14 Dicembre 2015
18:28
Processo Polo Chimico: quattro condanne per disastro colposo
ALESSANDRIA – Secondo il Tribunale di Alessandria, a Spinetta c’è stato un disastro ambientale, ma non doloso. Dopo tre anni di udienze, lunedì si è chiuso il processo a carico di otto manager di Solvay e Ausimont, chiamati sul banco degli imputati con l’accusa di avvelenamento doloso delle acque di falda e omessa bonifica. La Corte presieduta da Sandra Casacci ha infatti condannato a 2 anni e sei mesi di reclusione per il reato di disastro colposo quattro degli otto imputati del processo del Polo Chimico di Spinetta: Salvatore Francesco Boncoraglio, Luigi Guarracino, Giorgio Carimati e Giorgio Canti. Prescritto il reato nei confronti di Giulio Tommasi, la Corte ha quindi assolto Carlo Cogliati, Bernard Delaguiche e Pier Jaques Joris “per non aver commesso il fatto”. Caduto poi, “perché non sussiste“, il capo di imputazione di omessa bonifica.
I quattro manager condannati, in solido tra loro e gli ultimi tre anche con il responsabile civile Solvay, dovranno anche provvedere al risarcimento dei danni cagionati dal reato di disastro colposo al Ministero dell’Ambiente e, nella misura specifica di 50 mila euro al Comune di Alessandria, 25.000 euro per Legambiente, WWWF Italia, Cgil e Medicina Democratica. La Corte ha quindi riconosciuto anche un risarcimento di 10.000 euro per l’Associazione “I due Fiumi Erica – Pro Natura” e la stessa cifra anche per un gruppo dei cittadini che si erano costituiti parte civile nel corso del processo. Per i quattro condannati, poi, anche l’onere di rifondere le spese legali.
La Corte, che si è riservare di depositare le motivazioni della sentenza entro 90 giorni, ha inoltre disposto la trasmissione alla Procura della Repubblica di Milano di una copia delle trascrizioni di due udienze della fase dibattimentale e delle memorie depositate dall’avvocato Luca Santa Maria, uno dei legali del pool Solvay.
Proprio il colosso belga Solvay Specialty Polymers, tramite una nota stampa, ha così commentato il verdetto di questo lunedì: “la Corte di Assise di Alessandria ha riconosciuto, accogliendo le tesi della difesa Solvay Specialty Polymers Italy SpA, la totale insussistenza del reato di avvelenamento doloso delle acque e del reato di omessa bonifica, originariamente contestati. La Corte di Assise ha escluso qualsiasi responsabilità degli amministratori delegati protempore di Solvay Specialty Polymers Italy SpA. Per quanto riguarda la condanna di alcuni suoi dipendenti per il reato di disastro ambientale è stato escluso il dolo e ritenuta soltanto l’ipotesi colposa. Ciò nondimeno Solvay Specialty Polymers Italy SpA ritiene ingiustificata tale condanna colposa e ribadisce la fiducia nell’operato dei propri manager che assisterà in appello per vedere riconosciuta la loro completa estraneità da ogni forma di addebito e la correttezza della gestione del sito”.
La Procura di Alessandria, che tramite il Pm Riccardo Ghio aveva contestato il dolo, chiedendo per gli otto imputati del processo pene comprese dai 18 ai 10 anni, si è riservata di leggere le motivazioni della sentenza per valutare poi un eventuale ricorso.
Attende le motivazioni del verdetto anche l’avvocato Giuseppe Lanzavecchia, legale di un gruppo di cittadini parte civile nel processo. “Il verdetto ha certificato il disastro e confermato quindi l’impianto accusatorio, anche se non nell’elemento soggettivo. La sentenza ci lascia quindi soddisfatti anche se non si può certo essere contenti quando un verdetto certifica l’avvelenamento di Spinetta Marengo”.
Tra le parti civili, Lino Balza di Medicina Democratica, ha invece definito il verdetto “deludente e preoccupante“. “Deludente per le parti civili vittime dell’ecocidio che esigeva condanne e risarcimenti severi. Preoccupante per gli abitanti della Fraschetta, consapevoli che soltanto una costosissima bonifica del territorio potrà scongiurare un futuro di indagini epidemiologiche con sempre più morti e malattie”. “Deludente e preoccupante – ha aggiunto Balza – anche per le innumerevoli comunità italiane che proprio dalla Magistratura di Alessandria attendevano una coraggiosa inversione di tendenza alle sentenze (Eternit, Thyssenkrupp, Bussi, ecc.) che hanno scandalizzato l’universo ecologista e aperto un vasto dibattito sulla Giustizia in materia ambientale per la loro sostanziale impunità tramite la derubricazione dei reati dal pesante dolo alla lieve colpa e le prescrizioni, per non dire delle assoluzioni. Tutte le aspettative, deluse ad Alessandria, ruotavano attorno all’ormai famoso articolo 439 del codice penale che condanna la consapevolezza del delitto contro la collettività, il dolo appunto: “Chiunque avvelena acque destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per consumo, è punito con la reclusione non inferiore a…”. Da 10 a 18 anni ha chiesto il Pubblico Ministero per gli 8 imputati. E non un paio di anni, quasi prescritti, come…per aver attraversato con il rosso. Sono infatti almeno 21 le sostanze tossiche e cancerogene prima scaricate di nascosto in falda e poi addirittura omesse di bonifica. Una bonifica che necessiterebbe un risarcimento miliardario. Gli occhi del mondo penale e ambientalista sono rimasti per 7 anni puntati sul tribunale di Alessandria, 3 anni in Corte di Assise, dove la battaglia in campo dottrinale è stata esaltata dagli enormi interessi economici in gioco, in vista di una sentenza di possibile portata storica in campo giudiziario. In questi 7 anni, invece, gli occhi delle vittime hanno pianto testimoniando in aula e non pochi si sono nel frattempo spenti in attesa di giustizia. Noi, che in tribunale ci siamo battuti più di ogni altro, possiamo dire che oggi i più deboli hanno ottenuto giustizia? Non possiamo. Lo lasciamo dire agli avvocati, come ai politici che alle elezioni vincono tutti. Nell’aula campeggia la fatidica scritta “La legge è uguale per tutti” che altrimenti interpretò Raffaele Guariniello: “Sono stato nella Magistratura per decenni e ho cercato di fare il bene dei più deboli”.