18 Marzo 2015
13:40
Disastro lavoro in provincia di Alessandria: il tasso di disoccupazione è il più alto del Nord Italia
ALESSANDRIA E PIEMONTE – La provincia di Alessandria ha il tasso di disoccupazione più alto di tutta la regione e addirittura di tutte le province del Nord, eccezion fatta per Imperia. Questo è l’amaro bilancio emerso al termine della conferenza stampa sul mercato del lavoro in Piemonte. L’alessandrino è segnato da una “marcata criticità, in un contesto in cui il mercato non riesce ad assorbire la spinta dell’offerta di lavoro. Il tasso di disoccupazione è del 13.4% mentre quello di occupazione risulta il più basso, 64.7%. Su entrambi i fronti spicca il forte svantaggio della componente femminile. Gli unici spunti positivi nel settore industriale arrivano dal Casalese, con la ripresa del comparto orafo e del metalmeccanico, mentre risulta in deciso regresso l’occupazione nei servizi”.
Se Alessandria annaspa anche il Piemonte non brilla troppo. Nel complesso anche la regione denota uno scenario tutt’altro che rassicurante. Gli occupati sono stimati nel 2014 in 1.773.000, 2.000 in più rispetto all’anno precedente: si tratta di una variazione marginale (+0,1%) in un contesto nazionale che appare più dinamico, dove si contano in Italia 88.000 addetti aggiuntivi (+0,4%), una crescita concentrata nelle regioni del Centro-Nord (+0,8% in media), a fronte di un ulteriore arretramento nel Mezzogiorno (-45.000 unità).
Il 2014, secondo l’analisi, risulta spaccato in due: “un primo semestre che ancora risente della recessione che ha colpito con forza la nostra regione nel 2013 (-15.000 occupati in media con una marcata flessione nei servizi e nelle costruzioni e un saldo positivo nell’industria manifatturiera) e un secondo semestre in ripresa (+19.000 addetti) con un recupero nel terziario, ma un rallentamento negli ultimi mesi nel ramo industriale, forse indotto dal picco di licenziamenti di fine anno”.
Tra i vari indici interessanti spicca la crescita sensibile del part-time, con un +5,5%, +17.000 unità, mentre hanno subito un calo i posti di lavoro a tempo pieno, con una potenziale espansione dell’area di sottoccupazione, associata al lavoro a tempo parziale involontario. Fra i dipendenti, inoltre, risulta una flessione apprezzabile dell’impiego a tempo indeterminato, mentre resta stabile il numero dei lavoratori precari, la cui incidenza sul totale del lavoro subordinato risulta in lieve incremento, attestata all’11,7%.
Sul fronte disoccupazione le persone alla ricerca di un lavoro in Piemonte sono state nel 2014, circa 226.000, con un aumento di 17.000 unità sull’anno precedente. Il numero peraltro è aumentato nell’ultimo trimestre, interessando maggiormente le donne (+10,9%), soprattutto per le difficoltà nella fase di primo inserimento al lavoro, mentre la disoccupazione maschile cresce per effetto della perdita dell’occupazione di soggetti adulti. Va detto che alle spalle dei disoccupati propriamente detti andrebbe aggiunta la schiera di color che si dichiarano in cerca di impiego ma risultano meno attivi e/o non immediatamente disponibili.
La crescita della disoccupazione in Piemonte (+8,3%) è nettamente superiore a quella rilevata nel Nord Italia (+3,5%), dove il dato risulta stabile nel Nord-Est, e in ambito nazionale (+5,5%). Il tasso di disoccupazione sale nella nostra regione dal 10,5% del 2013 all’11,3%, e permane il più elevato tra le regioni del Nord, dove il dato medio si colloca all’8,6%, e il Piemonte è l’unica regione con la Liguria, che la segue da vicino (10,8%). La regione piemontese comunque rimane al di sotto del dato nazionale (12,7%), su cui pesano gli alti livelli di disoccupazione del Mezzogiorno (20,7%).
Non accenna a diminuire la disoccupazione giovanile, che raggiunge, nella fascia fino a 24 anni, il 42,2%, un punto e mezzo in più rispetto al 2013. È un dato in linea con la media nazionale, e si colloca di quasi 10 punti al di sopra del livello medio delle regioni settentrionali (32,7%). Il tasso di disoccupazione in Piemonte per i soggetti fino a 24 anni sale da valori intorno al 14-15%, negli anni immediatamente precedenti alla crisi, all’attuale 42,2%, che, tradotto in termini di valore assoluto, corrisponde al passaggio da 20.000 a oltre 50.000 ragazzi in cerca di lavoro, a fronte di una popolazione che in questo ambito anagrafico si mantiene sostanzialmente stabile in questo periodo.
A mitigare questo scenario complicato il quadro sui movimenti di flusso sul mercato del lavoro, apparso moderatamente positivo, sia pure in un contesto in cui nel 2013 si era toccato il fondo. La risalita del 2014 appare quasi come una sorta di ‘rimbalzo di natura tecnica’. Il volume degli avviamenti al lavoro è infatti tornato su livelli del 2009, ben lontano dagli standard pre-crisi. I dati annuali mostrano un incremento degli avviamenti attestato intorno al 6%, trainato dalla ripresa dell’industria e dei servizi alle imprese (+10% in entrambi i casi), mentre resta critica la performance delle costruzioni (-4,3%) e stagnante l’area commerciale e turistica (+0,2%), dove però va valutato il parziale spostamento della domanda più flessibile dal lavoro intermittente verso il sistema a voucher del lavoro accessorio, non registrato dalle comunicazioni obbligatorie.