Autore Redazione
martedì
19 Gennaio 2021
11:23
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Cronaca - Alessandria

Deposito nucleare, Slow Food: “Nostro territorio ancora fertile, si faccia su aree già compromesse”

Deposito nucleare, Slow Food: “Nostro territorio ancora fertile, si faccia su aree già compromesse”

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Le Condotte Slow Food della provincia di Alessandria hanno espresso la loro contrarietà a un eventuale deposito di rifiuti radioattivi nel nostro territorio. “Ponendo in premessa che non è nostra intenzione porci su un fronte qualunquista del tipo “fatela dove volete purché non sia nel nostro cortile”. Al contrario” hanno sottolineato Ugo Bertana (Condotta Slow Food Monferrato Casalese e Moncalvo), Dalia Ghisu (Condotta Slow Food Alessandria), Marco Dell’Era (Condotta Slow Food del Tortonese), Andrea Zoccheddu (Condotta Slow Food del Gavi e Ovada) “è nostra intenzione portare al centro del dibattito, che nelle prossime settimane coinvolgerà le amministrazioni pubbliche e gli stakeholder interessati al tema, la posizione delle nostre condotte formate da donne e uomini che vivono il territorio in chiave ambientale, sociale ed economica. Partendo da situazioni storiche certificate, il nostro ragionamento complessivo ci dice che la porzione di territorio su cui lavorano i nostri comitati, è già stato investito da troppi episodi di sfregio ambientale, e che le popolazioni che vi risiedono hanno già pagato molto, anzi troppo, in termini di salute. Una rievocazione storica che ci spinge fino agli anni ’70 del secolo scorso potrebbe essere il viatico per avviare una cronaca di disastri ambientali vissuti dal Monferrato casalese. Dalla Raffineria Maura a Coniolo, fino all’inquinamento dell’acquedotto della città di Casale nel marzo del 1986. Ma basterebbe la sola vicenda Eternit, con il suo carico di morte che continua a perpetrarsi nel tempo chissà fino a quando, per poter dire che questo territorio non ha bisogno di ulteriori attività a rischio ambientale e di pericolo per la salute umana. Un territorio che meriterebbe un risarcimento ed invece vive lo stoccaggio di rifiuti radioattivi a Saluggia ad una manciata di chilometri dai pozzi dell’acquedotto del Monferrato”. 

Nell’area di Alessandria, Bosco Marengo, Spinetta, Pozzolo, gli episodi di patologie ed inquinanti nelle falde acquifere da decenni stanno facendo cronaca. Mentre più a sud, nell’area di Serravalle la vicenda della bonifica dell’ex raffineria Ecolibarna tiene banco da un mezzo secolo senza arrivare a soluzione. Episodi analoghi nell’area tortonese. Vi è quindi un aspetto sociale ed economico che non va assolutamente
sottovalutato. Le cinque aree alessandrine fin qui individuate esprimono un’agricoltura di qualità, cerealicola da una parte, vitivinicola e corilicola dall’altra. La vite e la nocciola, proprio in alcune delle arre di questa zona indicate come “perfette” per il deposito, hanno dato impulso ad un forte ritorno dell’imprenditoria giovanile. Famiglie che hanno investito i propri capitali di rischio e il proprio avvenire con una scommessa di ritorno alla terra che nessun economista ha mai intuito, e su cui mai avrebbe scommesso. L’insediamento di un impianto di smaltimento ad altissimo rischio minerebbe il futuro di queste aziende agricole, delle famiglie che le sostengono e dei posti di lavoro che esse assicurano oggi e creeranno in futuro, non solo nelle lavorazioni agricole, ma anche lungo filiere che includono aziende di trasformazione. Al di là delle giovani aziende, dobbiamo considerare la viticoltura di pregio che si è sviluppata negli ultimi decenni. Dai rinomati vini rossi del Monferrato, al Gavi, al Timorasso. L’insediamento di un sito di stoccaggio di radioattivi deprimerebbe immediatamente l’immagine e la fiducia dei consumatori nei confronti di queste produzioni di qualità, producendo un disastro economico di dimensioni epocali”.

“Per concludere, il rispetto del suolo. 150 ettari di discarica. Un milione e mezzo di metri quadrati. Un po’ più di 181 campi da calcio. È una superficie di quasi 8 aziende agricole, sulla base dell’ultima indagine sull’agricoltura che fissa a 20 ettari la superficie media delle aziende agricole italiane. Ci domandiamo se ha un senso distruggere ancora terreno fertile, quando da anni si invoca il rispetto della terra madre, e si invitano i sindaci a mettere uno stop al consumo di suolo fertile? Non è forse preferibile puntare su suoli meno “nobili”, già compromessi sul piano ambientale e non sfruttabili per una destinazione d’uso orientata alla produzione di cibo buono? Ha un senso “bruciare” una fertilità irripetibile, non riproducibile dall’uomo nonostante egli si senta padrone di una tecnica onnipotente effettivamente confortata da progressi tecnologici incredibili? Ha senso distruggere tutto ciò posando milioni di metri cubi di cemento e acciaio? Questo ultimo aspetto è il vero dramma verso cui l’uomo procede a passo spedito senza rendersi conto che è vicina l’ora della collisione con le proprie responsabilità. Distruggere l’ambiente è la formula di suicidio più subdola, poiché tutto si tiene in conto meno che la portata degli effetti, ma quando gli effetti si manifestano è impossibile ingranare la marcia indietro”. 

Le Condotte Slow Food della Provincia di Alessandria con questo documento “sono quindi vicine ai Sindaci e alle amministrazioni della Provincia, che lotteranno per difendere il proprio territorio, e a disposizione, per quanto attiene alle proprie competenze, a partecipare in modo costruttivo al dibattito che seguirà nei prossimi mesi”.

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