16 Febbraio 2018
10:09
Come il cervello ci “passa” la parola
OBIETTIVO SALUTE – Viviamo in una società frenetica e anche i nostri dialoghi lo sono sempre di più: due persone che sono “prese” in una conversazione effettuano una serie di rapidissime azioni, legate ad un sistema di attesa, controllo, azione. Ci sono turni precisi da rispettare, con risposte che possono essere rapide, oppure costruzioni molto complesse che richiedono una rielaborazione del messaggio estremamente articolata.
Un sistema di scambio che rappresenta una abilità straordinaria dell’essere umano, molto spesso inosservata anche dalla scienza. Le relazioni e interazioni che un uomo pone in atto sono fatte di regole, mai scritte ma rispettate da tutti, e valide per ogni cultura.
Un fenomeno che ha colpito il professor Stephen Levinson, direttore del Language and Cognition Department del Max Planck Institute for Psycholinguistics di Nijmegen in Olanda, che ha pubblicato un articolo che evidenzia come, pur con alcune variabili di contesto di ogni conversazione, quando parliamo, la maggioranza degli interventi verbali dura attorno ai due secondi. Ogni turno è seguito da una pausa di non più di 200 millisecondi. È uno spazio talmente breve che la sua durata può essere paragonabile solo al tempo di risposta di un centometrista al momento in cui deve uscire dai blocchi di partenza dopo il via.
Secondo il prof. Levinson “per mantenere questo ritmo di commutazione, i partecipanti devono prevedere il contenuto e i tempi del turno in arrivo e iniziare la codifica della lingua il prima possibile, anche mentre sta ancora elaborando il turno in arrivo. Questo intenso processo cognitivo è stato ampiamente ignorato dalle scienze linguistiche perché la psicolinguistica ha studiato la produzione linguistica e la comprensione separatamente dal dialogo”. Si tratterebbe di una informazione utile per meglio comprendere l’evoluzione del linguaggio: infatti, questo ritmo così veloce pare sia valido per tutte le lingue e in tutte le modalità, come nel linguaggio dei segni. È anche evidente nella prima infanzia in “proto-conversazione” prima che i bambini controllino il linguaggio.