25 Febbraio 2021
14:56
Addio a Mario Gerbi: dedicò la vita al prossimo anche durante l’alluvione del ’94
ALESSANDRIA – Era nato a Genova ma la sua famiglia si era trasferita quasi subito ad Alessandria e proprio in città Mario Gerbi ha lasciato nel tempo un caro ricordo in tutti coloro che l’hanno conosciuto. È mancato martedì 23 febbraio a 67 anni per un malore ma dopo essersi speso sempre in azioni per il prossimo grazie alla sua militanza nella Croce Rossa, in cui era entrato giovanissimo. Il fratello, Riccardo ricorda che “a 18 anni partì alla volta di Ancona colpita da un terremoto, e l’anno dopo era a Castel Volturno a far vaccinazioni alla popolazione per combattere il colera. In seguito abbandonò gli studi universitari di medicina al quarto anno, perché per uno abituato al “soccorso sul campo”, stetoscopio, ricette e mutuati non facevano per lui. Si dedicò in toto alla Croce Rossa e tra gli impegni di quegli anni ricordo il terremoto del 1976 in Friuli, l’assistenza ai profughi vietnamiti giunti in Italia nel 1979, oppure il terremoto in Irpinia nel 1980“.
Negli anni ’80 andò in Africa a dirigere la “delegazione Sahel”, girando in paesi come il Niger, la Mauritania, il Chad o il Senegal, per combattere la siccità che colpiva quei luoghi. Dall’Africa tornò con Marcia, l’altra metà della mela per uno come lui che ha sempre avuto l’America nel cuore per stabilirsi definitivamente a Roma. In mezzo a tutto questo l’indimenticabile “impegno nella sua cara Alessandria durante l’alluvione del 1994” come ricorda chi ha lavorato a stretto contatto con lui. “Era un ottimo amico – ricorda con affetto Dante Ferraris della Protezione Civile – che collaborò molto con me durante quell’anno, dirigendo la tendopoli realizzata nel campo di atletica“. Dopo il “doloroso distacco dalla Croce Rossa” curò il Patrimonio dello Stato riuscì dopo il terremoto di Marche e Abruzzo del 2009. Una vita spesa dunque ad aiutare tutti “in prima linea a scavare tra le macerie,” ma capace “di fare sempre un passo indietro quando si accendevano le luci delle telecamere a riprendere la sciagura“.