Autore Redazione
domenica
25 Aprile 2021
05:04
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Politica - Valenza

25 aprile, la Città che Vogliamo: “Memoria dei valori da coltivare ogni giorno”

25 aprile, la Città che Vogliamo: “Memoria dei valori da coltivare ogni giorno”

VALENZA – In occasione del 25 aprile pubblichiamo la lettera del prof. Emanuele Azzità, dell’associazione valenzana “La Città che Vogliamo Odv” e componente del Comitato Unitario Antifascista del Comune di Valenza per “Alessandro Deangelis Sindaco – Valenza

Il Fascismo è morto settantasei anni fa. Fu allora che, finito e scomparso, fu consegnato alla Storia con il suo carico di dolore e di sconfitte. Oggi gli antifascisti non rincorrono fantasmi e non sono un circolo di appassionati di storia. Sanno che quando un albero muore non sempre accade la stessa cosa per le sue radici. I contadini conoscono i semi di certe erbe che possono rimanere nel terreno senza germogliare per molti anni per poi svegliarsi all’improvviso quando le condizioni sono particolarmente favorevoli. Spesso i semi sono piccolissimi ed è impossibile trovarli. Quando i germogli appaiono sono tanti e si confondono con quelli delle altre colture. Sappiamo che ogni seme ha bisogno di un suo ambiente per germogliare. Ci sono quelli che richiedono un terreno fertile e umido, altri che hanno che prediligono gli acquitrini, ma anche tra le dune del deserto nascono arbusti.

L’attenzione dell’antifascista non deve essere rivolta al noto “ventennio”, ma al contesto che ha visto l’affermazione del Fascismo subito all’indomani della I Guerra Mondiale. Il Fascismo scaturì, più che dai discorsi di Mussolini che lo fondò storicamente, da una serie di sciagurate circostanze che trovarono la loro esaltazione proprio nel primo conflitto mondiale. Una fra tutte, esemplare nella sua criminale drammaticità, fu la decimazione operata dagli ufficiali nelle file del Regio Esercito Italiano tra l’altro costituito da ragazzini anche di 17 anni! Una pratica punitiva che era in vigore tra i legionari dell’antica Roma, mai più attuata è riapparsa quasi duemila anni dopo nell’esercito dell’Italia unita. Il sorteggio delle esecuzioni capitali era a prescindere dal fatto che “l’estratto” fosse innocente o “colpevole”. Si trattava di una cieca violenza istituzionale esercitata dai “superiori” nei confronti di uomini ai quali era negata ogni dignità e ogni diritto. Una premessa tragica che sotto altre forme troverà una criminale evoluzione nei trent’anni successivi.

La negazione della dignità della persona e la sua spogliazione dei diritti individuali sono stati il terreno fertile per le più grandi catastrofi umane della storia. “E se anche qualcuno dovesse dare la sua vita per la Germania, si ricordi di aver dato niente!” Hitler lo ripeteva nei suoi comizi. L’interesse della nazione, della collettività, il popolo sopra la persona, la massa come unico interlocutore politico. Contro tutto questo vigila e combatte l’Antifascismo di oggi. In ogni ingiustizia fatta nei confronti di un solo essere umano si riassume tutta l’ingiustizia perpetrata contro l’intera umanità. L’affermazione della dignità della persona umana sta nel suo diritto alla libertà. Gli uomini veramente liberi non sono infastiditi dalla libertà degli altri. Nell’Italia sorta dalla Resistenza al Nazifascismo, nel suo Parlamento democraticamente eletto, trovarono posto anche uomini che erano stati esponenti o che avevamo aderito al regime sconfitto. Il Partito Nazionale Fascista era stato messo fuori legge e non ricostruibile, ma gli uomini che ne avevano fatto parte, conseguita la legittimazione elettorale, sedettero comunque nel Parlamento. La sorveglianza del rispetto della libertà è un altro caposaldo dall’attività antifascista.

Di certo il lavoro antifascista non è di censura e comparazione intesa a individuare un male assoluto. Non ne avrebbe senso. Il passato non ritorna, ma gli errori si ripetono. E’ piuttosto un’azione sociale mirante a individuare nella democrazia, nella libertà, nel rispetto per la persona e nella sua dignità, gli ingredienti indispensabili per vivere in una società civile. Non mancano oggi episodi o fatti significativi che si richiamano alla discriminazione sociale, etnica, geografica e religiosa che devono essere riconosciuti come atti contro la persona e che se ripetuti possono portare a serie degenerazioni. L’antifascista contrappone la ricerca una sempre più maggior partecipazione e consapevolezza delle persone all’assoluto della dittatura, ricordando che sono sempre stati i poteri assoluti o forti a nutrirsi delle più gravi ingiustizie. Quest’ultimo è un tema con aspetti inediti: organismi un tempo popolari di partecipazione e di delega come i partiti oggi appaiono trasformati e più lontani che mai dalla realtà sociale; un flusso inarrestabile d’informazione incontrollata che corre sul web ha soppiantato i vecchi giornali che, anche se di parte e come tali riconosciuti, consentivano al lettore un’ informazione attendibile. Fu con la propaganda e le notizie false che le dittature sferrarono i loro attacchi mortali ai traballanti regimi democratici.

Questo avviene sul palcoscenico di una crisi economica mondiale doppia. La catastrofe economica provocata dal covid si aggiunge infatti alle difficoltà della nostra economia e della crescente disoccupazione in progressivo aumento negli ultimi decenni. Le crisi economiche di così vasta portata sono momento di estremo pericolo. Lo sfaldamento del tessuto produttivo e la conseguente disoccupazione di milioni di persone portano solo alla disperazione, allo scetticismo, al rifiuto sociale e alla violenza. Essi sono gli ingredienti velenosi per una riedizione di eventi tragici che non vorremo mai più vedere e che per questo lavoriamo affinchè non si ripetano. Ogni forma di radicalizzazione dei conflitti e dei contrasti sociali è la premessa verso svolte autoritarie. E’ stato ufficialmente dichiarato che i poveri assoluti sono oggi saliti a sei milioni, a questi se ne aggiungono altri milioni che, pur non essendo in miseria, faticano per non caderci. In compenso una strettissima fetta sociale si starebbe arricchendo oltre ogni limite. Un paese che vede crescere la povertà è comunque già una mezza dittatura.

Contro l’affermarsi di nuove forme di ingiustizia, comunque espressione di sperequazione e autoritarismo, è più che mai necessario sostenere una nuova Resistenza con le armi della democrazia, del diritto, dell’uguaglianza fra gli uomini, nell’ attuazione dei solenni principi sanciti dalla Costituzione contro ogni forma di discriminazione e ingiustizia. Una battaglia che va combattuta giorno per giorno, ora per ora in ogni periodo dell’anno e non solo il 25 aprile! Se il Fascismo è storicamente estinto, gli ingredienti che l’hanno formato sono ancora, anche sotto nuove forme, assai presenti e radicati nella società.

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