5 Marzo 2018
07:00
Dramma velato. Recensione di “La fabbrica” al Chiostro di S. Maria di Castello
ALESSANDRIA -E’ sull’oscillazione visione-realtà che si muove “La fabbrica”, spettacolo messo in scena dalla Compagnia STOPTeatro al Chiostro di Santa Maria di Castello, domenica 4 marzo, per la rassegna “Chiostro in un pomeriggio di mezzo inverno”. Il cartellone conta cinque spettacoli , di cui “La fabbrica” è stato il terzo, e sarà seguito da una successiva programmazione estiva. In totale dieci spettacoli per due rassegne all’interno del “Progetto Borgo del Teatro”, organizzato dall’Associazione BlogAL e dalla Compagnia Gli Illegali, con il contributo della Fondazione SociAL, al fine di creare nel chiostro della storica chiesa alessandrina un polo teatrale permanente.
Silvia Gatti e Lorenza Torlaschi sulla scena sono una lei e un lui, oppure due persone legate da presente e passato, oppure ricordo onirico e ragione organizzatrice. C’è tra loro un rapporto di forza che, pur intrinseco alla loro individualità, trova forza in un retroterra storico che sa di prevaricazione e di persecuzione collettiva.
Lei/Silvia Gatti siede su una sedia sfondata, appoggiata in bilico sul telaio, o si nasconde dietro lo schienale che pare un’inferriata, mentre lui/Lorenza Torlaschi è a suo agio su una seconda sedia integra e sorseggia quello che sembra un liquore. Proprio da queste diverse posture inizia il dialogo; continua con un interrogatorio serrato che ha della psicanalisi e non lascia tregua, per sfociare in una gestualità sempre più esplicita e inquietante. Si profilano ipotesi patologiche di amore, disturbi della personalità dovuti a un trauma che sa di dramma collettivo. Il rapporto di coppia trascende le problematiche personali e passa in un crescendo dallo psicodramma alla tragedia, che si profila in modo sempre più reale. Le sfumature sono tante e l’attenzione viene catturata dai particolari, tra i quali proprio la fabbrica del titolo, che rivela uno stato di cattività innaturale e getta una luce sulla vicenda. Il fulcro narrativo risulta essere un invisibile velo che lascia intendere e poi cade, seppur non del tutto, trasmettendo orrore e ansia.
Silvia Gatti è una lei scossa, fragile ed eterea. Diventa voce che echeggia immagini inizialmente scollegate, fortemente sollecitate da Lorenza Torlaschi, un lui impositivo, aggressivamente logico e fisicamente incombente. Le due protagoniste si integrano sia dialogicamente che gestualmente e danno voce alle tante sfumature di un testo che sconcerta e assume pieghe psicologiche che aprono scenari vasti. Un paragone letterario potrebbe essere Paolo Maurensig, con il suo partire da particolari e da relazioni apparentemente semplici per rivelare retroterra infernali, che mutano a seconda delle prospettive.
Un lavoro interessante, ambizioso e di grande intensità per STOPTeatro, una compagnia locale che merita attenzione.
Il prossimo spettacolo di “Chiostro in un pomeriggio di mezzo inverno” sarà, domenica 18 marzo, alle 17.30, “111 nuvole” di Ian Bertolini, una storia basata su un attento studio della vicenda del crollo della diga di Molare, narrata in forma poetica e in tante declinazioni, attraverso tante, diverse voci.