Autore Redazione
martedì
1 Agosto 2017
05:00
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Cronaca - Alessandria

Continua a crescere il numero di detenuti nelle carceri

Il problema del sovraffollamento coinvolge anche le 13 carceri piemontesi dove il 45% dei detenuti è di nazionalità straniera
Continua a crescere il numero di detenuti nelle carceri

ALESSANDRIA – Continua a crescere il numero dei detenuti nelle carceri italiane. In base alla fotografia scattata dall’ultimo rapporto di Antigone, l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, il tasso di affollamento nelle carceri italiane tocca in media il 113% e in alcuni istituti penitenziari del Paese non è neppure garantito lo spazio minimo di 3 mq per detenuto.

Il problema del sovraffollamento coinvolge anche le 13 carceri piemontesi dove sono ristrette 4074 persone. Calcolato il numero di detenuti previsti nelle varie strutture e quello delle persone effettivamente presenti, le carceri piemontesi raggiungono un tasso di sovraffollamento intorno al 101%. Il dato, inferiore alla media nazionale, è però più alto se si guarda all’interno di alcuni istituti della regione. Al Cantiello e Gaeta di Alessandria, ad esempio, rispetto ai 237 detenuti previsti sulla carta l’associazione Antigone al 30 giugno 2017 ne ha conteggiati 252, pari a un tasso di affollamento del 106.3%. Più alta la percentuale nel carcere di San Michele che alla fine di giugno toccava il 112,4% confrontando le 300 persone effettivamente ristrette nell’istituto e i 267 detenuti previsti.

Nelle due carceri alessandrine è più alto del dato regionale anche il numero di stranieri. Rispetto a una media piemontese che si attesta intorno al 45%, già superiore al dato nazionale del 34,1%, al Cantiello e Gaeta di Alessandria alla fine giugno i detenuti stranieri erano circa il 59% del totale. Intorno al 46,6%, invece, la percentuale a San Michele. “Nelle case circondali come il Cantiello e Gaeta – ha spiegato il Garante dei Detenuti di Alessandria Davide Petrini – vengono ristrette persone che devono scontare pene brevi o in attesa di sentenza definitiva.  I cittadini italiani normalmente dispongono di un’abitazione e hanno quindi maggiori possibilità di ottenere misure diverse, come i domiciliari. Per gli stranieri, ad esempio quelli senza fissa dimora, c’è invece un ricorso molto più ampio alla misura cautelare in carcere”.  In generale, ha sottolineato ancora il Garante dei Detenuti di Alessandria, il rapporto Antigone ha evidenziato un calo del 3,3% di detenuti di nazionalità straniera rispetto a 10 anni fa. “Il report chiarisce ad esempio che i detenuti nati nelle regioni del Nord Italia sono il doppio di quelli di origine rumena”.

I dati di Antigone, ha aggiunto Petrini, hanno poi posto l’attenzione anche sulla mancanza di agenti della polizia penitenziaria, di educatori e operatori che dovrebbero occuparsi del reinserimento dei detenuti. La carenza di personale tra i baschi azzurri a inizio anno aveva portato anche alla lunga “protesta silenziosa” degli agenti in servizio nelle due carceri alessandrine che per giorni avevano rifiutato il pasto servito in mensa per denunciare gli eccessivi carichi di lavoro causati dalla carenza d’organico. Un problema confermato anche dai dati diffusi dalla Regione Piemonte. Rispetto ai 3463 poliziotti previsti, l’organico in servizio nelle strutture piemontesi si ferma a 2475 poliziotti con rapporto medio detenuti/polizia penitenziaria di 1.65.

Ancora più critica secondo Davide Petrini è la carenza di educatori. “A San Michele dovrebbero essere 8 e invece sono solo 4 e uno di loro tra poco verrà trasferito. La mancanza di educatori incide in maniera molto negativa sul reinserimento sociale, così come le difficoltà di garantire ai detenuti opportunità di lavoro non alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria”.

Durante le visite nelle carceri italiane Antigone ha infatti calcolato un 30% di detenuti impegnati in un’attività lavorativa ma nel 26% degli istituti non ci sono datori di lavoro esterni, nel 6% non sono attivi corsi scolastici e nel 43% dei casi neppure corsi di formazione professionale. C’è molta strada anche sul fronte dei rapporti con la famiglia garantiti ai detenuti, utili non solo per il reinserimento ma, come sottolineato dall’associazione, anche per prevenire atti di autolesionismo. Solo in uno degli istituti visitati nel 2017, quello di Opera, sono possibili  colloqui via Skype e solo nella Casa di Reclusione di Alessandria i detenuti possono accedere ad internet.

Per ulteriori dettagli potete cliccare sul link per il rapporto dell’associazione Antigone.

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