Autore Redazione
mercoledì
11 Novembre 2015
12:22
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Politica - Piemonte

Sindacati contro una sanità regionale sempre meno attento alla parte debole della popolazione

Sindacati contro una sanità regionale sempre meno attento alla parte debole della popolazione

PIEMONTE – Duro attacco dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, nei confronti della Regione sulla questione sanitaria. Secondo le parti sociali la “necessità di fare cassa ha prevalso e si è assistito alla drastica riduzione dei posti letto, da 17.702 a 15.464“. I sindacati contestano anche la cancellazione di decine e decine di unità operative semplici e complesse e il blocco dei turn-over lavorativo con la perdita, in quattro anni, di oltre 3 mila unità di personale. Il risultato, hanno ancora contestato le parti sociali, è il mancato ampliamento dei servizi territoriali a vantaggio del semplice consolidamento di quelli esistenti. Un disimpegno, secondo i sindacati, che penalizza la parte più debole della popolazione avvantaggiando la sanità privata.

Tutto questo è stato formalizzato in una lunga lettera in cui viene contestato il riordino della rete ospedaliera, causa di una “diminuzione dell’offerta sanitaria”. Secondo i sindacati ha prodotto anche “la cancellazione di decine e decine di unità operative semplici e complesse e la riclassificazione di un buon numero di presidi ospedalieri. Non è mancato l’eccesso di zelo: la Regione Piemonte ha ridotto il numero dei posti letto fino al 3,4 per mille contro il 3,7 previsto dal Regolamento per gli standard ospedalieri. Si è trattato, quindi, di una diminuzione secca dell’offerta di servizi sanitari che provoca serissimi disagi alle popolazioni, primo tra essi l’allungamento dei già eccessivi tempi di attesa, e non aiuta a realizzare il recupero della mobilità passiva che ieri si attestava su circa 50 milioni di euro spesi per pagare prestazioni erogate in altre regioni a favore di cittadini piemontesi.”

In questo quadro – hanno proseguito i sindacati – gli atti aziendali non mirano al soddisfacimento del fabbisogno di salute attraverso un sistema integrato di servizi ospedalieri e territoriali, ma soprattutto al taglio dei costi. Spedalità privata: non sfugge come questa rappresenti, nella nostra regione, una appendice che completa l’offerta pubblica di servizi alla collettività. I tagli lineari, proposti per il settore, rischiano di veder compromessi posti di lavoro e prestazioni convenzionate. Anche queste scelte si tradurranno in allungamento delle liste d’attesa”.

Lo scenario delineato avrebbe prodotto una “occasione mancata” quella del “rilancio della rete territoriale dei servizi delle Asl”:

“La diminuzione dell’offerta di servizi sanitari prodotta dal riordino della rete ospedaliera avviene mentre nella nostra Regione stentano a decollare le alternative territoriali a favore di degenti di età molto avanzata e affetti da patologie multiple: ciò condanna l’ospedale (anche se riorganizzato) all’intasamento soprattutto dei servizi di emergenza e accettazione. L’attuale incapacità dei servizi territoriali di assorbire la domanda di continuità assistenziale per i pazienti post-acuti contribuisce già di per sé al sovraffollamento dei reparti di degenza ospedaliera.
Eppure il Patto per la salute 2014-2016 prescrive il ridisegno complessivo dell’assistenza territoriale e delle cure primarie. Per unanime riconoscimento della comunità scientifica e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità le cure primarie sono il luogo più corretto per fronteggiare, sia in prima istanza che nel decorso della malattia, i problemi di salute della popolazione; per definizione esse rappresentano il sistema di cure vicino ai luoghi di vita e di lavoro delle persone e assumono in carico l’aspetto globale della salute della persona. Per questi motivi CGIL CISL UIL da molto tempo hanno rivendicato, svolgendo precise proposte di merito, che la Regione doti le ASL dei nuovi servizi territoriali: le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) per far lavorare in gruppo i Medici di Medicina Generale e le Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP) per realizzare l’integrazione tra medicina generale, medicina specialistica, servizi socio-sanitari e servizi sociali. Questi servizi debbono funzionare per 24 ore al giorno e per tutti i giorni della settimana. La loro programmazione e realizzazione deve avvenire contestualmente al riordino della rete ospedaliera, per evitare che la riorganizzazione degli ospedali si traduca in null’altro che in un puro e semplice taglio dei servizi. Occorre, inoltre, rivedere l’impianto della Guardia Medica ed introdurre il numero unico per l’emergenza sanitaria (116117) per concorrere alla riduzione del surplus improprio di affluenze al Pronto Soccorso. Si tratta di una occasione di innovazione di grande rilievo per il Servizio Sanitario Piemontese che non può andare perduta.
La Regione ha deliberato (DGR 16-1653/2015) un provvedimento di indirizzo per il riordino della rete dei servizi territoriali delle ASL che, da un punto di vista concettuale, è accettabile e può essere considerato un punto di partenza: ma da questo provvedimento avrebbero dovuto derivare impegni programmatici più precisi e dettagliati, oltre ad un credibile cronoprogramma capace di dare l’impulso necessario alle Aziende per la realizzazione dei nuovi servizi. L’Amministrazione ha, al contrario, obiettivi ben più modesti e per CGIL CISL UIL non soddisfacenti: non l’ampliamento dei servizi territoriali, ma il puro e semplice consolidamento dei servizi esistenti (ora precari e non diffusi sul territorio regionale). Prova ne sia l’assordante silenzio sulle modalità di finanziamento. CGIL CISL UIL chiedono con forza la programmazione di questa spesa, in tempi certi e con l’impegno immediato dei fondi derivati dalla razionalizzazione della rete ospedaliera (stimati 300 milioni all’anno per tre anni).”

Infine, hanno chiuso Cgil, Cisl e Uil, “non è un caso che gli assegni di cura nati per favorire la cura a domicilio di alcuni casi di nonautosufficienza, con la classificazione extralea, si stia trasformando da minor costo per il bilancio della sanità in un maggior costo per famiglie ed enti locali. Non è escluso che il risultato possa portare alla inversione del flusso che aveva indotto i soggetti a farsi assistere a domicilio, con ulteriori aggravi per il bilancio della sanità.
Con il concretizzarsi del disegno regionale assisteremo all’accentuarsi del fenomeno delle liste di attesa per il ricovero in strutture residenziali di soggetti non autosufficienti, causate non dalla carenza di posti letto, ma dalla penuria di risorse pubbliche della componente sanitaria”.

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