Autore Redazione
mercoledì
3 Febbraio 2016
23:00
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Cronaca - Alessandria

Una storia di stra-ordinaria routine al Pronto Soccorso raccontata da Simona

Una storia di stra-ordinaria routine al Pronto Soccorso raccontata da Simona

ALESSANDRIA – Prendiamo in prestito una lettera inviata da un’alessandrina alla rivista Vanity Fair. Il destinatario è Massimo Gramellini, giornalista della Stampa, autore dei celebri ‘Buongiorno‘, ma al di là della splendida risposta alla lettera ci sembra opportuno dare risalto alla testimonianza di una cittadina, Simona, che con pochissime parole ma di una disarmante efficacia, ha voluto ringraziare medici e infermieri che lavorano al Pronto Soccorso di Alessandria.

La riflessione di Simona è una fotografia di qualcosa che capita tutti i giorni, a ogni ora, in un posto dalla frenesia vorticosa e stropicciata. Ribaltando però il punto di vista. Tutti siamo entrati in un pronto soccorso, abbiamo lamentato disarmanti attese, abbiamo percepito la dolorosa convinzione di essere stati dimenticati o, ancora, abbiamo guardato con sospetto le persone passate davanti. Una visione che, comprensibilmente, pone noi stessi al centro, sebbene le cose possano essere viste anche da un’altra visuale. Questo ha fatto Simona e per questo ci appropriamo della sua lettera, nella speranza di poter raccontare per intero la sua storia e il suo delicato punto di vista. Il suo sguardo è quello di chi osserva la dedizione di persone che vivono gran parte del tempo sotto la luce del neon, con orologi in cui il tempo divora ore e minuti, in cui le decisioni sono decisioni vere. Un posto in cui medici e infermieri salvano la vita o leniscono dolori e che non si aspettano un grazie. Perché chi arriva al pronto soccorso vuole uscire il prima possibile, come potrebbe essere diversamente. Ma anche perché c’è un altro caso da seguire.

La testimonianza di Simona è la gentilezza di chi si è soffermato qualche minuto su tutto questo e ha voluto raccontare la forza e la delicatezza della sua storia. È la gentilezza invisibile che si trova anche al pronto Soccorso.

Ecco la sua lettera inviata a Vanity Fair:

Dopo 11 ore nel pronto soccorso dell’ospedale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, ho creduto ci avessero dimenticato. Poi ho
iniziato a osservare i volti dei dottori e infermieri che di ora in ora cambiavano fisionomia per la stanchezza, gli occhi con il panico di chi deve ogni minuto decidere chi far passare prima, le voci frustrate che al telefono imploravano i reparti per trovare un letto ai più gravi. Al cambio turno la dottoressa Simo ci fa entrare, sorride e, mentre cerca di fermare l’emorragia alla mia mamma, le posa un bacio sulla guancia. C’è tutto in quel bacio: la stanchezza, le scuse per averci fatto aspettare, la gioia per essere riuscita a vedere negli esami, tra centinaia di valori, uno che nessuno aveva notato, e che spiegava quello che stava accadendo. Ho sentito dottoresse promettere ai figli che sarebbero andate a casa di lì a poco, ma continuare a lavorare oltre il turno, a combattere con strutture inadeguate, in cambio di un «grazie» dai pazienti, se va bene; di insulti, se va male. Di queste persone e delle loro battaglie quotidiane non importa a nessuno: ne scriva lei. —SIMONA

A questo link trovate la risposta di Massimo Gramellini.

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