10 Luglio 2014
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Chiusura choc della Guala Closures di Pavia
Ha raggiunto anche la provincia alessandrina la notizia che ha choccato i 135 dipendenti della Guala Closures a Torre d’Isola, in provincia di Pavia. I lavoratori, improvvisamente, dall’oggi al domani, hanno appreso dello stop alla produzione, senza alcuna minima avvisagli nei giorni precedenti. Per tutti si è aperta la procedura di mobilità con il più che comprensibile sgomento dei lavoratori, come spiegato da Carlo Bossi, Fiom Cgil di Pavia: “due giorni fa abbiamo ricevuto, solo come organizzazione sindacale, e solo in quel momento, la procedura di richiesta di licenziamento di 135 lavoratori di Guala Closures, che significa la chiusura dell’intero stabilimento. Stiamo parlando di un’azienda che a oggi non ha mai fatto un minuto di cassa integrazione di qualunque natura e anzi ha prodotto bene, senza alcun momento di difficoltà. Addirittura fino a sabato sera i dipendenti hanno fatto gli straordinari per poi fare i conti, martedì, con la chiusura dello stabilimento. Si può comprendere il livello di incazzatura – continua Bossi – e di grande sgomento dei lavoratori. Per il gruppo questa non è un’azienda che ha problemi. La questione è solo che non rende quello che si vuole. Cioè per l’azienda, secondo una logica strettamente finanziaria, si possono fare ulteriori margini da altre parti e quindi saluta Torre d’Isola”.
In un comunicato l’azienda ha giustificato lo choccante provvedimento spiegando di essere rammaricata “degli impatti che questa decisione può avere sulle persone che lavorano nel sito e sulle loro famiglie ed è per questo che prendere la decisione è stato difficile e faticoso“. Il board ha giustificato l’azione con “l’anti economicità della produzione dello stabilimento che perdura ormai da anni, nonostante il Gruppo abbia fortemente investito nel sito. Il problema dello stabilimento di Torre d’Isola è un problema di mercato: quello in cui opera impone i prezzi di vendita più bassi a livello mondiale; ci troviamo quindi di fronte ad una difficoltà le cui leve risolutive non sono nelle nostre mani. Inoltre, il Gruppo non ha mai perseguito una logica di delocalizzazione delle produzioni verso i paesi con minori costi del lavoro, ma ha sempre avuto come obiettivo quello di fornire il miglior servizio ai clienti anche attraverso la vicinanza degli impianti produttivi. Infatti, il 60% della produzione dello stabilimento di Torre d’Isola è sempre stata destinata all’esportazione, il resto al mercato nazionale degli spirits e del vino. Per quanto sopra esposto, parte della produzione di chiusure prodotte resterà in Italia, mentre la restante andrà all’estero nei siti ove Guala Closures Group è presente da anni e che venivano riforniti dallo stabilimento di Torre d’Isola“.
Adesso la questione però riguarda i 135 dipendenti, sgomenti davanti a una decisione improvvisa e inimmaginabile per giunta con giustificazioni che non lasciano immaginare molti margini di manovra ha continuato a spiegare Carlo Bossi della Fiom Cgil: “se la discussione diventa il saggio di interesse di tutte le imprese in provincia o a livello nazionale è la strage di massa. Se vige solo la logica dei rendimenti si pone un problema gigantesco. Anche la Cina tra un po’ diverrà costosa perché dietro ci sono poi l’India, il Vietnam e così via. Se questa è la regola gli impianti delocalizzeranno in tutto il mondo. Parliamo di un problema per tutti. Un problema veramente globale. Alla globalizzazione si aggiunge una questione di stabilità dei Paesi e delle loro economie”.
Tornando al caso Guala Closures nello specifico e alla sorte dei lavoratori l’azienda ha replicato che “attualmente, ci troviamo nella fase di avvio della procedura e prevediamo di poter offrire occupazione ad un numero significativo di persone presso altri siti produttivi. Anche su questo aspetto, oltre che sulla gestione degli strumenti previsti dalla norma, partirà al più presto il confronto con le organizzazioni sindacali“.
I sindacati incontreranno l’azienda il 16 pomeriggio in Confindustria dove si inizierà la trattativa per tentare di mantenere almeno una parte dell’occupazione. Le parti sociali intanto cercheranno di sollecitare le istituzioni per riapplicare quanto successo, per esempio, con Elettrolux.
In provincia di Alessandria la reazione dei sindacati locali è quantomeno allarmata, come spiegato da Franco Armosino, Fiom Cgil di Alessandria: “stiamo cercando di capire cosa sia successo effettivamente. Certo se i fatti fossero confermati saremmo davvero sbalorditi per un comportamento di questo tipo, peraltro da parte di un’azienda che ha come amministratore delegato il presidente di Confindustria di Alessandria (Marco Giovannini ndr). In queste ore stiamo cercando di sentire anche i colleghi di Pavia anche per dare una mano e capire meglio”.