7 Aprile 2014
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Il risultato di un esperimento scientifico finchè resta custodito tra le mura di un laboratorio non ha alcuna validità. Il progresso, infatti, si compie quando il sapere viene condiviso con gli altri in un progetto culturale che riguarda l’intero Paese e mira al benessere e al miglioramento della qualità delle vita di tutti i cittadini. Questo, in estrema sintesi, è il pensiero di Enrico Bellone, filoso e storico della scienza scomparso nel 2011.
La Fondazione Luigi Longo, venerdì, ha voluto ricordarlo con un convegno al Teatro Civico di Tortona, sua città natale, a cui hanno preso parte nomi illustri della comunità scientifica italiana come la senatrice Elena Cattaneo e il professor Telmo Pievani.
Per comprendere a fondo la visione di Enrico Bellone, però, bisogna sgomberare il campo dai pregiudizi e dimenticare lo stereotipo dello scienziato solitario che, chiuso in laboratorio, maneggia decine di misteriose provette. “L’immagine– ha suggerito Elena Cattaneo- dovrebbe piuttosto essere quella di un deserto vasto e sconfinato, uno spazio privo di riferimenti, in cui va in scena la sfida delle idee“. Lungi dall’essere dei ‘tecnici’, gli scienziati, secondo la senatrice a vita, in fondo, non sono altro che dei grandi sognatori disposti però a fallire, ad esporre le proprie convinzioni alla ‘ferocia della logica’ e dell’evidenza empirica. E’ proprio il rigore del metodo scientifico ad instillare in questa disciplina quel senso di fiducia di cui spesso la ricercatrice, ha ricordato, si è trovata a discutere con Enrico Bellone, all’epoca direttore della rivista “Le Scienze”. Alla certezza e verificabilità degli esperimenti, lo scienziato tortonese contrapponeva ‘il male dell’Italia’, cioè quel sistematico tentativo di ostacolare la ricostruzione veritiera di fatti storici, politici e culturali. “Un morbo– ha spiegato Elena Cattaneo- che potrà essere debellato solo quando il pensiero scientifico sarà calato nella società civile, come arma nelle mani dei cittadini e strumento di democrazia”.
Centrale, in questo processo, è la comunicazione nelle scuole, nelle università, nelle città. “La nuova sfida– ha detto la senatrice- è imparare a raccontare la scienza, per poter rendere conto anche dei progressi, degli errori, dei traguardi in un dibattito aperto e trasparente”. Se da una parte, però, c’è chi racconta, dall’altra ci deve essere chi ascolta. Il riferimento è alla politica che, secondo la scienziata, da troppo tempo ‘ha smesso di guardare alla ricerca’.
Sintomo, questo, di un problema culturale e strutturale che Enrico Bellone aveva già sviscerato nel 2005 con il libro “La scienza negata”. Lo ha ricordato Telmo Pievani, professore associato all’Università degli Studi di Padova, dove ricopre la prima cattedra in Italia di Filosofia delle Scienze Biologiche. “Il testo– ha spiegato- ripercorre quella che Bellone ha definito la ‘cronaca di un disastro programmato’. In effetti, in Italia ci sono da sempre diversi filoni culturali antiscientifici, ma a preoccuparci deve essere l’intero sistema. L’economia del Paese è fatta di piccole e medie imprese che, pur essendo una grande risorsa, faticano ad investire nella ricerca. Allo stesso modo fanno resistenza le università. Su tutto questo, infine, grava l’assenza di un piano industriale serio”.
Esiste poi, secondo Telmo Pievani, un vero e proprio divario tra la domanda di informazione scientifica e l’offerta proposta dalla stampa italiana. Se da un parte, infatti, i direttori delle più importanti testate nazionali sembrano essere convinti che la scienza non aiuti a vendere un maggior numero di copie, dall’altra, ogni anno, migliaia di persone sono pronte ad invadere i festival della scienza sparsi per il Paese. L’idea, dunque, potrebbe essere quella di puntare sempre di più su queste manifestazioni che ‘occupano le città’ e calano la scienza nella quotidianità della gente.
“Le cose però– ha concluso Pievani-vanno cambiate anche dall’alto. Per questo auspico interventi istituzionali volti alla costituzione di un’Authority che dia una voce unica al mondo scientifico. Sarebbe fondamentale, poi, che anche in Italia il potere esecutivo avesse una consulenza scientifica come spesso accade all’estero”.
Al termine del convegno, venerdì, la moderatrice Claudia Di Giorgio, caporedattore de “Le Scienze”, non ha voluto ‘trarre conclusioni’, ma ha invitato ciascuno a ‘fare la propria parte’ lungo la strada tracciata da Enrico Bellone. Chi ha raccolto la ricca e feconda eredità dello storico della scienza tortonese dovrà affrontare tante sfide, ma dovrà farlo ricordando che ricerca, cultura e democrazia sono le tre indivisibili facce della scienza.