13 Dicembre 2017
05:00
Eternit Bis: la Cassazione decide su omicidio volontario o colposo
CASALE MONFERRATO – Si svolgerà a porte chiuse l’udienza in Cassazione che deciderà il futuro del processo Eternit Bis per la morte di 258 vittime dell’amianto. A Roma i giudici della Suprema Corte dovranno pronunciarsi sul ricorso presentato dalla Procura torinese contro la decisione del Gup Federica Bompieri che ha derubricato il capo di imputazione nei confronti di Stephan Schmidheiny da omicidio doloso a omicidio colposo, aggravato da colpa cosciente. Una decisione che ha spezzato il processo in quattro diversi filoni, assegnati per competenza territoriale ad altrettanti Tribunali: Torino per le vittime dell’amianto di Cavagnolo, Reggio Emilia per quelle di Rubiera, Napoli per le vittime dello stabilimento di Bagnoli e Vercelli per i morti di Casale, la città che ha pagato, e purtroppo sta ancora pagando, il prezzo più alto nella drammatica vicenda dell’Eternit.
Se la Corte dovesse accogliere la tesi sostenuta dai pubblici ministeri torinesi tutti i 258 decessi oggetto del procedimento potrebbero essere ricongiunti in un unico processo a Torino dove, di fronte a un nuovo Gup, si potrebbe ridiscutere l’imputazione di omicidio volontario formulata dai magistrati torinesi. Una accusa sostenuta anche dall’Afeva, l’Associazione Familiari e Vittime dell’Amianto. “Dai verbali del primo processo Eternit per disastro ambientale doloso sono emersi documenti inoppugnabili – ha spiegato Bruno Pesce – I vertici dell’Eternit sono stati tra i primi al mondo a venire a conoscenza delle conseguenze cancerogene della fibra e del numero crescente di morti ma hanno continuato a difendere a oltranza la continuità dell’uso dell’amianto. Nei loro verbali, e non in quelli della Procura o delle parti civili, è descritta una riunione in cui si invitavano 35 manager dell’Eternit a non fa arrivare le notizie ai dipendenti degli stabilimenti e anche i dettagli del vademecum predisposto per attuare una vera e propria controinformazione sui rischi dell’amianto”. Per l’Afeva, quindi, non c’è dubbio rispetto alla “volontà” o alla “colpa” per le morti causate dall’amianto. La sensazione rispetto alla decisione della Suprema Corte oggi è però “duplice” ha raccontato Pesce. Indelebile è infatti il ricordo dell’ultimo definitivo verdetto sul primo processo Eternit per disastro ambientale doloso che ha cancellato due verdetti di condanna nei confronti del magnate svizzero. “Le garanzie nel sistema giudiziario italiano sono per l’imputato e non per la vittima. Basti pensare alla prescrizione, che mette una pietra tombale su reati anche gravissimi come il disastro ambientale doloso. Dopo l’esito del primo processo Eternit viene da chiedersi quali siano i diritti delle vittime. Quale tutela scatti a favore delle persone che hanno patito gli effetti di un reato che per l’ordinamento giuridico è però prescritto. Come ha sempre detto Romana (Blasotti Pavesi, presidente onorario Afeva) noi non vogliano vendetta. Quello che chiediamo è Giustizia. Una giustizia che riconosca il danno e applichi una giusta sanzione. Ma senza esagerazioni, perché la realtà della strage è fin troppo esagerata con 50 nuovi casi di mesotelioma all’anno solo a Casale Monferrato”.