Autore Redazione
mercoledì
7 Ottobre 2015
03:00
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Politica - Acqui Terme

Discarica di Sezzadio: i Comitati di Base rilanciano la lotta, in attesa della tutela paesaggistica

Discarica di Sezzadio: i Comitati di Base rilanciano la lotta, in attesa della tutela paesaggistica

SEZZADIO – Per i Comitati di Base della Valle Bormida quella di domani sarà una giornata decisiva nella lunga lotta contro il progetto di discarica a Cascina Borio. Giovedì infatti, la Commissione Paesaggistica Regionale stabilirà se approvare o meno la tutela paesaggistica sull’area di Sezzadio, vista la presenza dell’Abbazia di Santa Giustina, l’antica Via Emilia e l’alveo naturalistico della Bormida Morta. Questo atto che porrebbe un argine decisivo rispetto alle intenzioni dell’azienda Riccoboni, decisa a smaltire in quell’area 1.7 milioni di rifiuti ritenuti non pericolosi. Riuniti in conferenza stampa, i rappresentanti dei Comitati di Base della Valle Bormida, di Sezzadio Ambiente e di Visone hanno rinnovato la richiesta di impegno della Regione, dei Consiglieri Regionali e dei Comuni nel portare avanti nel più breve tempo possibile le norme attuative del piano di tutela delle acque, un altro fondamentale paletto per preservare la più grande e pura falda acquifera della Provincia.

“I Comitati di Base” hanno dichiarato i tre rappresentanti “intendono portare avanti questa lotta insieme ai cittadini della Valle Bormida nell’unico interesse di salvaguardare le nostre risorse fondamentali.  Non sono previsti compromessi su beni così indispensabili alla comunità. Il nostro impegno sarà portato avanti a oltranza fin che non avremo ottenuto quanto richiesto e la nostra movimentazione continuerà senza sosta perché i Comitati di Base in questo momento sono i rappresentanti e i garanti delle reali esigenze della Valle Bormida e delle tutela al suo territorio.”

Pubblichiamo di seguito tutto l’excursus sulle iniziative degli ultimi tre anni portate avanti dai Comitati di Base contro la discarica, elencate martedì in conferenza stampa. 

Siamo nel 2012 e a Sezzadio esiste da anni una cava a fine vita che, con proroghe trascinate per anni, viene presa di mira da una azienda di Parma , la Riccoboni, che si occupa di trattamento rifiuti industriali, per fare una domanda di realizzazione di una discarica di rifiuti non pericolosi appunto sul sito di Cascina Borio atto a contenere 1,7 milioni di mc. C’è da dire che già nel progetto presentato dalla ditta, ci sono richieste di deroghe ai codici CER e si citano nella propria valutazione ambientale possibili conseguenze dannose per il territorio. Iniziamo a far capire una cosa fondamentale: si sta parlando di una azienda privata che chiede autorizzazione per la costruzione di una discarica privata in un terreno privato. Nella richiesta di progetto si indicavano moltissimi codici CER in grado di sviluppare percolato di assoluta pericolosità e dannosità all’ambiente. Inoltre per meglio capire il progetto, lo stesso si presenta, a dispetto delle normali cave, su un sito che ha spianato un terrapieno  esistente, e che oggi non necessità del ripristino di una normale cava presentandosi come un terreno pianeggiante a livello stradale. 

Da qui, parte un iter travagliato fatto di Conferenze di servizi da parte della Provincia di Alessandria e fatto anche di situazioni particolarmente sofferte anche per lo stesso Comune di Sezzadio in quanto nel Marzo 2013, dopo aver approvato 2 delibere contro questo insediamento, i Consiglieri di minoranza insieme a buona parte di quelli di maggioranza si dimettono in netto contrasto con l’allora sindaco Arnera che si era in più riprese dichiarato favorevole alla discarica considerandola in varie occasioni come opportunità per il paese. Andò inoltre in occasione della prima conferenza di servizi a dare parere favorevole con riserva sulla vialbilità senza aver concordato una decisione così importante non solo con i suoi cittadini, ma nemmeno con i suoi Consiglieri di Maggioranza che lo vennero a sapere successivamente. Questo gesto fece saltare la giunta Comunale e porto al Commissariamento di Sezzadio. 

Contestualmente, dall’inizio della vicenda, si formano dei Comitati spontanei che, rendendosi conto da subito della pericolosità dell’opera, iniziano un lavoro instancabile di sensibilizzazione della Valle Bormida trovando risposta da parte di una popolazione che, ricordiamolo, è stata testimone dello scempio dell’Acna di Cengio pagandone un prezzo altissimo in termine di vite umane e di collasso della attività agricole, e che quindi, è molto attenta ai problemi ambientali. Insieme ai Comitati di Base, inizia un fenomeno di aggregazione da parte delle Amministrazioni dei Comuni della Valle Bormida che porterà alla nascita di una Convenzione per  la tutela e la salvaguardia delle risorse idriche con capogruppo il Comune di Acqui Terme; attualmente conta la presenza di 23 Amministrazioni dimostrando lungimiranza e attenzione al territorio e creando un fronte eterogeneo ma compatto che ha saputo andare al di là delle divisioni politiche per unirsi a tutela  di un territorio e di chi lo abita (unico caso in Italia). 

