Autore Redazione
martedì
24 Aprile 2018
01:00
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Eventi - Tortona

La scientificità della drammaturgia. Recensione di Copenaghen a Tortona

La scientificità della drammaturgia. Recensione di Copenaghen a Tortona

TORTONA – Il principio della domanda, della necessità di ricerca e approfondimento è alla base della scienza e anche della drammaturgia di “Copenaghen”, che, lunedì 23 aprile, ha terminato con successo e con un tutto esaurito già da mesi la fortunatissima stagione del Teatro Civico. Umberto Orsini, Massimo Popolizio e  Giuliana Lojodice sono gli eccezionali protagonisti del testo di Michael Frayn, prodotto dalla Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma- Teatro Nazionale,  per la regia di Mauro Avogrado. 

Su una domanda, appunto, si impernia e inizia quello che si svela essere un thriller politico-storico-scientifico e psicologico: “Perchè Heisenberg si è recato a Copenhagen?”. Nel 1941 Werner Heisenberg, responsabile del programma nucleare tedesco,  e Niels Bohr, suo maestro, ebreo e fisico operante sul fronte opposto, si incontrarono nella città danese, al tempo sotto occupazione nazista.

Bohr/Orsini, Heisenberg/Popolizio e Margrethe Bohr/Lojodice sono tre anime in un’altra dimensione, in un luogo che ricorda un’aula universitaria dalle lavagne ricoperte di formule matematiche. Ricercano nel loro passato, ricreando ciò che accadde e ipotizzandone più versioni, la risposta all’enigma di quell’incontro, ma anche alle incertezze della scienza, della storia e della psiche umana. Il linguaggio scientifico si fa teatro, diventa testo e si concretizza in dialoghi che passano da un piano temporale all’altro, in un meccanismo complesso eppure chiaro, grazie ad un’interpretazione magistrale dei tre protagonisti. La storia è emblematica, Frayn ne sfrutta le potenzialità e il taglio registico di Avogrado costruisce, anche visivamente, una triade dove il principio di indeterminazione di Heisenberg colloquia con quello di complementarietà di Bohr. La voce di Margrethe tesse la trama di storia e contesto umano in cui le personalità degli scienziati si muovono e interagiscono, in un crescendo di elementi che formano un mondo sorprendente. Le ipotesi che si possono fare sull’incontro sono tante, spaziano dal tentativo di Heisenberg, sorvegliato dalla Gestapo, di carpire a Bohr notizie sull’avanzamento della ricerca atomica degli alleati, a quello opposto di fornire segrete informazioni al suo maestro. Il processo letterario e scenico è simile a quello scientifico, ogni strada viene sperimentata e analizzata, in dialoghi limpidi per logica.

Splendidi i tre protagonisti nella resa di contenuti complessi in forma sempre comprensibile, tale da non far perdere alcun particolare e tenere con il fiato sospeso. Paterno e conciliante Orsini/ Bohr, talvolta astratto e riportato alla concretezza dalla perspicacia della moglie/Lojodice, che tratteggia, anche ironicamente, il rapporto maestro/discepolo. Tormentato nella postura e nell’eloquio Popolizio/ Heisenberg, diviso tra implicazioni della scienza, amor patrio e responsabilità morale. Ogni ipotesi è enumerata, svolta e sperimentata, il metodo scientifico si fa drammaturgia e si intreccia con la vita e la storia. Sarà il “nucleo finale di indeterminazione che sta nel cuore delle cose” ad impedire una delucidazione, poiché le verità sono individuali e quindi molteplici.

Un testo straordinario, tessuto con i termini della fisica che calzano la realtà, un ritmo impeccabile e un’interpretazione di altissimo livello di tre grandissimi protagonisti. Quello che si dice un finale col botto per la stagione del Civico di Tortona.

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