Autore Redazione
sabato
8 Maggio 2021
05:14
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Cronaca - Valenza

La valenzana Giada e la sua battaglia contro una “malattia invisibile” tra “dolori, paura e rabbia”

La valenzana Giada e la sua battaglia contro una “malattia invisibile” tra “dolori, paura e rabbia”

VALENZA – “Non abbiamo bisogno di compassione, cerchiamo comprensione e aiuto. In una lunga lettera aperta su Facebook Giada, una ragazza di 30 anni residente a Valenza, ha voluto raccontare la sua battaglia contro una malattia ancora non così conosciuta ma, purtroppo, diffusa: la fibromialgia, a pochi giorni dalla Giornata Mondiale, il 12 maggio. In Italia sono circa 2 milioni le persone affette da questa sindrome, il cui sintomo principale è rappresentato da forti e diffusi dolori all’apparato muscolo-scheletrico: “Interessa tutto il corpo, fibre, muscoli, tendini e nervi”. “Ho deciso di scrivere questa lettera proprio per dare voce alle persone, soprattutto donne, che si trovano a dover affrontare quello che sto vivendo io le parole di Giada sul gruppo Facebook Fibromialgici in rivolta popolare per ridare dignità a tutti noi sono in malattia da fine gennaio e, dopo tre mesi di dubbi, dolori, paura e rabbia, mi hanno diagnosticato questa malattia. Questi tre mesi sono stati davvero interminabili: visite, risonanze, ecografie, raggi, analisi. Ho incontrato neurochirurghi, reumatologi, fisiatri, osteopati, fisioterapisti. (…) La mia vita e quella delle persone che mi amano si è fermata. Non vi è ancora un cura e, anzi, si tende a screditare la gravità della malattia, chiamata “invisibile”, proprio perché non è dimostrabile con esami, analisi del sangue e perché attestare l’invalidità che porta, probabilmente metterebbe in discussione tutto, la legge, il lavoro, le donne. Io ho dovuto mettere in discussione tutta la mia vita, sono stata derisa della mia condizione e minacciata di essere sostituita per sempre al lavoro. Ho deciso quindi di cominciare la mia battaglia per fare luce su questa malattia e su quello che comporta, mi sono dovuta affidare ai sindacati per poter vivere questa malattia con la serenità di cui ho bisogno, senza minacce, terrorismo psicologico e comportamenti meschini”.

“Ho passato il primo mese e mezzo con fitte alla testa fortissime, che mi portavano giramenti di testa, nausea e sensazioni di svenimento per l’intensità del dolore” racconta Giada “non potevo guardare fuori, luce, movimenti, televisione, pc e telefono non erano contemplati (fotofobia) e le finestre del mio appartamento erano sempre chiuse. Questa chiusura, questo buio, si sono insediati nel mio umore, nella pseudo vita che sto vivendo da tre mesi a questa parte. I dolori mi accompagnano ogni giorno, a qualsiasi ora, mi fanno male braccia e gambe, testa, collo, schiena e petto. Mani e piedi si bloccano, diventano gelati o bollenti, cambiano colore, scrocchiano e ho spilli e scosse in tutto il corpo. Ho anche leggere perdite di memoria, a volte difficoltà a respirare per le forti fitte dolorose. Ci sono giorni in cui sono completamente bloccata, anche farmi la doccia diventa un problema, anche scartare la confezione delle medicine è doloroso. Non ho più guidato, io che sono sempre andata ovunque, questi giramenti e queste fitte, l’essere in movimento mi danno fastidio. Questa cosa non l’ho accettata, per niente”.

Questa malattia ha profondamente sconvolto la vita di Giada: alcune persone a lei vicine, come il suo ex compagno, si sono allontanate ma “nei momenti brutti, ho capito chi realmente mi ama. Ringrazio con tutto il mio cuore mia mamma Catia, che mi è stata vicina, mi ha supportata e non ha dubitato mai di me. Nella mia vita, ho avuto la fortuna di conoscere anche il meglio: i miei amici, le mie vicine di casa che mi hanno accolta e mi hanno dato la speranza e la forza, perché questo mondo è fatto anche di cose belle. Anche la mia cagnolina Luna ne fa parte. Mi hanno abbracciata quando ne ho avuto più bisogno e sono state in silenzio lì con me, mentre piangevo. Nel buio ho scoperto che esiste ancora un po’ di luce, che la compagnia, la gentilezza, l’empatia e la sensibilità fanno davvero la differenza”.

“Le persone affette da fibromialgia si vergognano di dirlo, vengono prese in giro” ha aggiunto Giada “ed il mondo maschilista in cui purtroppo tuttora viviamo non fa altro che peggiorare la situazione. Questa malattia porta anche insonnia, non riesco a dormire da tre mesi e le notti non passano mai. Così, nelle mie ricerche notturne e diurne, ho capito che non sono l’unica, che tante persone stanno soffrendo come me proprio per questa malattia e per come la società ci tratta. Ho letto di donne che raccontavano la loro malattia senza scrivere il cognome per non essere riconosciute ed etichettate come malate immaginarie, io stessa mi sono sentita in colpa nei confronti dei miei datori di lavoro per essere in malattia. Ho visto dottori, e questo sulla mia pelle, sminuire il dolore che proviamo e dire che siamo semplicemente depresse. La fibromialgia è molto dolorosa e difficile da riconoscere, due aspetti che contribuiscono all’insorgenza di problemi psicologici gravi per il paziente. Si pensa che siano amplificate le sensazioni dolorose, un’interazione del modo in cui il cervello elabora i segnali di dolore. Piango tanto, sono spesso nervosa e triste, spenta”.

Infine un appello: “Spero possiate comprendere tutto questo e che mi possiate aiutare a parlare di questa malattia, ad aiutare le persone che ne soffrono ad accettarla, a capire come sia meglio convivere con essa. Nessuna donna dovrà più essere derisa, umiliata. Nessuna donna dovrà più scusarsi per il fatto di stare male, spero che ci possa essere più informazione, più comprensione e una tutela che ancora non c’è, sia per quanto riguarda le spese mediche sia per la sfera sociale in cui il malato di fibromialgia vive, per il lavoro. Perché, anche se non siamo in un letto di ospedale e non siamo sottoposte a terapie salvavita, stiamo soffrendo e soprattutto non sappiamo se questa sofferenza e questi dolori potranno mai finire. Questo, ovviamente, vale anche per quella percentuale di uomini che soffre di questa malattia. Per tutti coloro che stanno soffrendo, perché prima di essere donne, uomini, bambini, omosessuali, anziani, siamo persone e meritiamo tutela, assistenza e comprensione. Ho scoperto di essere più forte di quanto immaginassi, nonostante le cattiverie sentite. Quando ho assistito mio nonno, che per me è come un padre, ho capito che io amo prendermi cura degli altri. Voglio lottare per avere una visione più chiara, abbiamo bisogno di dottori che siano disposti a spiegarci quello che stiamo vivendo, quello che sarà, che cosa comporterà l’assunzione di queste medicine perché siamo fragili e umani e il mondo ha bisogno anche di gentilezza”. 

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