Autore Redazione
giovedì
26 Ottobre 2017
08:00
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Eventi - Ovada

Ian Bertolini a Ovada con “Il sultano e la cicala”

La leggendaria figura di Scipione Cicala, riscoperta da De Andrè, al centro di uno spettacolo, che fonde ricerca storica, comicità e narrazione
Ian Bertolini a Ovada con “Il sultano e la cicala”

OVADA – ll marinaio di “Sinàn Capudàn Pascià”, celebre canzone di De Andrè, che, catturato dai turchi nel 1560 durante la battaglia di Djerba, divenne addirittura visir, è il protagonista dell’ultimo spettacolo di Ian Bertolini, giovane autore e interprete teatrale ovadese, già affermatosi con “Centoundici nuvole” e “Questo è un uomo. Questa una donna” (che debutterà a Genova al Teatro della Tosse a Gennaio 2018).

“Il sultano e la cicala”, questo il titolo, sarà in scena venerdì 27 e sabato 28 ottobre, alle 21, alla Loggia San Sebastiano, una chiesa sconsacrata  del ‘300, che mantiene delle bellissime tracce di affreschi medievali e la cui navata centrale è diventata un auditorium di grande fascino.

Ho sempre conosciuto la canzone di De Andrè, poi qualche tempo fa, in università, il professore di storia moderna, appassionato di storia genovese,  ci parlò della figura di Scipione Cicala, che mi incuriosì tantissimo”, spiega Bertolini, “ Ho cercato su internet le pubblicazioni su di lui e ho scoperto che quasi non ne esistono, a parte un libro piccolissimo e un romanzo”.

In effetti, la storia di Cicala è avvolta da elementi misteriosi che veramente ne fanno un personaggio degno di avventure romanzesche.  Alcuni fatti sono attestati da documenti dell’epoca, ma molti sono gli aspetti controversi, soprattutto riguardo alla sua nascita e morte. La versione più accreditata è quella che lo vuole figlio di una una turca montenegrina rapita dal padre e convertitasi al cristianesimo, ma, al di là della perfetta ricostruzione storica, ciò che ha colpito Bertolini è stato l’aspetto umano e le dinamiche di scontro tra popoli e culture.

Ian Bertolini in “Il sultano e la cicala” – foto di Andrea Gaione

Mi ha appassionato la contemporaneità dei fatti. Il periodo è il ‘500 , ma ci sono le problematiche attuali, c’è l’occidente e c’è l’oriente…”, racconta l’autore, “…non volevo però che queste vicende apparentemente tragiche diventassero noiose, perciò ho fatto una cosa diversa da quello che mi suggerivano i testi: le ho rese, da disastrose, totalmente comiche”. La narrazione è attraverso la voce dei personaggi, dei loro punti di vista e delle caratterizzazioni dialettali che li distinguono. “Come in “Centoundici nuvole”,  sono piccoli episodi che vanno a creare un quadro, in questo caso episodi non tragici, ma comici”, dice Bertolini  e cita una quantità di vicende storiche trasformate in disavventure esilaranti. Dall’uso dei dialetti per caratterizzare i protagonisti (per esempio il genovese maccheronico, volutamente comprensibile a tutti, del visconte/padre o il siciliano, molto affine alle lingue arabe del ‘500, della  madre, turca portata in cattività a Messina), al blues cantato da papa Gregorio XII, mentre decide di cambiare il calendario: tutte le tessere del mosaico divertono e ricostruiscono una storia che ha radici antiche e vere.

Collaborano con Bertolini Isacco Anfosso per la scenografia, Erika Maria Sciutto per luci e suoni. L’ingresso è gratuito.

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