Autore Redazione
sabato
28 Gennaio 2023
05:00
Condividi
Cronaca - Alessandria

Le donne, il parto e quell’idea di super mamma così lontana dalla realtà

Le donne, il parto e quell’idea di super mamma così lontana dalla realtà

ALESSANDRIA – Quando ho letto del neonato morto all’Ospedale Pertini di Roma sono tornata indietro a tre anni fa quando è nato mio figlio Alessandro. Anche io sono stata da subito in stanza con il mio bambino e ho condiviso il mio letto con lui. E anche io ero stremata dopo un lungo e complicato travaglio, terminato con un cesareo. Io ho partorito nel 2020, all’inizio della prima ondata della pandemia. In quei giorni di aprile le mascherine erano obbligatorie anche in sala parto ma i papà ancora potevano essere presenti durante la fase attiva del travaglio. La notte, e fuori dagli orari di visita, io e mio figlio Alessandro, però, eravamo soli. Una manciata di giorni dopo altre mamme sarebbero state ancora più sole di me, durante e dopo il parto. Ho pensato spesso alle altre neomamme quando, ormai a casa, ho saputo delle più rigide restrizioni introdotte  all’Ospedale di Alessandria per contenere il virus. Mi sono chiesta e mi chiedo: “Come avete fatto senza nessuno accanto a voi in quei giorni?”.

Subito dopo il parto io ero esausta. Avevo sempre avuto paura a prendere in braccio un neonato. Per la prima volta ne avevo tra le braccia uno, il mio, ed ero sola.

Sono arrivata in stanza intorno all’ora di cena, dopo aver tenuto mio figlio “pelle a pelle” in sala parto. Ricordo che quando la prima operatrice venne in camera e mi disse che mio figlio sarebbe stato portato dopo poco e avrei dovuto prenderlo dalla culla, provare ad attaccarlo al seno e cambiarlo ho pensato: “Ma come faccio? Neanche riesco ad alzarmi”. La prima persona che si era approcciata a me in stanza forse non sapeva che ero stata sottoposta a un cesareo. Quelle parole suonate così trancianti, però, mi avevano innervosita e anche mortificata. Ho pensato di aver subito mostrato la mia inadeguatezza al “ruolo di madre” e, a quel punto, ho soffocato ogni domanda.

Ho aspettato che portassero in camera mio figlio sdraiata nel letto, con il catetere e le gambe ancora intorpidite dall’anestesia. Mi chiedevo come avrei potuto accudire un bambino appena nato in quelle condizioni. Volevo piangere ma, in quel momento, non l’ho fatto. Poco dopo sono stata rassicurata da un’altra operatrice. Mi sarebbe bastato premere il pulsante per avere assistenza. Così, poi, è stato. A ogni tentativo fallito di fare attaccare mio figlio al seno, o quando andava cambiato, sono stata aiutata. In quelle ore da sola in stanza con il mio bambino nel letto, però, ho contato anche i secondi che mi separavano dall’orario di visita quando avrei potuto avere accanto Antonio, il mio compagno. Io, abituata ad “arrangiarmi”, e a volte frenata da una sorta di innato pudore misto a orgoglio che mi porta a non chiedere per “non disturbare”, ho schiacciato quel pulsante solo quando estremamente necessario. Avrei dovuto farlo molto più spesso.

Ero stanca e, passato l’effetto dell’anestesia, molto dolorante. Ma, soprattutto, non sapevo cosa fare. Appena partorito tutti ti chiamano “mamma” ma non tutte si sentono già “mamme” o hanno anche solo la minima idea di come essere “mamme“. Io dopo il parto non lo sono diventata come per magia. Non dormivo e non mangiavo da non so più quante ore ma in ospedale mi sono sforzata di non chiudere gli occhi perché temevo di dare inavvertitamente un colpo al mio bambino o di non accorgermi di un suo improvviso malore.

Dal parto mi sono scoperta più forte di quanto pensassi ma anche estremamente più fragile. Il secondo giorno in ospedale, la stanchezza, i dolori e la paura di non farcela mi sono esplosi dagli occhi. Ho pianto perché il cellulare era in un punto del tavolino che facevo fatica a raggiungere da sdraiata. Ho pianto quando il pulsante è scivolato giù dal materasso e ho dovuto disturbare la mamma che era nel letto accanto per aiutarmi. Io ho cercato la forza della “super mamma” che molti si aspettano tu diventi ma non l’ho trovata.

Dammi il bambino, lo porto al nido così puoi dormire un paio di ore. Poi te lo riporto quando devi allattare”. Non sono riuscita a leggere il nome di quella operatrice o infermiera che ha portato Alessandro al nido la seconda notte. Io non l’avevo più chiesto dopo la prima sera. Per mia fortuna, però, c’è stato chi ha saputo leggere nelle profonde occhiaie oltre la mascherina un silenzioso bisogno di aiuto. Anche il volto di quella operatrice che quella notte è entrata nella mia stanza era in parte coperto dalla mascherina. Forse non saprei riconoscerla e mi dispiace non averle chiesto il nome. Quando ripenso ai giorni del parto la ringrazio sempre tra me e me.  Quelle ore di sonno hanno cambiato tutto.

Dopo aver riposato, anche se solo per poche ore, ho affrontato con più serenità le prime difficoltà legate all’allattamento. Mio figlio Alessandro si è poi attaccato al seno, anche se quella notte è stato un po’ al nido e magari ha preso il latte artificiale perché io dormivo. E anche se non fossi riuscita ad allattarlo al seno sarebbe stato bene comunque e io sarei stata una mamma come tutte le altre. Lo so, l’ho sempre saputo e ne sono convinta. Dopo il parto, però, ho vacillato, pressata da aspettative sul ruolo di “madre” che non mi appartengono e che mai credevo avrebbero potuto toccarmi. Invece, subito dopo il parto, l’hanno fatto e mi stavano spingendo a superare dei limiti fisiologici e umani che bisogna sempre imporsi, e imporre, di rispettare, senza temere di essere svalutate o sminuite. Perché prima di essere mamme siamo sempre e comunque persone.

Bisognerebbe ricordarlo alle neomamme e dirlo sempre alle future mamme. Se è vero che esiste l’istinto materno è anche vero che non tutte lo sviluppano immediatamente e molte vivono un senso di inadeguatezza, soprattutto nei delicati momenti dopo il parto. In un mondo fatto di presunti supereroi,  l’idea e gli standard della “supermamma” non sono la realtà, almeno non la mia. Ma questa, appunto, è solo la mia storia.

Se volete raccontarci anche le vostre esperienze scriveteci a redazione@radiogold.it.

Condividi