Autore Redazione
mercoledì
20 Gennaio 2021
05:24
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Cronaca - Alessandria

Covid, Fondazione Gimbe: “Sistema informativo ancora carente, dati siano messi a disposizione”

Covid, Fondazione Gimbe: “Sistema informativo ancora carente, dati siano messi a disposizione”

ALESSANDRIA – “Servirebbe un approccio più multi-professionale rispetto alle decisioni politiche”. Questa una delle tante e significative considerazioni tracciate sull’emergenza covid dal presidente della Fondazione Gimbe (Gruppo Italiano per La Medicina Basata sulle Evidenze), Nino Cartabellotta, intervenuto martedì con una lectio magistralis in occasione delle celebrazioni di Sant’Antonio promosse dall’Azienda Ospedaliera di Alessandria.

L’apertura dei media a tanti professionisti ha portato alla ribalta tanti punti di vista, questo è un bene ma, quando i punti di vista vengono estremizzati, si perde di vista l’estrema complessità di questa pandemia, fatta non solo di aspetti sanitari ma anche di aspetti sociali, economici. Spesso dando voce a tante persone in modo isolato si è rinunciato a ragionare insieme su questi aspetti. Si è dato voce a tanti punti di vista individuale. Invece, ad esempio, il punto di vista sociologico è stato poco preso in considerazione. Oggi il covid sta comportando anche conseguenze psicologiche e psichiatriche che riguardano i giovani e le categorie svantaggiate che non riusciamo a misurare in tempo reale”.

Sul fronte dei dati, inoltre, Cartabellotta ha evidenziato la loro “inadeguatezza“. “Un problema non solo italiano” ha precisato il presidente della Fondazione Gimbe sulle politiche sanitarie non abbiamo potuto contare su dati adeguati e affidabili. Noi come Fondazione Gimbe siamo anche intervenuti nelle audizioni parlamentari per sottolineare le criticità nel sistema della raccolta dati. Abbiamo chiesto di rendere disponibili i contagi per Comuni e per province, conoscere i flussi sull’evoluzione clinica dei soggetti positivi. Insomma, il sistema informativo è ancora estremamente carente. Non abbiamo ancora l’accesso al database integrato dell’Istituto Superiore Sanità in formato open data. Sul monitoraggio della fase 2, quello sul quale si basano i colori delle regioni, conosciamo poi solo i report dalla fine di ottobre, non quelli precedenti. Ma i dati sono di tutti e devono essere ben descritti e messi a disposizione di tutti”.

Il futuro? Siamo passati dalla necessità di continuare a mantenere misure contenimento al legittimo entusiasmo per il vaccino che, però, richiede tempi medio lunghi per la risoluzione del problema. Vediamo la luce in fondo al tunnel ma l’attenzione va tenuta alta, in questo 2021 la situazione non sarà semplice da gestire. Ancora non sappiamo se il vaccino previene dall’infezione asintomatica. Per questo bisognerà continuare a tenere le mascherine e rispettare il distanziamento. In vista di una eventuale terza ondata ci vuole molta attenzione e responsabilità anche nella comunicazione pubblica”. 

Il presidente Cartabellotta ha poi parlato di quanto la pandemia abbia rappresentato uno “stress test” per la ricerca: “I ricercatori si sono trovati ad avere una grandissima disponibilità di dati in moltissimo tempo, cosa cui non erano abituati. Questo ha portato ad un aumento vertiginoso delle pubblicazioni in tutto l’ecosistema e abbassato la qualità della ricerca, con la conseguente difficoltà ad effettuare revisioni sistematiche. Inoltre, la disponibilità di articoli pre-print (prima di un efficace azione di controllo da parte delle riviste) ha facilitato la condivisione dei dati, ma ha portato a clamorose ritrattazioni. È emersa la criticità del sistema di raccolta dati complessivo, per questo è necessario uno sforzo per rendere i dati disponibili, pubblici interoperabili e in formato aperto. Il Covid è stato per la scienza uno stress test secondo un articolo di Lancet, per tutte le criticità che ha generato per il sistema. Ma anche un punto di ripartenza: la pandemia ha generato un forte interesse pubblico ed entusiasmo nei confronti della scienza. I progressi a cui abbiamo assistito potrebbero ispirare la prossima generazione di scienziati”. 

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