17 Luglio 2015
12:27
Triora, il borgo delle Streghe
TRIORA – “La Terra è un paradiso. L’inferno è non accorgersene”, così citava Jorge Luis Borges.
Arte, storia, tradizioni, mare, monti e sapori, fanno dell’Italia un luogo paradisiaco ricco di località e antichi borghi dal fascino nascosto. Piccoli e suggestivi paesi sparsi qua e là negli angoli più remoti del Bel Paese, che alla prima vista rievocano emozioni, sensazioni e ricordi.
Tra queste bellezze, in Liguria, si trova Triora. Il piccolo borgo, situato in provincia d’Imperia nella valle Argentina, fa parte del circuiti dei Borghi più Belli d’Italia e dal 2007 è stato anche insignito della Bandiera Arancione del Touring Club Italiano.
L’etimologia del suo nome trae origini dal latino Tria ora, che significa tre bocche: secondo alcuni indicano quelle del cerbero raffigurato nello stemma, per altri invece corrispondono ai tre fiumi, alla cui confluenza si trova il territorio, e per altri ancora indicano i tre principali prodotti su cui si basava l’economia del luogo, ossia il grano, la castagna e la vite.
La curiosa storia del borgo di montagna del Ponente ligure affonda le sue radici agli inizi dell’anno mille, periodo in cui appare già un’importante centro, appartenuto alla marca aleramica e successivamente divenuto un feudo della Contea di Ventimiglia. Le vicende più interessanti, che hanno reso famosa fino ad oggi Triora, riguardano però il finire dell’estate del 1587. In quegl’anni la gente non aveva più di che sfamarsi e nel giro di pochi giorni alcune donne che abitavano alla periferia del paese furono ritenute responsabili di questa presunta carestia. L’accusa? Essere streghe, o meglio bagiué, secondo il dialetto locale. Queste sono le premesse con le quali ha inizio uno dei più feroci processi alle streghe in Italia, culminato con cinque sentenze di condanna a morte. Processi per nulla inferiori in quanto a drammaticità a quelli di Salem, per questo il millenario borgo ligure viene definito da molti la Salem d’Italia.
“Di madre in figlia si tramandavano usanze che avevano la loro antichissima origine nel fanum pagano che sorgeva dove oggi è la Collegiata: un concentrato di oracoli, guaritori, esorcisti, maghi, druidi e streghe di spaventosa potenza” , queste le parole di Dina Fontana, artista abitante del centro storico.
A Triora tutto parla di streghe, di culti pagani e la “Cabotina” è il cuore segreto e misterioso del paese.
Il vecchio borgo, per quanto in parte spopolato e ancora segnato dalle distruzioni operate dai tedeschi nel 1944, conserva un notevole fascino. Inevitabile non osservare il profilo del paese, di sera, dalla terrazza dell´albergo Colomba d´Oro. Se poi c´è la luna piena, la magia è assicurata. A proposito di magia, molti sono i luoghi che sprigionano un senso ineffabile di mistero, un´adesione alle forze della natura. La Cabotina innanzitutto, perché vedendone i ruderi non si può fare a meno di pensare a cosa succedeva lì dentro, al motivo che spingeva ragazze e donne di Triora a recarsi lì dopo l´Ave Maria o a notte inoltrata. Oppure si può salire al Monte delle Forche, un posto così bello dove doveva essere spiacevole morire guardando Triora dall´alto. Tra l’altro qui, si racconta che crescesse la mandragora dal seme degli impiccati: una pianta da cui le bagiue ricavavano filtri per prolungare l´atto sessuale. O ancora, si può salire al cimitero, “simile a un fortilizio destinato all´ultima difesa“, ha scritto Bacchelli, perché ricavato dentro una delle cinque fortezze del luogo. Passeggiare per il borgo, inoltrarsi dentro i carruggi, sotto volte e archi scavati nella roccia, negli antri scuri di case diroccate, è come tornare indietro nel tempo. Una sorta di sbigottimento medievale prende a percorrere tenebrosi portici, oscuri angiporti, gradinate, strade catacombali annerite dal fumo di secoli, da incendi saraceni o dal tritolo nazista. Riemergere al sole e alla luce brillante della Valle Argentina, è quasi una liberazione. Un´altra meraviglia a Triora sono i portali, da quello gotico della Collegiata, a quelli dei palazzotti nobili, con i simboli delle casate discalpellati nel periodo post-rivoluzionario francese, con le architravi scolpite, i marmi abrasi, i bassorilievi su pietra nera o ardesia, e le sculture più affascinanti: agnelli mistici, monogrammi di Gesù, Annunciazioni, stemmi, addirittura, in una sovrapporta, un vegliardo con barba e, sul muro della parrocchia, un frate che tiene fra le dita della mano occhiali a molla. E´ tutto un occhieggiare di segni del passato, di presenze sparite, di blasoni distrutti, di passi antichi che risuonano sul selciato di pietre levigate dall´uso. Inoltre da visitare la Collegiata con il campanile tardo-gotico e con i suoi numerosi tesori. La chiesa custodisce affreschi del sec. XV, tra cui un Giudizio Universale particolarmente realistico, attribuiti in parte al sacerdote di Pinerolo Giovanni Canavesio. Da vedere infine le fontane tagliate nella pietra viva e i ruderi dell´antico Castello costruito dai Genovesi nel sec. XIII per la difesa dei propri confini.