3 Luglio 2014
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Accoglienza profughi: “Non escludete i Comuni dai processi decisionali”
Dopo l’ultimo arrivo di profughi siriani e palestinesi in città si è tornato a discutere dei modelli di accoglienza e di gestione dei flussi migratori. Secondo Fabio Scaltritti della Comunità di San Benedetto al Porto, i contenuti di una circolare ministeriale inviata alle Prefetture potrebbero complicare le operazioni, escludendo i Comuni e i territori da tutti i processi decisionali.
“Il meccanismo prevede che i servizi di accoglienza siano affidati attraverso una gara al ribasso– ha spiegato Scaltritti- con il rischio di aumentare anche le speculazioni. L’incarico dovrebbe essere affidato alle Regioni mettendo da parte le amministrazioni locali che potrebbero poi ritrovarsi a gestire nuovi arrivi senza preavviso. Questo modello fallimentare è già stato sperimentato durante l’Emergenza Nord Africa del 2012”
Proprio attorno al concetto di “emergenza” ruota un altro nodo fondamentale della questione. “La macchina organizzativa– ha detto l’operatore della Comunità di San Benedetto al Porto- continua a ragionare e lavorare esclusivamente per affrontare un’emergenza. In realtà si tratta un fenomeno ciclico che, in particolare dallo scorso febbraio, si ripete con costanza. Questo atteggiamento rende l’impostazione fragile e non permette di costruire percorsi strutturati, con uno spreco di risorse inimmaginabile.”
A complicare la situazione, si aggiungono anche i lunghi tempi della burocrazia. In Italia le procedure per il riconoscimento dello status di profugo durano dai 6 agli 8 mesi. “I profughi arrivati in aprile stanno ancora aspettando la visita della Commissione di Torino. I primi appuntamenti sono stati fissati a settembre e ottobre, poi si dovranno attendere i risultati. I più fortunati avranno i documenti alla fine dell’anno”. Eppure gli esempi virtuosi ci sono e anche a pochi chilometri dal nostro Paese. “Una famiglia partita da Alessandria per raggiungere l’Austria ha ottenuto i tesserini dopo tre giorni. Questa efficienza permette di realizzare concretamente percorsi di integrazione, uscendo dall’ottica dell’assistenzialismo. Se i tempi per il riconoscimento dello status si allungano, infatti, le persone non possono lavorare legalmente e restano dipendenti dalle strutture che le accolgono”
I timori di Fabio Scaltritti e di molti altri operatori del settore potrebbero essere smentiti da questo nuovo modello di accoglienza. Intanto, però, “l’auspicio è che si possa continuare a lavorare su modelli virtuosi e di rete territoriale, come è già stato fatto in questi mesi.”