Autore Redazione
lunedì
11 Novembre 2013
00:00
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Cronaca

Dall’Economist dubbi sul futuro del lavoro

Dall’Economist dubbi sul futuro del lavoro

Vi riproponiamo un interessante articolo pubblicato nei giorni scorsi dall’Economist. Secondo il  giornale inglese, i lavoratori cinesi e americani, per quanto distanti, sono accomunati da un elemento: stanno intercettando sempre meno benefici dalla crescita economica degli ultimi anni. Nell’articolo  si dice anche molto di più. L’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE), ha calcolato che il lavoro ha incamerato solo il 62% di tutte le entrate del 2000, in calo di oltre il 66% rispetto ai primi anni del 1990. Il declino si registra dal 1980 con una continua e progressiva discesa delle quote di reddito destinate al lavoro dipendente. Un fenomeno, questo, in evidenza dal 1980.

In America molti lavoratori attribuiscono la colpa della crisi alla manodopera nei paesi in cui il lavoro vbiene offerto a basso costo. Questa è una delle ragioni, spiega il giornale economico americano, ma non può essere considerato l’unico male. Il colpevole più probabile è però la tecnologia, che, secondo le stime dell’OCSE, rappresenta circa il 80% del calo della quota del lavoro tra i suoi membri. Foxconn, per esempio, ora è alla ricerca di qualcosa di diverso nei suoi nuovi dipendenti: circuiti. La scelta è stata spiegata da una nuova ricerca di Loukas Karabarbounis e Brent Neiman dell’Università di Chicago. In pratica, racconta ancora l’Economist, il costo degli investimenti è precipitato notevolmente (-25% negli ultimi 35 anni) e questo ha reso attraente per le imprese lo scambio del lavoro con un possibile software ogni volta. E questo ha contribuito ad un calo della quota del lavoro di cinque punti percentuali.

A tutto questo si aggiunge il declino dei lavori di fascia media. Negli ultimi decenni gli impieghi che richiedono competenze medie sono diminuiti drasticamente in percentuale rispetto all’occupazione totale, mentre la percentuale delle professioni ad alta e bassa qualificazione è aumentato. L’Economist cita quindi gli studi di David Autor del MIT, David Dorn del Centro per gli Studi Monetari e Finanziari e Gordon Hanson della University of California, San Diego. Dalle loro ricerche sarebbe emerso che l’informatizzazione e l’automazione hanno devastato i lavori di medio livello nel 1990.

Il paradosso è che per far fronte a questi scenari i governi potrebbero adottare nuove tutele per i lavoratori ma quella stessa regolamentazione, a sua volta, rischierebbe invece di portare ad una maggiore disoccupazione o a uno spostamento ancora più rapido verso l’automazione.

Qui sotto travate il link alla notizia dell’Economist.

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