16 Gennaio 2015
08:16
Marco Olmo a Robilante risponde a Bio Correndo!
“Ok, va bene, ci vediamo alle 2 nella piazza del paese davanti alla chiesa”. Così l’ultima mail con cui si decideva il luogo e l’orario per una chiacchierata intervista e domenica scorsa -11 gennaio- alle 13:40 ero già nella piazza della chiesa di Robilante, città d’infanzia e attuale residenza di Marco Olmo che non ha bisogno di presentazioni.
Arriviamo prima, io e mia moglie, per prendere confidenza con il luogo e cercare di stemperare l’emozione che percepiamo per l’incontro, ma su di una panchina vediamo già un signore smilzo, con il piumino nero che aspetta.. noi! Ci accoglie con un gesto della mano:”Prego accomodatevi come foste a casa mia, come Ale e Franz“. In pochi istanti il timore di aver di fronte una persona restia alle chiacchiere e ai sorrisi svanisce e ci confrontiamo con una persona disponibile dal bagaglio d’esperienze di vita e sportive ineguagliabile e così trascorriamo un’ora e mezza tra chiacchiere, sorrisi e qualche battuta:
Di Marco Olmo sappiamo tutto ed è difficile porre domande originali, ma quella classica che nasce spontanea essendo qui a Robilante è: sei un uomo di montagna e del deserto, qual è il comune denominatore?
Montagna e deserto sono posti di ristrettezze, un po’ depressi. La montagna ha il suo fascino, ma viverla come si viveva un tempo senza energia elettrica, senza nulla della modernità è un’altra cosa, facile vivere in baita ora; noi andiamo nel deserto con le comodità, c’è l’acqua, la tenda, per la gente del deserto è diverso.
Hai vissuto il deserto oltre le corse?
Sono stato con mia moglie nel deserto come turista, poi con la Marathon de Sables si è aperta la porta con le gare lunghe e con queste qualcuno ha iniziato a conoscermi, anche chi in paese mi considerava strano e mi derideva. Qualcuno però non ha cambiato opinione, nessuno è profeta in patria e sotto c’è anche un po’ di invidia, ma come diceva un mio amico:”L’invidia si deve guadagnare, la pietà è gratuita”. A onor del vero il 7 giugno la Pod. Valvermenagna Buzzi organizza qui a Robilante una corsa in mio onore, la 1^ edizione della Sui sentieri di Marco Olmo.
Ma sei anche il re dell’UTMB (Ultra Trail del Monte Bianco)..
L’UTMB mi ha dato popolarità direi nel mondo, ho amici dal Giappone all’America e in Francia sono molto considerato che è una cosa strana per un italiano
Non sembra però che ti abbia lasciato un’Emozione..
Forse la gara che ti da più emozione è quella che vinci per la prima volta, la mia è stata una marcia partigiana del ‘79 o dell’80. Secondo me quello che ti da soddisfazione ed emozione è la velocità, le gare che faccio io sono più ragionate, più controllate. Una gara che ho fatto nel Mali ho vinto con 2 h di distacco, ma non sono mai andato veloce, sono gare tattiche, ragionate alla Niki Lauda. Anche il pubblico è più affascinato dalla velocità, è quella che vuole vedere, nelle gare lunghe non c’è tanto pubblico; questo non vale per l’UTMB che è bello anche per la partecipazione e per l’accoglienza.
E il Tor?
Quando è iniziato Il Tor io ero già fuori dai giochi, è comunque troppo “trekking” per me.
Cosa ti ha lasciato il 2014?
Poco, ormai faccio il testimonial
Però ho visto dei buoni piazzamenti: 23° alla Marathon de Sables, 10° in Francia, 3° in Algeria e nella Rep. Dominicana
(Si schernisce).. Sì ma non c’era nessuno.
Progetti per il 2015?