Alla fine di questo Iter, si arriva all’ultima conferenza dei servizi che, sentiti tutti i pareri boccia il progetto per  problematiche legate  alla viabilità (i camion sarebbero dovuti passare davanti alle scuole elementari e dentro il paese)  e per incompatibilità ambientale in quanto l’insediamento andrebbe a porsi sopra una falda acquifera di importanza strategica per tutta la Valle Bormida e più in generale per l’alessandrino in quanto per quantità e purezza sarebbe in grado di alimentare 4 volte tanto le 50000 persone a cui attualmente da da bere.

La Regione Piemonte con lettera del 7 novembre 2012 in risposta ad una nota della Provincia di Alessandria dichiara: “viene pertanto riconosciuta l’importanza idrogeologica della zona; il Piano di Tutela delle Acque infatti, la considera tra le zone di elevata qualità indicate come riserve idriche da proteggere. Per quanto di nostra stretta competenza, pur in assenza delle disposizioni attuative di cui al comma 6 dell’articolo 24 delle norme del Piano, si rileva che, in applicazione al principio precauzionale introdotto dalle Direttive 2000/60/CE Quadro per l’azione comunitaria in materia di acque e 2006/18/CE Protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento, il sito prescelto non risulta pienamente idoneo, per ubicazione e caratteristiche, ad ospitare un impianto di discarica dal momento che l’intervento interessa un territorio che sovrasta un sistema idrico sotterraneo estremamente vulnerabile e vulnerato”. La stessa ATO nell’ultima conferenza dei servizi del 26-11-2013 dichiara “che ATO aveva già espresso parere nell’ambito della precedente conferenza dei servizi e rileva però a seguito degli approfondimenti idrogeologici condotti da ARPA…..la necessità di un approfondimento degli aspetti relativi al deflusso anche in relazione da quanto evidenziato nelle osservazione del Comune di Acqui Terme”. Insomma, a quel punto del procedimento, alla richiesta di un parere definitivo, ATO “esprime parere favorevole con prescrizione”. Quindi ATO si è resa conto, sebbene alla fine del procedimento, della delicata situazione idrogeologica del sito.

A questo punto, la ditta preponente fa ricorso al Tar Piemonte e lo stesso, con una sentenza ritenuta anche dagli addetti ai lavori strana per la tempistica in cui si è sviluppata (pochi giorni dopo il ricorso) e per l’anomala ingerenza tecnica da parte di quello che è un organo amministrativo senza peraltro nominare un CTU, ribaltava il precedente diniego della Provincia. Nelle motivazioni appunto si entrava nello specifico sull’argomento Acqua escludendo il pericolo per la falda sottostante sulla base di non si sa quale competenza tecnica ed in contrasto con l’unico tavolo tecnico che si era espresso in precedenza. Tale sentenza è stata anche macchiata da un gesto inqualificabile della Presidente della Provincia Rita Rossa che, in seguito ad una richiesta di incontro da parte della stessa Riccoboni e in totale contraddizione con i suoi tecnici che avevano bocciato il progetto, rispondeva su carta intestata della Provincia con l’auspicio che le richieste della ditta Riccoboni trovassero la corretta risposta in termini di giustizia presso il TAR PIEMONTE. Tale vergognosa ingerenza a pochi giorni dalla sentenza, sarà poi presa e inserita nei documenti processuali dai legali della Riccoboni proprio davanti al TAR ritenendola a quanto pare utile per avvalorare le ragioni del proprio assistito.

Il Comune di Sezzadio allora ricorreva in appello al Consiglio di Stato supportato anche economicamente in tale decisione dalla Convenzione dei Comuni, richiedendo in attesa del procedimento una sospensiva cautelativa dell’esecuzione della sentenza del TAR negata però dal Consiglio di Stato non ravvedendo immediati pericoli per la falda per assenza di “danno grave ed irreparabile” non essendo ancora iniziati i lavori. Ora quindi si è in attesa che si sviluppi il procedimento al Consiglio di Stato e che quest’organo decida la legittimità della sentenza del TAR.

