29 Agosto 2015
23:00
Stereotipo e realtà. “Il servitore di due padroni” degli Stregatti. Recensione
ALESSANDRIA – Rispetto del testo, caratteri fortemente marcati e lampi di modernità. Questi gli ingredienti de “Il servitore di due padroni”, spettacolo finale del corso teatrale tenuto dalla Compagnia Stregatti e firmato da Giusy Barone con la collaborazione di Simona Gandini, replicato sabato 29 settembre nel cortile dell’ex Ospedale Militare di Alessandria, nell’ambito della rassegna “I love Goldoni“
Il testo è celebre e vanta interpretazioni illustri che inevitabilmente pongono una pietra di paragone non facile. Attorno all’amore di Clarice e Silvio e Beatrice e Florindo girano interessi, convenzioni, travestimenti e, soprattutto, gli equivoci creati da Truffaldino, servitore maldestro e confusionario.
Il taglio registico mantiene le battute originali e la consistenza monolitica dei personaggi. Clarice (una Simona Gandini che cattura l’attenzione ad ogni movimento) è esattamente come Goldoni l’ha pensata: svenevole, innamorata e compresa solo del suo amore da difendere, priva di qualsiasi altra sfumatura, eppure reale. Arlecchino è un Simone Guarino strepitoso e dinoccolato, che mantiene il fare della maschera della commedia dell’arte e le regala un tocco di personalità che strappa la risata. Convincente la Beatrice di Debora Pessot, il personaggio femminile più volitivo, ben interpretato per postura (Beatrice, nel testo, si finge uomo) e gestualità. Il duello al ralenti con Silvio (Giovanni Pesce) è un momento molto godibile per tempismo e intesa.
L’azione si svolge con la sola scenografia di due casse e di sedie laterali sulle quali i protagonisti si siedono quando escono di scena, pur rimanendo sempre loro stessi e partecipando, fuori campo, alla vicenda. Determinante l’intersecarsi della musica con la trama. “Relax” dei Frankie Goes To Hollywood è la colonna sonora e intreccia le ragioni dell’amore della pièce goldoniana con l’invito alla libertà sessuale priva di inibizioni. I cambi di scena sono puramente segnati dal movimento e parecchi dialoghi sono ritmati dalla gestualità sincopata scandita da un tamburello.
Proprio il ritmo musicale è il filo sotteso che tutto ricollega, che rimanda all’oggi e che sottolinea momenti essenziali, in un crescendo narrativo che ricorda una stesura cinematografica. La riflessione è infine sulla veridicità di vizi e virtù che da sempre dominano i caratteri umani. In scena anche Stefania Cartasegna, David Turri e Andrea Villa. Una buona prova e un successo notevole di pubblico per i Giovani Stregatti, in un saggio che ha la dignità e lo spessore di uno spettacolo molto godibile.
I nuovi corsi inizieranno in ottobre. Per informazioni www.teatrostregatti.it Nicoletta Cavanna