22 Aprile 2015
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Nel 2015 arrivati 1.671 nuovi profughi in Piemonte. 197 ospitati nell’alessandrino
PROVINCIA – Sono 3310 i profughi attualmente ospitati in Piemonte, di cui 831 inseriti nel sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. I numeri sono stati illustrati dall’assessore all’Immigrazione della Regione Piemonte, Monica Cerutti al termine del tavolo di coordinamento regionale che si è tenuto martedì a Torino. Solo in questi primi mesi del 2015 sono state 1.671 le persone ospitate nelle strutture piemontesi, di cui 709 a Torino, 197 ad Alessandria, 216 a Cuneo, 71 a Vercelli, 170 a Novara, 188 ad Asti, 48 a Biella e 72 nel V.C.O.
Gli ultimi profughi accolti nell’alessandrino sono arrivati proprio nei giorni scorsi, ha spiegato a Radio Gold News Marco Bologna, Presidente provinciale della Croce Rossa Italiana. Tra loro tante donne e anche bambini, la maggior parte arrivati da Eritrea e Somalia, ma anche da Iraq e Nigeria, ora ospitati ad Alfiano Natta, Stazzano, Novi Ligure, Casale e Alessandria, in base al piano della Prefettura. Nei loro occhi, ha aggiunto Bologna, è impresso “un terrore” che non avevano mostrato i profughi arrivati solo qualche mese fa. “Hanno davvero paura e solo poco per volta raccontano le violenze subite. Qualcuno ha sul corpo vecchie ferite, in alcuni casi da arma da fuoco o cicatrici molto brutte che sembrano provocate da un colpo di macete. Quando vedi una mamma rimettere al collo del figlio il crocefisso capisci la paura che possono aver provato queste persone anche solo perché cristiane”.
Un “orrore” tale da spingere anche mamme con bambini piccolissimi ad affrontare la traversata in mare sui barconi. “Molti di loro non sanno neppure nuotare – ha raccontato ancora Bologna – e se decidono di fare questo viaggio è perché il rischio di morire in mare è meno terrificante di quello che vivono nei loro Paesi. Le madri devono convivere con l’angoscia di vedersi strappare via i figli, spesso rapiti anche per la tratta di organi. Alcune di loro ci hanno raccontato di aver sedato i bambini pur di riuscire a nasconderli nei borsoni e portarli lontano”. L’orrore provato dalle donne si vede anche nei loro abiti, spesso larghi, maschili, per coprire ogni forma femminile. “Abbiamo visto anche bambine di 12 anni vestite da ragazzi. Tante anche le donne non sposate, rimaste per mesi prigioniere e oggi incinte. Questo è l’orrore che fa sembrare “nulla” una traversata su un barcone”.
Il viaggio sul barcone diventa quindi “l’ultima speranza” per avere “un’altra vita” e rivedere familiari già scampati all’orrore. “La maggior parte tentano di contattare parenti che sono già in Europa e se possono li raggiungono. Proprio negli ultimi giorni abbiano assistito alla chiamata di un bambino che per la prima volta dopo mesi è riuscito a sentire la voce del papà che era già in Germania”. Chi riesce a raggiungere i famigliari all’estero, ha concluso Marco Bologna, non dimentica le persone che li hanno accolti e aiutati nei primi giorni in Italia. “Abbiano ricevuto la foto di una bambina che abbiamo visto a 6 mesi e che ora ha due anni e vive in Germania. Per tante di queste persone, come poi ci scrivono, diventiamo “una prima famiglia” e questa credo sia la vera ricompensa per tutte le persone coinvolte nell’emergenza, volontari, medici, Forze dell’Ordine , tutti coordinati dalla Prefettura”.
Una grande macchina che ha dimostrato di funzionare bene in tutta la regione, ha sottolineato anche l’assessore regionale Cerutti che questo mercoledì al Tavolo di coordinamento nazionale sull’emergenza sbarchi al Ministero degli Interni ribadirà però la necessità di istituire una cabina di regia nazionale a Palazzo Chigi, evidenziando al contempo anche il preoccupante numero di domande di asilo rifiutate, chiedendo di rivedere il sistema di concessione dei permessi umanitari.