5 Aprile 2017
08:30
Al San Francesco l’Antigone violenta e ricca d’azione di Vittorio Alfieri
ALESSANDRIA – “Antigone è diventata una delle figure più importanti della drammaturgia, assimilabile a figure come Giovanna d’Arco o Anna Frank”.
Marco Viecca, regista e attore torinese, membro a vita del prestigioso Actors Centre of Rome, così parla dell’eroina della tragedia allestita dalla Fondazione Gabriele Accomazzo per il Teatro, con la collaborazione del Centro di Studi Alfieriani di Asti. L’Antigone, che lo vede, oltre che regista, anche in scena nel ruolo di Creonte, sarà in scena giovedì 6 aprile, alle 21, al Teatro San Francesco, nell’ambito della rassegna MARTE.
Il mito, da Sofocle in poi, segna il contrasto tra ragion di stato e giustizia. Nella tragedia, Antigone (qui interpretata dall’attrice e cantante Daniela Placci) si oppone alla legge di Creonte, re di Tebe, per seppellire il fratello Polinice, morto fuori dalle mura combattendo contro la sua città.
“E’ un’eroina senza tempo che incarna ideali femminili che oggi sono messi in discussione”, spiega Viecca, “Sono contemplati temi quali la violenza sulla donna, il sopruso come oppressione e impedimento a sviluppare la propria identità sociale, culturale e sessuale, come in Africa e come in certi paesi arabi. Alfieri, forse più di Sofocle, dipinge una donna che non ha paura di niente, non si piega , rivendica i suoi diritti di nascita, rinunciando persino all’amore per portare avanti i suoi ideali”. Il mito è di per sé immortale e Alfieri lo permea del suo pensiero politico il cui manifesto è l’opera “Della tirannide”. Proprio il principio della tirannide è alla base di tutta l’opera teatrale dell’autore. “Per Alfieri il re, anzi il principe, come lo chiama lui, è automaticamente un tiranno. Creonte è un cattivo, è un re non particolarmente intelligente e statista, ma testardo e cieco, perché non riesce a vedere i veri interessi della sua città. E’ in questo senso una figura molto greca. Sappiamo che le figure maschili del teatro greco non hanno una grande statura morale, al contrario delle donne”.
Marco Viecca spiega di essere partito dal desiderio di potere e dalla cecità delle scelte del tiranno per immaginare uno scenario di rovina e distruzione che pare post-industriale o anche post-atomico e che è stato realizzato dallo scenografo Claudio Zucca, già collaboratore di Eugenio Guglielminetti. “La cecità di Creonte e di chi l’ha preceduto ha governato Tebe solo badando al fattore economico e di potere. Questa lettura è stata accettata da studiosi come la dott.ssa Carla Forno, direttrice del Centro di studi Alfierani”, spiega il regista,” C’è un rimando a quello che succede oggi: l’Europa con politiche prettamente economiche che non mettono al centro l’uomo e le sue esigenze sociali e culturali rischia di ritrovarsi come la nostra Tebe”.
Non è una tragedia statica, ma molto densa di azione e di forza. “Alfieri era una sorta di anarchico (con il lasciapassare dei Savoia in tasca) dei suoi tempi e scriveva tragedie molto violente con il sangue in scena. Era un grande amante di Shakespeare. In Shakespeare c’era il sangue e questo ritorna in Alfieri, la differenza in quest’ultimo è una scarnificazione della lettura drammatica e una riduzione dei personaggi all’essenziale. Alfieri (buon attore, narra la storia) scriveva scene così violente, che sostituiva le armi di ferro con armi di cartone, perché se no gli attori si ferivano”.
Nell’Antigone è utilizzato l’endecasillabo alfierano e la bellezza del verso, generando grande impatto e coinvolgimento, è la vera forza della tragedia. Quella utilizzata è la versificazione definitiva, che l’autore ha deciso di portare in scena, ovvero la versione della tragedia più pura. “Alfieri aveva un modo di scrivere molto moderno, che oggi potremmo definire cinematografico. Partiva con un’idea, faceva una versione in prosa e poi procedeva con la versificazione. Nel suo processo di spiemontizzazione e nella sua ricerca di una lingua italiana (è uno dei padri della lingua italiana), ha scelto di scrivere in versi, seguendo una tradizione molto antica. I suoi sono endecasillabi e possono essere non di facile comprensione…ci sono dei francesismi, il verbo è messo prima o dopo nella frase, l’autore inventa parole (gli alfierismi)…Ma, se il pubblico si lascia trasportare dalla musicalità del verso e non pretende di comprendere ogni singola parola, si rende conto che è molto comprensibile, che è come ascoltare una bella musica”.
In scena oltre a Daniela Placci e Marco Viecca, Rossana Peraccio e Eros Emmaniul Papadakis.
Il biglietto a posto unico costa 12 €
Info e prenotazioni chiamando il 3314019616 stregatticomp.teatrale@gmail.com www.teatrostregatti.it