Autore Redazione
mercoledì
30 Ottobre 2024
11:00
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Cronaca - Pavia

Disturbi alimentari: Pavia diventa un polo di eccellenza per la cura degli adolescenti

Disturbi alimentari: Pavia diventa un polo di eccellenza per la cura degli adolescenti

PAVIA – Negli ultimi anni i disturbi alimentari tra adolescenti in Italia hanno registrato una crescita allarmante, con casi in aumento del 120% rispetto al periodo pre-Covid. Dietro le statistiche, però, ci sono storie umane complesse e battaglie quotidiane che coinvolgono ragazze e ragazzi travolti da un disagio silenzioso, spesso invisibile, ma devastante. A Pavia, un progetto pionieristico ha deciso di farsi carico di queste storie: Mondino Community Care, recentemente acquisita dalla Fondazione Mondino, ha avviato un nuovo corso per garantire a queste giovani pazienti un’assistenza completa, mirata e, soprattutto, umana. È un passo decisivo per creare una risposta più ampia e profonda a livello nazionale, ma la strada è appena iniziata.

Mondino Community Care ha ora una guida completamente rinnovata: sotto la gestione della Fondazione Mondino, nota per l’eccellenza nelle neuroscienze, il centro di Vigalfo si propone come una vera e propria “casa” per ragazze dai 12 ai 18 anni che affrontano disturbi come anoressia, bulimia e alimentazione compulsiva. La struttura, pensata per offrire un’accoglienza terapeutica e riabilitativa in un ambiente sicuro e specializzato, dispone di 16 posti letto ed è un luogo dove queste adolescenti possono riscoprire uno spazio di ascolto e supporto. Accanto a loro, un’équipe di professionisti è impegnata a creare percorsi di cura su misura, sotto la supervisione di Renato Borgatti, esperto di neuropsichiatria infantile.

I disturbi alimentari, dal classico rifiuto del cibo tipico dell’anoressia fino ai comportamenti compensatori della bulimia, non sono mai semplici “capricci” o “scelte” dettate dalla moda. In realtà, sono il riflesso di un profondo malessere interiore che trova nel controllo del corpo una valvola di sfogo. E questo disagio non ha confini precisi. Sempre più spesso, i medici si trovano davanti a forme miste: adolescenti che, in un percorso di dolore e insicurezza, passano da episodi di restrizione alimentare estrema a comportamenti di abbuffate. Il binge eating, o disturbo da alimentazione incontrollata, spinge molti verso l’obesità, creando ulteriori cicli di isolamento e sofferenza. La scelta di Mondino di farsi carico di questi casi, in un contesto specializzato e multidisciplinare, rappresenta una risposta coraggiosa e innovativa, ma soprattutto urgente.

La struttura di Vigalfo va oltre il concetto di “ricovero”. Qui le ragazze vivono insieme, affrontano le loro paure, imparano a sostenersi a vicenda e a riconoscere i propri limiti e bisogni. La Fondazione Mondino ha colto l’importanza di un approccio che non sia solo ospedaliero, bensì comunitario e relazionale. Le pazienti si trovano in una realtà in cui il confine tra il trattamento medico e la vita quotidiana è sottile, ma essenziale. Ogni giorno, i medici e gli operatori sanitari cercano di costruire un ambiente familiare e sicuro, un rifugio dove queste giovani possano, passo dopo passo, riappropriarsi del loro rapporto con il cibo, con il proprio corpo e con sé stesse.

Non c’è dubbio che l’emergenza legata ai disturbi alimentari necessiti di una risposta non solo clinica, ma anche sociale e culturale. E la comunità di Vigalfo, ora sotto l’ombrello della Fondazione Mondino, si fa portavoce di questa visione. In un contesto dove ancora prevalgono stereotipi e incomprensioni su anoressia e bulimia, il lavoro di sensibilizzazione e consapevolezza diventa fondamentale. Oggi sempre più adolescenti vivono in una costante ansia da prestazione, bombardate da immagini e modelli irraggiungibili che rafforzano un ideale di perfezione esteriore. Ma, come ben sanno i professionisti del Mondino, il recupero passa anche e soprattutto dalla capacità di riscoprire il valore della propria identità, indipendentemente dai numeri sulla bilancia.

Lo confermano anche i dati dell’Istituto Superiore di Sanità: quasi il 90% dei casi riguarda ragazze, e oltre la metà delle pazienti ha meno di 25 anni. Si tratta di una vera e propria epidemia silenziosa, che spesso esplode nel silenzio della quotidianità, in un crescendo di controllo ossessivo, di autocolpevolizzazioni, di lotte interiori. E queste ferite, invisibili eppure dolorosissime, possono lasciare segni profondi e duraturi. La possibilità di avere accanto un’équipe qualificata e una comunità protetta come quella del Mondino rappresenta, per molte di loro, una prima vera occasione di riscatto.

Con questo nuovo approccio, la Fondazione Mondino si allinea anche agli sforzi nazionali che mirano a strutturare una rete di supporto per i disturbi alimentari. La recente decisione del Ministero della Salute di aumentare i finanziamenti per le strutture specializzate è un segnale positivo, ma il bisogno è vasto e capillare. Ogni regione presenta differenze nelle risorse e nella capacità di intervento, e la scarsità di centri specificamente dedicati ai disturbi alimentari si traduce spesso in liste d’attesa interminabili e in percorsi di cura frammentati. La Fondazione Mondino, grazie alla sua esperienza nel campo delle neuroscienze e a una rete consolidata di collaborazioni, si pone come un modello per il resto del Paese, dimostrando che un supporto realmente efficace non può ridursi a una serie di trattamenti standardizzati, ma deve essere cucito addosso a ogni singolo paziente.

D’altra parte, la trasformazione di Mondino Community Care è anche un segnale importante per la comunità locale: l’intervento sui disturbi alimentari non riguarda solo chi ne soffre, ma coinvolge tutto il tessuto sociale, dalle famiglie alle scuole, dai servizi pubblici fino agli spazi di aggregazione. Ogni volta che si riaccende la luce di una giovane paziente che ha ritrovato sé stessa, tutto il sistema ne esce rafforzato. Mondino si sta impegnando affinché queste luci diventino sempre più numerose, affrontando una realtà complessa con professionalità, passione e una visione umana che, al di là di protocolli e tecniche, sa di aver messo al centro le persone, le loro storie e la loro capacità di rinascere.

Foto di Annie Spratt su Unsplash

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