trenta studi compiuti confermano che il C6O4 non è biodegradabile, caratteristica in comune alle sostanze perfluorurate (cioè la molecola non viene degradata a cura di microorganismi), ma ha il vantaggio di non essere biopersistente (cioè non rimane all’interno degli organismi per lungo tempo come il PFOA) e non è bioaccumulabile (cioè, testato in acqua sui pesci, non tende a concentrarsi e accumularsi negli organismi)”.

“Testato in acqua dolce” continua ancora la multinazionale non mostra effetti tossici per gli organismi acquatici. E’ da notare che la classificazione tossicologica del C6O4 è simile a quella di un’altra cinquantina di sostanze utilizzate per la produzione dei profumatori d’ambiente, fragranze e profumi come, ad esempio, l’estratto di lavanda o altri estratti di erbe officinali e migliore rispetto a quella della glicerina utilizzata in cosmesi. Inoltre, i risultati degli studi, condotti secondo i criteri della Buona Pratica di Laboratorio e seguendo protocolli internazionali conformi alle linee guida OCSE e al Regolamento (CE) N. 440/2008, indicano in maniera concorde che il C6O4 non è mutageno e neppure tossico per la riproduzione. In particolare, non vi è alcuna evidenza scientifica che il C6O4 possa presentare un rischio cancerogeno per l’uomo. Gli studi eseguiti dai laboratori accreditati sono consultabili sul sito di ECHA”.

A queste dichiarazioni dell’azienda ha risposto Alberto Maffiotti, direttore provinciale di Arpa, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale.

“Certamente il C6O4, sostanza sotto brevetto, è registrata in conformità alla normativa Reach che è la registrazione a livello Europeo delle sostanze chimiche, e prevede a carico della ditta che effettua la registrazione, una serie di studi scientifici sul prodotto presso laboratori esterni indipendenti ed accreditati, scelti, in questo caso, dalla ditta Solvay per stabilirne la pericolosità” ha premesso Maffiotti tale registrazione però non corrisponde ad una autorizzazione a poter disperdere questi prodotti di sintesi (i PFAS) nell’ambiente senza limiti di concentrazione e di quantità altrimenti per quale motivo dovremmo valutare questa modifica dell’impianto come modifica sostanziale dell’Autorizzazione Integrata Ambientale?” 

Questi studi” ha continuato Maffiotti “pur seguendo protocolli internazionali, non si basano su test diretti sull’ambiente, come richiesto da Arpa visto che il prodotto è attualmente in uso ed autorizzato “in via sperimentazione” a Spinetta dal 2015 e si trova in falda e nel Bormida, ma si basano unicamente su “simulazioni con test di laboratorio su organismi modello”.

Come Arpa ci preoccupa, e ci autorizza ad invocare il principio di precauzione, apprendere che, come ha sottolineato Solvay “i circa trenta studi compiuti confermano che il C6O4 non è biodegradabile caratteristica in comune alle sostanze perfluorurate”. 

Inoltre non ci tranquillizza apprendere dallo stesso comunicato che il PFOA, ancora presente sia nella falda che nel Bormida, abbia lo svantaggio di essere biopersistente e bioaccumulabile, come un altro PFAS a catena lunga tuttora prodotto ed utilizzato nello stabilimento e non citato nel comunicato.
Per questi 3 PFAS è stato stato proposto da Arpa in Conferenza dei servizi per l’Autorizzazione Integrata Ambientale, un limite allo scarico, limite da raggiungere entro 4 anni, subordinando l’autorizzazione alla messa in sicurezza dell’impianto da perdite nella falda e nell’aumento dell’efficienza della barriera idraulica a protezione della falda esterna allo stabilimento”. 

Nessuna sostanza estranea all’ambiente, compresa l’essenza di lavanda citata da Solvay” ha concluso il direttore Maffiotti “può essere scaricata senza trattamenti e limiti nelle acque di un fiume”. 

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