La Marathon de Sables. Ha una grande organizzazione, quasi impeccabile. Lì si vive quasi veramente il deserto, anche se non l’ho mai vinta per loro sono un emblema e da qualche edizione corro più o meno sponsorizzato da loro, ho la mia classica maglietta grigia, ma utilizzo il loro zaino marchiato WAA che è anche il nome della società francese per cui corro, senza che questo pregiudichi i miei rapporti con Beppe Viale, presidente della Roata Chiusani, la mia società italiana. Tra l’altro quest’anno sarà la mia 20^ partecipazione e sarò accompagnato da Dino Bonelli di Runner’s World per il reportage.
Parliamo di allenamenti. Tutte le volte la stessa risposta:”Corro seguendo l’istinto”, quindi senza tabelle né programmi, ma nella tua carriera c’è stato un periodo in cui hai seguito almeno qualche consiglio di qualche amico allenatore?
All’inizio, tanti anni fa, ho iniziato a correre perché avevo letto che faceva bene; ho comprato un libro di Arcelli, ma ho capito che non era per me, ho provato a fare gli allunghi. Ho provato. Meglio seguire l’istinto e in salita non è possibile correre un lento quindi si fanno automaticamente variazioni cardiache.
(Si ferma una macchina, io penso che sia qualcuno che l’ha riconosciuto invece ci chiedono informazioni e lui dopo aver indicato la strada ai due esclama:” Ecco cosa fa un pensionato su una panchina, dà informazioni”)
La motivazione è la forza motrice dell’uomo, a 66 anni cosa ti spinge ad essere ancora sulle linee di partenza di manifestazioni così dure e competitive? Ti diverti ancora?
Anni fa un mio vicino mi ha detto che non correvo più per me stesso. E’ vero perché ora corro per gli amici, per lo sponsor. C’è l’ansia da prestazione così, per non pensarci, esco di casa al mattino quando ancora non “capisci” bene. L’ansia per la competizione comunque c’è sempre, prima delle gare ho proprio un rifiuto, per questo la Marathon de Sables cerco di prepararla all’ultimo.
MarcOlmo come logo, lo percepisci?
Essere MarcOlmo è un peso, una responsabilità, c’è sempre qualcosa da dimostrare per rispondere alle aspettative. Il vantaggio è avere qualche anno in più, avere un buon curriculum. Sono contento di aver fatto la mia storia prima perché ora dietro agli atleti ci sono dei team ed è diventato tutto un business.
Età e acciacchi da Ultratrailer come li affronti?
Fortunatamente non ne ho e ne ho avuti pochi, dai fisioterapisti vado poco perché fanno anche male, capita, occasionalmente, di prendere un antinfiammatorio per finire una gara o per evitare che un problema peggiori.
Questione doping. Qual è il tuo punto di vista?
Il doping c’è dappertutto, persino per tenere una conferenza. Siamo abituati alle scorciatoie, abbiamo inventato il motore per muoverci, ma anche un motore, se lo si fa andare oltre i suoi limiti fonde. Chi usa il doping farà poi i conti con la propria coscienza e la propria salute. Io sono contento che mi abbiano fatto l’antidoping all’UTMB perché così nessuno può avere dubbi sulla vittoria. Ho letto il libro di Donati e la situazione è quella che descrive.
Domanda inevitabile sull’alimentazione. E’ risaputo che tu sia vegetariano, oltre all’aspetto etico quale importanza dai alla qualità del cibo? Lo consideri la prima medicina del nostro corpo?
A me interessa solo essere vegetariano, non guardo la provenienza degli alimenti. Almeno una volta al giorno mangio le mie patate e molti carboidrati; molti mi dicono che non ho una alimentazione equilibrata perché mancano le proteine.. (interrompe la frase e lo sguardo è eloquente su quel che pensa delle osservazioni chi gli fanno)
La chiacchierata si conclude con le indicazioni su come riprendere la strada di casa con un percorso panoramico, qualche foto di rito e il mio Grazie per la sua disponibilità. Senza remore gli faccio presente che la sua fama di burbero è stata sovvertita dal buon umore che mi ha trasmesso.
La giusta conclusione di questa chiacchierata intervista è la domanda che pone Marco Olmo al termine delle conferenze a cui partecipa:
“Io ho iniziato a fare sport perché faceva bene, ora dietro agli atleti ci sono dottori e fisioterapisti, fa ancora bene?”