13 Maggio 2014
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In provincia 10 ipermercati sono di troppo
Sul fatto che i centri commerciali in provincia di Alessandria siano troppi rispetto alle esigenze del territorio ci sono stati molti interventi, ma adesso a sostegno di questa tesi arriva anche la matematica. Un algoritmo infatti dimostrerebbe un esagerato affollamento della grande distribuzione in provincia e in Piemonte. Lo ha spiegato a Radio Gold News Federico Boario, consulente dell’Ires Piemonte, sciorinando un elenco di numeri sconcertante: nella nostra regione ci sono 43 centri commerciali di troppo. Nel torinese sono 44 gli ipermercati in eccesso a fronte di una necessità ristretta a 32 centri; nell’Alessandrino ce ne sono 16 ma ne basterebbero 6, quindi dieci di troppo.
Il crudo risultato emerge dall’algoritmo presentato da Boario, “un algoritmo già sperimentato che nasce alla fine degli anni ’80, in Francia dove è applicato tuttora per verificare le coperture territoriali sulle grandissime superfici. Quella formula non era adatta al mercato italiano e allore è stato fatto un adattamento alla nostra realtà. Il risultato è che un ipermercato, in Francia, per reggere deve avere almeno 25 mila famiglie fedeli, affezionate al centro commerciale, mentre da noi devono essere più di 30 mila perchè le condizioni mediamente nazionali sono differenti. Sul territorio francese poi c’è una certa omogeneità di ricchezza tra i vari bacini. In Italia invece le differenze sono enormi: il milanese, ad esempio, è a livelli tedeschi, il palermitano, invece, a livelli molto più bassi. Perciò l’algoritmo è stato ricostruito tenendo conto del numero delle famiglie e della consistenza media dei nuclei. Poi, tra gli altri riferimenti, è stato esaminato il prodotto interno lordo procapite a livello di provincia. Le analisi, presentate dal 2007 al 2011, sono state ripetute tutti gli anni e non sono mai state contestate dalla distribuzione”. Se i dati sono stati diffusi da tempo, e portati anche a conoscenza delle istituzioni, rimane da capire come mai sia stato possibile assistere a un’esplosione di ipermercati come quella vissuta in provincia, oltre che in Piemonte. La spiegazione però starebbe nel fatto che “in Italia le pianificazioni delle grandi e grandissime superfici, cioé le pianificazioni commerciali della grande distribuzione, non sono fatte in base a considerazioni di tipo consumistico e statistico, ma autorizzate in base a piani regolatori molte volte vecchissimi. Ad esempio in questo momento si stanno aprendo punti di vendita richiesti oltre 6-7 anni fa. Il problema è che sette anni fa della crisi si discuteva solo in Germania, mentre in Italia non se ne parlava ancora. In pratica se c’era un territorio da occupare, una fabbrica da distruggere allora si pensava semplicemente di mettere un centro commerciale. Anche perché quando c’è una zona in cui inserirsi la distribuzione entra”. I numeri tuttavia parlano molto chiaro e infatti “quando si parla con i tecnici di questi settori ci si trova davanti a situazioni in cui si perdono soldi”.
La matematica ancora una volte giunge in soccorso e schianta ogni ragionamento arzigogolato: “ogni volta che si apre una grande superficie occorre che ci siano introiti per almeno 50 milioni di euro, anche se l’ideale sarebbe 75-100. Ciascuno si può accorgere delle difficoltà di un ipermercato se il giovedì pomeriggio, o il venerdì, il sabato o la domenica, ci sono 10 casse aperte su 50. In quel momento quell’esericizio sta perdendo soldi mentre dovrebbe averne 30-35 con la coda”.
Nell’Alessandrino la situazione è tra le più complicate con 16 grandi centri a fronte di un’esigenza di soli 10 ipermercati. Una situazione paradossale, seconda solo al torinese, e frutto di un errore grossolano: “Alessandria si trova in una situazione particolare sopravvalutata dalla grande distribuzione. Molti, ad esempio, sono stati aperti prima che venisse aperto il grande centro di Canelli, o quello alle porte di Asti. Uno scenario che porta via clienti dai paesi intorno. Il secondo punto di Alessandria è che si pensa a questa realtà come il punto di ritrovo da Genova, Asti, e altri grossi Comuni. Alessandria viene vista come un’ipotetica zona capace di catturare cittadini in un’area che va ‘dal Mediterraneo fino alle Alpi’. A Pozzolo per esempio ci sono diversi centri commerciali. Una situazione del genere era presente in una zona simile in uno dei poli francesi alla periferia di Parigi, ma lì una catena ha chiuso otto supermercati. I grossi marchi quindi dovrebbero rivedere le loro pianificazioni e analizzare con scrupolo i risultati conseguiti singolarmente”.
In questo senso un ruolo importante però dovrebbero averlo le istituzioni, ma per Federico Boario, la questione è più complessa di quanto possa apparire: “quando si va in un Comune per aprire un ipermercato in molti politici tintinna il registro di cassa perché ci sono gli oneri, le spese, si comperano dei terreni. Quindi da questo punto di vista, politicamente, la situazione è di estremo disagio”.
Il risultato finale però è la sovrabbondanza di punti vendita in una situazione economica sempre complicata.
La situazione in provincia:
La situazione in Italia: