Autore Redazione
sabato
13 Febbraio 2016
00:24
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Eventi

Una forma antica per uno stile nuovo. Recensione de “Molière o il malato immaginario” al Sociale di Valenza

Una forma antica per uno stile nuovo. Recensione de “Molière o il malato immaginario” al Sociale di Valenza

VALENZA – Rileggere attualizzando senza cedere alla modernizzazione delle forme.

Questo lo stile inconfondibile della Piccola Compagnia della Magnolia che, in coproduzione con il Théâtre de l’Epée de Bois – Cartoucherie de Vincennes, ha presentato, venerdì 12 febbraio, al Teatro Sociale di Valenza,  “Molière o il malato immaginario”.

“Il malato immaginario”, ultima pìèce di Molière, che morì poco dopo la sua quarta replica, si confonde, qui, con la vita del suo creatore. A tratti emerge il nome Jean Baptiste, detto quasi per errore nell’interpellare Argante, il protagonista, mentre gli atti e le scene vengono annunciati e commentati. L’effetto è quello della finzione, che si avvale, da un lato, di un espediente metateatrale, e, dall’altro, di stilemi antichi desunti dalla commedia dell’arte e dall’eccesso grottesco delle pose e delle espressioni. I momenti si susseguono come dei tableaux vivants, dove i personaggi si immobilizzano e fissano una gestualità grondante eccessi.

Il taglio registico di Antonio Dìaz Floriàn si basa su una ricerca filologica profonda che attinge alla storia del teatro e ne enfatizza i barocchismi. L’effetto è una finzione tecnicamente impeccabile, dalla quale escono momenti di verità come fiotti di sangue dalla bocca o una morte reale, quella di Jean Baptiste Poquelin (Molière), causata appunto dalla tubercolosi.

Lo spettacolo gira intorno ai dialoghi-scontri tra Argante (Davide Giglio) e la serva Toinette (una splendida Giorgia Cerruti dall’ottima impostazione vocale). I loro battibecchi diventano fisici e addirittura ferini, alternando momenti di gestualità forsennata ad altri di staticità inverosimile.

Sui volti maschere disegnate, sostituite nel finale da vere maschere veneziane, in un tripudio di carnevale mortifero. Gli abiti, in linea con i visi, sono bianchi e barocchi, grondanti pizzi e orpelli, in contrasto con una scena spoglia ed essenziale.

Le forme sono innaturalistiche, ma la satira palpita e il dramma della morte squarcia la freddezza dell’interpretazione manierata per colpire ed emozionare. Gli accenni a Molière nei panni di Argante sono un trait d’union che sfocia nel finale drammatico nel vortice pirotecnico del carnevale. Forse, unico appunto, questo fil rouge poteva essere un poco più accentuato, in quanto lettura originale e gioco di specchi tra malattia finta e reale, necessità di divertire e cinica critica della realtà.

Un linguaggio antico per la dicotomia verità-finzione, vita-teatro, ma l’effetto è sorprendentemente moderno e rivela uno stile drammaturgico di rara raffinatezza e audacia.  Una rivelazione da seguire, la Piccola Compagnia della Magnolia, e un meritato apprezzamento del pubblico al Teatro Sociale di Valenza.

In scena Davide Giglio, Giorgia Cerruti, Luca Busnengo, Pierpaolo Congiu, Anna Montalenti, Fabrizia Gariglio.

Nicoletta Cavanna

 

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