27 Ottobre 2015
23:00
Carne nel mirino dell’Oms: per gli allevatori sbagliato generalizzare
PIEMONTE – Non poteva certo passare inosservato l’allarme lanciato dall’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Oms sulle carni lavorate (carni in scatola, hot dogs, prosciutto, carni essiccate e affumicate), inserite nel gruppo 1, quello ad alta pericolosità. Una classificazione affiancata dall’inserimento delle carni rosse non lavorate (manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo e capra) negli alimenti “probabilmente cancerogeni“. In Piemonte la notizia ha immediatamente scatenato polemiche tra i tanti allevatori piemontesi e quindi tra le associazioni agricole, inferocite per delle dichiarazioni che “mettono a rischio la sana alimentazione e i posti di lavoro“.
Gian Piero Ameglio, allevatore e Presidente della Confederazione Italiana Agricoltori, non si è stupito per questa novità emersa in questi giorni ma ha puntualizzato: “niente di nuovo perché sono informazioni già conosciute. Ora la questione però potrebbe destabilizzare i mercati e creare problemi di conoscenza come spesso accade con le generalizzazioni. La carne rossa non è da demonizzare. Quello che fa male è l’abuso. Occorre conoscere per esempio le caratteristiche tra carni differenti. Occorre fare distinzione tra i vari prodotti; ricordo che, ad esempio, la Razza Piemontese è particolarmente povera di grasso e ne contiene una quantità di polinsaturi a volte maggiore rispetto ad alcune varietà di pesce azzurro. Consigliamo un consumo equilibrato di carne rossa all’interno della dieta mediterranea, perché contiene proteine immediatamente disponibili ed enzimi che in altri alimenti non troviamo e raccomandiamo consapevolezza nella scelta del prodotto. Non ci stancheremo mai di indirizzare i consumatori verso la scelta dei prodotti del territorio, anche alla luce dei severi controlli ad opera del Ministero della Sanità, ai quali noi allevatori ci sottoponiamo puntualmente. Nessun allarmismo, quindi, ma solo attenzione alle scelte che effettuiamo a tavola“.
“Non tutti i mali vengono per nuocere – ha aggiunto Ameglio. Abbiamo visto di tutto in questo settore, dalla mucca pazza alle questioni legate ai polli. Ormai il consumatore è più avveduto e in Italia noi abbiamo una miriade di controlli e una elevata tracciabilità. Il consiglio che posso dare è di aprire il frigorifero di casa e di controllare cosa avete dentro. Ormai spesso compriamo dei prodotti preconfezionati senza conoscere perfettamente cosa contengono. Non dico di tornare indietro e di tenere polli e galline, ma di tornare alla cultura della tradizione cercando di conoscere il posto da cui proviene la carne e la qualità dei nostri prodotti“.
Netta anche la posizione di Coldiretti che ha ricordato come il consumo di carne in italia sia di 78 chili a testa. Cifra ben al di sotto dei 125 chili a persona degli Stati Uniti o dei 120 chili dell’Australia. Oltretutto, gli italiani vantano un primato per la longevità, con 85 anni per le donne e 80 per gli uomini, da cui emerge che la carne Made in Italy è più sana ed ottenuta nel rispetto dei rigidi disciplinari di produzione Doc che assicurano il benessere e l’alimentazione degli animali.
“Lo studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul consumo della carne rossa sta creando un falso allarmismo per il nostro Paese in cui questo alimento è, invece, sicuro e prezioso anche per lo svezzamento dei bambini tanto che, nelle giuste quantità, anche la Dieta Mediterranea ne prevede il consumo – sostiene Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte. Sotto accusa ci sono i cibi come hot dog e bacon che non fanno parte della tradizione culinaria italiana, al contrario la nostra alimentazione si basa su prodotti di stagione, locali e freschi, come sostiene anche il progetto di Campagna Amica. Infine, in Italia la trasformazione in salumi avviene solo con il sale, senza l’affumicatura messa sotto i riflettori dall’Oms“.
La nostra Regione vanta anche la razza da carne più importante, la Piemontese, che conta oltre 350 mila capi con 6 mila aziende impegnate nell’allevamento. E’ una carne tenera, a basso contenuto di colesterolo, con pochi grassi e dalle ottime capacità nutrizionali.
“Sono impiegati oltre 15 mila addetti per un fatturato che, per il solo allevamento, vale oltre 500 milioni di Euro e per l’intera filiera, comprendente la logistica, il trasporto, la mangimistica, la macellazione ed il sezionamento, raggiunge il miliardo e 30 milioni di Euro. Cifre messe a rischio da questi falsi allarmismi – afferma il direttore di Coldiretti Piemonte Antonio De Concilio – rispetto ai quali bene hanno fatto a fare chiarezza le istituzioni, come gli oncologi a livello nazionale e l’Istituto Zooprofilattico in Piemonte, attraverso le dichiarazioni della D.ssa Maria Caramelli. Piuttosto è necessario accelerare il percorso dell’obbligo di etichettatura d’origine per tutti gli alimenti, come richiede da tempo la nostra Organizzazione, al fine di difendere le produzioni Made in Italy, preservando anche la salute dei consumatori, e di sostenere il reddito delle nostre imprese agricole“.
Sull’argomento l’Associazione per la ricerca contro il cancro, alla domanda de le carni rosse fanno male alla salute risponde così: “un consumo eccessivo di carni rosse, soprattutto di carni rosse lavorate (salumi, insaccati e carne in scatola), aumenta il rischio di sviluppare alcuni tumori. L’aumento del rischio è però proporzionale alla quantità e frequenza dei consumi, per cui gli esperti ritengono che un consumo modesto di carne rossa (una o due volte a settimana al massimo) sia accettabile anche per l’apporto di nutrienti preziosi (soprattutto vitamina B12 e ferro), mentre le carni rosse lavorate andrebbero consumate solo saltuariamente.” (trovate altri approfondimenti QUI)