9 Febbraio 2024
14:02
Peste suina, nuovi casi in Val di Nizza. Legambiente: “Battute inefficaci, picco di PSA: servono nuove misure”
PROVINCIA DI PAVIA – Ventiquattro cinghiali infetti da peste suina africana sono stati rinvenuti negli ultimi giorni nel circondario della Val di Nizza, in provincia di Pavia. Un numero certificato dall’Istituto Zooprofilattico di Perugia che fa crescere la preoccupazione per la diffusione della malattia virale.
Assosuini ha lanciato un appello all’abbattimento di quanti più cinghiali possibile prima della stagione della riproduzione per evitare un’ulteriore accelerazione del contagio. La situazione non è confortante neanche in Emilia, dove è stata trovata una carcassa di cinghiale infetta in alta val Taro, a pochi passi dalla zona di produzione del Prosciutto di Parma.
Nel frattempo, anche Legambiente Voghera Oltrepò critica l’inefficacia delle misure finora adottate e propone strategie alternative. “I recenti ritrovamenti, concentrati quasi unicamente in Val Nizza , di carcasse di cinghiali fanno pensare ad un picco dell’ epidemia di PSA . L’unica risposta messa in campo fino ad ora è quello di battute sistematiche che mirano all’eradicazione dei cinghiali dal territorio, il che oltre che apparire velleitario e poco realistico, ha dimostrato la sua inefficacia testimoniata appunto dal picco di PSA di questo periodo” sottolinea Legambiente in una nota congiunta con WWF Pavia Lodigiano .
L’associazione puntualizza sulla “necessità di mettere in campo misure diverse, sussistendo perplessità circa il fatto che siano state messe in atto tutte le pratiche utili al contenimento del virus”. Per tali ragioni viene dunque ritenuto utile e necessario “il coinvolgimento degli esperti dell’Universita’ di Pavia , che peraltro già operano sul territorio per il monitoraggio e studio della fauna selvatica”, oltre alla la possibilità di “applicare tecniche di contraccezione e sterilizzazione delle femmine di cinghiali” e valutare “metodi di contenimento territoriale, visto che le carcasse sono quasi unicamente state ritrovate in Val Nizza oltre al fermo precauzionale della stagione venatoria 2024/2025 “.
Legambiente ritiene che sia anche necessario analizzare lo stato delle acque superficiali per escludere la presenza di esche avvelenate. “L’obiettivo non è negare la presenza della PSA, ma piuttosto ottenere un quadro chiaro della situazione e identificare eventuali concause che potrebbero aggravare il problema“, sottolinea l’associazione.
In conclusione Legambiente cita l’esempio della vicina provincia di Piacenza, che si è attivata per fornire informazioni puntuali e chiare sulla PSA. “Serve una comunicazione precisa e trasparente rivolta agli Enti locali, ai cittadini e agli operatori turistici ed economici del territorio. Un’informazione efficace è fondamentale per contrastare la disinformazione e per permettere a tutti di prendere le giuste precauzioni”.