Autore Redazione
giovedì
5 Agosto 2021
18:20
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La Comunità Ebraica scrive a Cuttica: “Intitolare una via ad Almirante vuol dire celebrare il fascismo”

La Comunità Ebraica scrive a Cuttica: “Intitolare una via ad Almirante vuol dire celebrare il fascismo”

TORINO – “Intitolare una strada pubblica a Giorgio Almirante significherebbe celebrare non solo la sua persona, ma anche il fascismo. E questo non può né deve accadere“. A scriverlo è l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità ebraica di Torino in una lettera inviata al sindaco di Alessandria, Gianfranco Cuttica di Revigliasco, e ad alcune tra le principali cariche istituzionali cittadine tra cui il Prefetto e il Questore. Nella lettera, a firma dei presidenti Noemi Di Segni e Dario Disegni, si legge una chiara critica alla proposta del presidente del Consiglio comunale Emanuele Locci di intitolare una via della città all’ex leader del Movimento Sociale Italiano ma ancor prima ex membro di spicco del fascismo.

Un intervento volto a scongiurare un esito lesivo della storia, memoria e dignità d’Italia. Riteniamo preciso dovere civile sollevare la nostra voce per impedire quell’intitolazione perché la città di Alessandria, insignita della Medaglia d’oro al valore militare per i meriti avuti nella Resistenza al nazifascismo, non merita che una delle sue strade porti il nome di un uomo di cui s’intende celebrare la memoria, ma di cui non si ha memoria“, si legge nella lettera. La Comunità ebraica sottolinea  come non si possa dimenticare che “Almirante, già redattore capo di ‘Il Tevere‘, quotidiano fascista diretto da Telesio Interlandi, e di ‘Difesa della razza‘, capo Gabinetto del Ministero della Cultura popolare della Repubblica di Salò, nel 1947 venne deferito alla Commissione Provinciale della Questura di Roma per l’acceso fanatismo dimostrato sotto il passato regime e per le iniziative di esaltazione del Ventennio e di propaganda di principi sovvertitori delle istituzioni democratiche“.

Sempre nel 1947, si legge ancora nella lettera, “Almirante fu condannato per collaborazionismo con le truppe naziste, tanto che nei suoi confronti fu emesso provvedimento di confino di polizia, che nel 1958 fu denunciato dalla Questura di Trieste per vilipendio degli Organi Costituzionali dello Stato, che nel 1971 il Procuratore della Repubblica di Spoleto chiese alla Camera l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti per i reati di ‘Pubblica Istigazione ad Attentato contro la Costituzione’ e ‘Insurrezione Armata contro i Poteri dello Stato’ e nel 1972 il Procuratore di Milano, Bianchi D’Espinosa, chiese l’autorizzazione a procedere per tentata ricostituzione del Partito fascista“.

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