Autore Redazione
sabato
10 Marzo 2018
11:32
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Eventi - Valenza

Soprattutto la follia. Recensione di “Woyzeck” al Teatro Sociale di Valenza

Soprattutto la follia. Recensione di “Woyzeck” al Teatro Sociale di Valenza

VALENZA – La stagione APRE al Teatro Sociale, organizzata dalla CMC di Angelo Giacobbe, con la direzione artistica di Roberto Tarasco, si è chiusa venerdì 9 marzo con uno spettacolo che ha confermato non solo la buona qualità delle proposte in cartellone, ma anche la fertilità di un luogo che si è fatto polo creativo. Lo studio su “Woyzeck”, ispirato all’opera di Georg Büchner, diretto e rielaborato nella drammaturgia dall’attrice e regista alessandrina Laura Bombonato, è stato infatti allestito e provato al Sociale, che è divenuto factory artistica. Come in ogni luogo di produzione e creazione, sono sorte nuove idee e, tra protagonisti indiscussi del teatro e della musica locale, sono emersi nuovi e giovani interpreti.

L’allestimento di “Woyzeck” era stato già presentato da Laura Bombonato nell’edizione del 2010 di Cittadella di luna ed oggi è stato riproposto con alcune variazioni nel cast e una diversa cornice introduttiva. La storia è quella del soldato-barbiere Woyzeck, angariato dai suoi superiori, il capitano e il dottore, e perseguitato dalla miseria che lo induce a sottoporsi ad esperimenti medici per guadagnare il necessario per mantenere Maria, la sua donna, e il figlio di lei.

In un incipit da cantastorie e saltimbanchi, Laura Bombonato suona il violino e canta  “All the world is green”, scritta da Tom Waits per lo spettacolo Woyzeck, messo in scena negli anni ’90 da Bob Wilson. Accanto a lei la tromba di Raffaele Kohler, le movenze da giocoliere con i mazzi di fiori di Federica Leone, le percussioni su un bidone di latta di Gino Capogna creano un non-luogo solo apparentemente lieto, in realtà premonitore.  In questa cornice da realtà surrogata appare Woyzeck/ Manuel Piras, che emerge da un cassonetto, una sorta di voragine oscura che lui stesso porta dentro.

Piras stupisce per la sua sicurezza interpretativa, straordinaria considerando la sua giovanissima età (17 anni, certamente un azzardo da parte della regista sceglierlo, ma è così che nascono le opportunità). Ha una fisicità convincente nelle scene corpo a corpo con la donna da lui uccisa per follia, trascinato da gelosia e allucinazioni.  Ha ancora molto da imparare e rivela un tratto acerbo nei monologhi veramente complessi di Büchner, ma padroneggia la scena senza esitazioni. Si conferma una grande interprete Daniela Tusa, drammatica fino al midollo, oggetto inanimato e, al contempo, allucinazione spettrale e ossessiva. Vederla indietreggiare, cantando Signora Luna (di Vinicio Capossela), è come vedere un fantasma ed è questa l’immagine che si porta a casa.

Un taglio registico che punta sulla rappresentazione à rebours, su momenti sovrapposti e su accenni che danno il senso dell’esasperazione che diventa forza oscura. Così, con il corpo inanimato  di Maria/Tusa appoggiato in un angolo, si svolgono in contemporanea i dialoghi con il perfido capitano/ Marco Zanutto, un aguzzino compiaciuto del suo ruolo, e così, fin dall’inizio, in un’atmosfera da circo di strada, il monito è “Ci sono storie che sfuggono di mano”. Non è sottolineato il lato del tradimento, solo citato in forma di calunnia, non appare neppure l’aspetto caratteriale leggero e irrispettoso della donna del protagonista, perché la regista ha messo in luce altro: la follia, le allucinazioni, la disperazione, la mancanza di senso della violenza, l’esasperazione di una vita miserevole. Una rilettura precisa, che sgancia totalmente l’agire irrazionale da pretesti giustificabili e ne svela la natura buia e occulta.

Una buona prova molto applaudita al Teatro Sociale di Valenza, dove, dal 29 marzo, si aprirà la nuova mini stagione decisamente comica  “Morire dal ridere”.

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