Autore Redazione
mercoledì
18 Agosto 2021
09:42
Condividi
Cronaca - Valenza

Una storia piena di poesia spiega come era davvero l’Afghanistan

Una storia piena di poesia spiega come era davvero l’Afghanistan

VALENZA – Il dramma dell’Afghanistan di questi giorni mostra al mondo l’orrore di una terra abbandonata a sé stessa. Il rischio però è di cadere nei pregiudizi, senza conoscere davvero quello che è stato quel Paese, è come sempre sbagliato. Il libro “Il vinaio di Kabul“, progettato dal valenzano Walter Zollino, scritto da Antonio De Feo, ai tempi giovane studente di economia innamorato dell’Oriente, racconta una terra decisamente diversa  da quella di oggi. Negli anni ’60 De Feo diede vita a un progetto che permise di produrre il primo vino afghano. Un pioniere ma anche un imprenditore capace di occupare tante persone del posto. Quella storia oggi dimostra che era possibile intraprendere progetti dal valore reale, in grado di dare un futuro vero a quel territorio.

KabulIl vinaio italiano di Kabul” è la cronaca di un viaggio in Oriente che diventa progetto di vita e meravigliosa scoperta all’interno dei sentimenti dell’uomo. Antonio De Feo racconta la sua esperienza avventurosa, di lavoro e di vita, in Afghanistan, nel periodo compreso tra gli anni Sessanta e Settanta; descrive le vicissitudini che hanno caratterizzato la realizzazione del suo pionieristico progetto industriale inerente la produzione di vino in questo Paese, ripercorrendo al tempo stesso le sue vicende socio-politiche, attraverso la restituzione del pensiero dei suoi abitanti; l’autore, che si sofferma quindi sul carattere, le virtù e le contraddizioni del popolo afgano, con rispetto e amore, tratteggia l’immagine di un’umanità sfaccettata e profonda, regalando al lettore attimi di autentica emozione nel ricordare l’amicizia sincera che lo lega alla gente di questa terra. “… gente… povera, ma onesta e ospitale, docile con i docili, spietata con i prevaricatori e i prepotenti, comprensiva e anche tollerante. Intendiamoci, i delinquenti ci sono anche qui, ma quelli non fanno storia“.

Condividi