30 Gennaio 2015
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Processo Fabbio e Ravazzano: l’accusa chiede 4 anni per l’ex sindaco di Alessandria e 3 anni e 2 mesi per l’ex Ragioniere Capo
ALESSANDRIA – E’ arrivato alle ultime battute il processo penale sul bilancio consuntivo 2010 del Comune di Alessandria. Dopo una lunga requisitoria durata oltre 3 ore, il PM Riccardo Ghio ha chiesto 4 anni di reclusione per l’ex sindaco Piercarlo Fabbio e 3 anni e 2 mesi per l’allora Ragioniere Capo, Carlo Alberto Ravazzano e, per entrambi, l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici . “In questo processo – ha spiegato il PM – manca l’ imputato che ha tenuto il comportamento più grave” riferendosi all’ex assessore al bilancio Luciano Vandone, il cui giudizio è stato sospeso in attesa della nuova perizia medica sulle sue condizioni di salute e conseguente capacità di stare in giudizio, già fissata per la metà di luglio. “Pacifico” secondo l’accusa che i documenti falsi siano comunque riconducibili ai restanti due imputati, dalla certificazione del rispetto del patto di stabilità, siglata sia da Fabbio che da Ravazzano, sia tutte quelle “falsificazioni satellite” operate sul consuntivo 2010 per rendere “credibile” il raggiungimento dell’obiettivo. Stralciata la posizione del “deus ex machina” Vandone, tra i due imputati rimasti, per il PM, è stato però l’ex sindaco “in qualità di regista” a mettere in atto la condotta più grave rispetto a Carlo Alberto Ravazzano, mero “strumento esecutivo” di tutte le operazioni “studiate a tavolino” per falsificare il bilancio di Palazzo Rosso e far configurare il rispetto del patto di stabilità. L’obiettivo andava centrato, e “il fine” secondo il Pubblico Ministero, giustificava “il mezzo”, ossia la cancellazione e lo slittamento di 50 voci di spesa, in parte già liquidate e “di cui 36 riconosciute anche dal perito della difesa“, insieme all’inserimento a bilancio di entrate gonfiate per coprire l’enorme divario dall’obiettivo programmatico. Non rispettare il patto avrebbe del resto sancito la debacle politica dell’amministrazione, oltre a congelare i trasferimenti dallo Stato e bloccare ogni possibilità di investimento per il Comune. Da qui, quindi, l’arrivo a Palazzo Rosso di un Ragione Capo “più malleabile” rispetto ai suoi tre predecessori e in particolare all’ultimo, Antonello Zaccone, per dare poi il via a quelle operazioni di “maquillage contabile”, come le ha definite l’avvocato Giulia Boccassi, legale del Comune di Alessandria, per coprire il divario dal traguardo. Slittamenti che per l’accusa hanno configurato i reati penali di falso, truffa e abuso di ufficio e che hanno oltretutto aggravato la già “disastrosa” situazione economica di Palazzo Rosso fino a portare l’Ente al dissesto. Cinque anni di tasse e tariffe al massimo che ancora oggi pagano tutti gli alessandrini e per cui invece, ha sottolineato l’avvocato Giulia Boccassi, dovrebbero pagare “i veri responsabili”. Quanto? Dieci milioni di euro, con una provvisionale di 500.000 euro più il costo delle spese legali. Altrettanto salato il conto servito dall’avvocato Antonio Ciccia a nome del Cissaca, costituito parte civile così come il Comune. Una richiesta “conseguente alle risultanze del processo”, ha spiegato, e a quei 9 milioni di euro di danno patrimoniale causati dalla cancellazione dal bilancio 2010 degli impegni di spesa già liquidati al consorzio dei servizi sociali dell’alessandrino, più un ulteriore milione di euro di danni morali.
Requisitorie, quelle del Pm e delle parti civili, “serrate, puntuali e con conclusioni severe” come sottolineato poi dall’avvocato Roberto Cavallone, uno dei legali di Piercarlo Fabbio che, per il difensore, sarebbero però frutto di una lettura “non condivisibile” dei fatti. “Qui nessuno ha rubato nulla, neanche un centesimo” ha puntualizzato il legale, respingendo “i giudizi taglienti” e l’immagine data dell’ex primo cittadino “l’unico ad averci sempre messo la faccia” ha puntualizzato Cavallone girandosi verso Piercarlo Fabbio, rimasto ancora una volta in aula, in silenzio, per tutta la durata dell’udienza. “Eccessive” inoltre, secondo il difensore, le richieste di risarcimento delle parti civili, per l’avvocato limitate al solo danno di immagine per il Comune “visto che il dissesto è stata scelta discrezionale dell’attuale Giunta e non conseguenza immediata degli slittamenti di spesa” e alle sole more per il ritardato pagamento del credito nel caso del Cissaca. L’avvocato Cavallone però voluto anche“ridisegnare” il “contesto” del processo per smarcare l’ex sindaco dalle accuse mosse dal PM. Un quadro dipinto da un legislatore “isterico” che anno dopo anno ha cambiato le leggi per far quadrare bilanci “che diversamente non quadrerebbero mai”. Uno scenario ulteriormente modificato lo scorso 2 gennaio con una norma che avrebbe inserito quelle cancellazioni di spese contestate agli imputati tra “i criteri ordinari di gestione dei residui attivi e passivi” degli Enti pubblici. Secondo i difensori , quindi, non avrebbe senso, dopo 4 anni, condannare gli imputati per operazioni oggi ritenute lecite e, soprattutto, non in un procedimento penale. Convinti che eventuali comportamenti censurabili rientrino in ogni caso nella fattispecie dell’illecito amministrativo, introdotta già con una norma del 2011, i difensori di Piercarlo Fabbio, e in particolare l’avvocato Claudio Simonelli, concluderanno la loro arringa difensiva il 19 febbraio per poi lasciare la parola all’avvocato Luca Gastini, difensore di Carlo Alberto Ravazzano.
Tatiana Gagliano