27 Ottobre 2024
11:32
Una fantasmagoria e un percorso. Recensione di “L’isola di F.” a Hortus Conclusus
NOVI LIGURE – Inizia con un memento mori, tanto veritiero quanto pronunciato in una veste ironico-scaramantica, “L’isola di F. Piccola fantasmagoria”, l’ultima creazione di Andrea Lanza su parole di Fabio Alba. Lo spettacolo, in scena da giovedì ad oggi 27 ottobre nella Domus di Via Bianchi, conclude Hortus Conclusus, il festival novese giunto quest’anno alla sua decima edizione. Gli ultimi biglietti per la replica di oggi 27 ottobre alle ore 16 sono disponibili su https://www.eventbrite.it/…/un-libro-di-f-tickets.
La Domus di Hortus è un palazzo antico, sa accogliere in un’atmosfera amichevole, ma non si svela interamente e riserva un fascino misterioso. Proprio qui, sulle scale che portano al primo piano, la giovanissima Ginevra Teti cita Seneca e ricorda ai presenti, in fila e di fronte ad una maschera apotropaica, di essere “gente morta che ancora non è morta”. In un paradosso stridente di voce infantile e ironia nera annuncia poi la fine della cosiddetta parte comica dello spettacolo.
E’ una fantasmagoria, come da titolo, e inizia con la fine di tutto, con il pensiero della morte, che ricorre insieme all’ombra in senso junghiano, al tema della scelta e del viaggio. Il testo è una sequenza di suggestioni, visioni oniriche, riflessioni messe nero su bianco dall’autore/protagonista Fabio Alba e condivise in tanti incontri amichevoli con Lanza, che le ha cucite in una regia onirica e dalla trama musicale. Alba e Lanza lavorarono anni fa con Omar Pedrini alla spettacolarizzazione dell’album “Viaggio Senza Vento” dei Timoria. Il progetto non andò in porto, ma rimasero tra i due un’amicizia e un dialogo condensati nell’Isola di F. e resi in un’atmosfera che pare uscita da una profondità senza tempo.
“Ognuno di noi è seguito da un’ombra…siamo luce e ombra. Questa sera ci intratterremo, il resto è ombra”. Sembra una chiusa shakespeariana l’incipit pronunciato da Elena De Carolis, sulla scena insieme ad Alba, a Claudia Spinello e a Giulio Maria, autore ed esecutore dal vivo delle musiche originali. Mentre ogni piccola fantasmagoria pare nascere da un’immagine, l’impressione generale è quella di una lente comune, una messa a fuoco di un percorso alla luce di un punto di arrivo. Allora quel sentore umbratile presente dal primo momento diventa una chiave di lettura, un buio senza il quale non esisterebbe la luce. Un buio iniziale e uno finale, ma, mentre il primo prevede un viaggio di scoperta e riconciliazione, il secondo è la fine che dà il senso al tutto, senza la quale nulla sarebbe.
In mezzo c’è l’inaccettabile da riconciliare (l’ombra, quella di Jung, il nostro deforme da abbracciare per diventare interi), ma c’è anche la bellezza da riconoscere, quella della proporzione aurea in natura, nell’arte e in tutto ciò che emana armonia. C’è il viaggio di formazione del Siddharta di Hesse, contrapposto a quello oscuro e senza meta di Joe, il protagonista del concept album dei Timoria (e qui emerge il materiale del lavoro fatto in passato da Lanza e Alba). Ci sono le scelte, i sogni e gli incubi, c’è il senso del tempo alla luce dell’eternità (come non pensare a Borges?). Inizio e fine coincidono, tutto emerge da una coltre di fumo e una sorta di processione iniziale si conclude idealmente con una sceneggiatura di morte già programmata e immaginata (ovviamente in tardissima età).
Ci sono la vita e i suoi fantasmi nelle parole di Fabio Alba, che si dimostra a suo agio in un ruolo decisamente suo, sincero e privo di artifici. Elena DeCarolis è il fil rouge (e il suo abito rosso esige tale terminologia) cui Lanza fa cucire i tanti pensieri. La sua è una voce che mette a nudo l’essenziale con una naturalezza spiazzante, tanto dolce quanto pungente. Si segue con attenzione, sconcerto e un senso di riconoscimento di qualcosa che si sente proprio, “L’isola di F.” Un successo questa terza replica, dopo il tutto esaurito delle prime due serate e l’ultima replica novese attesa per oggi alle 16.