Questa è la breve ricostruzione dei fatti fino ad oggi e, alla luce della recente manifestazione tenuta a Sezzadio il 26 Settembre e partecipata da 1500 persone, 45 aziende agricole del territorio e una delegazione di 24 Sindaci, 2 Parlamentari, 4 consiglieri Regionali ed un Europarlamentare, vorremmo ora riassumere brevemente le ragioni del NO:

  • NO perché è una questione di opportunità. E’ opportuno, nonostante le precauzioni che eventualmente verranno richieste dagli organi competenti, collocare una discarica sopra una falda di acqua? La risposta è NO anche tenendo conto delle direttive Europee sull’applicazione del principio precauzionale introdotto dalle direttive 2000/60/ce “Quadro per l’azione Comunitaria in materia di acque” e 2006/118/CE “ protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento”
  • NO perché la falda minacciata da questo insediamento da da bere a 50000 persone  attualmente e potrebbe soddisfare tranquillamente le esigenze del Tortonese e del Novese che proprio in questi ultimi periodi stanno capendo sulla loro pelle quanto sia importante una risorsa come l’acqua.
  • NO perché quella che sembrava essere un gioiello della GREEN ECONOMY, la Riccoboni, non da garanzie sulla serietà del suo operato essendo già stata coinvolta in fatti poco chiari ed al vaglio della magistratura sullo smaltimento rifiuti. Da questi fatti sono derivati ad esempio anche delle interrogazioni parlamentari.
  • dalla vicenda della Befesa in Spagna in cui l’Izquierda Unida ha ufficialmente denunciato alle autorità andaluse presunte irregolarità nel trattamento e nello smaltimento dei rifiuti. Nell’esposto del partito politico spagnolo è ampiamente citata una società italiana, la Riccoboni di Parma, che si occupa della bonifica dell’ex Stoppani a Cogoleto. La ditta emiliana ha esportato a Nerva oltre 8OOO mila tonnellate di materiale pericoloso. Ma secondo l’accusa, i rifiuti tossici non sarebbero stati adeguatamente trattati prima di essere smaltiti nella discarica.
  • Alla vicenda appunto della bonifica della Stoppani per cui proprio recentemente la ditta Riccoboni è al centro di indagini della Guardia di Finanza e dalla Forestale su presunti illeciti nell’aggiudicazione dell’appalto di bonifica che ha portato ad essere perquisita a Parma, Savona, Genova e nelle abitazioni private con il sequestro dei computer e dei telefonini. Le indagini sono in corso ed in attesa di sviluppi. Si legge da Repubblica testualmente “Le accuse sono, a vario titolo, di turbativa d’asta, falso, abuso d’ufficio e reati in materia ambientale. Secondo l’accusa, l’appalto vinto dalla ditta Riccoboni di Parma per la gestione della discarica di Molinetto di Cogoleto, dove sarebbero andati a finire i rifiuti della bonifica della ex Stoppani e altri rifiuti a pagamento, sarebbe stato pilotato. Una gara d’appalto costruita a tavolino per permettere alla ditta, unica partecipante, di aggiudicarsi la gara.
    In particolare, secondo i pm, il progetto aggiudicatario della gara pubblica d’appalto di “concessione di lavori pubblici per progettazione esecutiva, adeguamento, conferimento rifiuti dalla ex Stoppani, decommissioning, gestione e chiusura della discarica di Molinetto, demolizioni presso ex stabilimento Stoppani” starebbe stato redatto e costruito ad arte prima della pubblicazione del bando pubblico in modo da permettere alla sola Riccoboni di partecipare e vincere.”
  • NO perché la falda minacciata da questo insediamento è la stessa da cui nel 2008 fu collegato un sistema di interconnessione, conosciuto in zona con il nome di “TUBONE” che oltre ad essere stato finanziato con soldi pubblici dalla APQ Stato/Regione Piemonte con un costo finale di circa 10.000.000 di Euro ha risolto definitivamente i problemi idrici di Acqui Terme e di tutti i Comuni limitrofi alla tubazione realizzata.
  • NO perché l’area oggetto del progetto è già stata riconosciuta dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Piemonte ( PTA ) fra quelle classificate come “di ricarica delle falde utilizzate per il consumo umano” e “di RISE” (acquiferi di riserva ), aventi una valenza strategica anche per le future generazioni, nelle quali l’attività di smaltimento di rifiuti risulta incompatibile ai sensi dell’articolo 24 delle Norme del suddetto PTA della Regione Piemonte.
  • NO perché come recentemente affermato anche nella lettera enciclica “LAUDATO SI” del Santo Padre Francesco : “In ogni discussione riguardante un’inizia­tiva imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande, per poter discernere se porterà ad un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi è diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà? In questo esa­me ci sono questioni che devono avere la priori­tà. Per esempio, sappiamo che l’acqua è una ri­sorsa scarsa e indispensabile, inoltre è un diritto fondamentale che condiziona l’esercizio di altri diritti umani. Questo è indubitabile e supera ogni analisi di impatto ambientale di una regione.”
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