27 Febbraio 2016
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Gli opposti e la tragedia. Recensione di “Otello” al Teatro Sociale di Valenza
VALENZA – La gelosia, mostro dagli occhi verdi, ma anche la purezza e il male, l’amicizia e l’inganno, il preconcetto che sobilla il razzismo e lo sguardo che vede al di là dell’apparenza.
L’ ”Otello” del Teatro de gli Incamminati , per la regia di Carlo Sciaccaluga, presentato al Teatro Sociale di Valenza , venerdì 26 febbraio, contiene in sé tutta la forza dei versi di Shakespeare, su uno sfondo di guerra tra civiltà dei giorni nostri.
Una scenografia di due pareti rovinate e scrostate indica la decadenza di Venezia e poi il caos della guerra a Cipro, dove mucchi di vestiti e stracci vengono gettati da dietro le quinte come bombe, al suono di reali rumori bellici. Tute mimetiche, una ricetrasmittente, rumori di elicotteri e musica orientaleggiante alludono ad un presente di guerra in un contesto mediorientale, un mondo che si oppone ad un altro senza alcun dialogo.
Su tutto giganteggiano il bene, nella purezza indifesa di Otello (Filippo Dini), e il puro male, declinato nelle forme dell’invidia, dell’avidità e del semplice desidero di nuocere, di Iago (Antonio Zavatteri).
La statura di Iago è enorme. Zavatteri modella perfidia e simulazione, infondendo al suo personaggio un ingegno tale da essere un eroe assoluto. Ottimo il confronto con l’Otello di Dini, che trasforma la sua indole benigna e positiva in una forza bestiale e irruenta, incapace di considerazioni razionali come di movenze umane.
La scelta registica di Sciaccaluga punta sulla sublimazione dell’abilità di Iago e sulla reazione viscerale di Otello, suscitando nel pubblico un’ammirazione totale per il primo, tanto da fare affiorare il sorriso a fronte dell’esito delle sue parole. Non facile inserire una nota sottilmente ironica in una tragedia da manuale e ottimo l’esito che, infine, esalta la drammaticità di fondo.
Otello fa uscire dal suo animo ferito l’istinto animalesco e il suo corpo si contorce, la sua voce si trasforma in gemito bestiale, mentre Iago padroneggia un’elegante dialettica che scatena conseguenze fatali.
Dini recita Otello con una maschera che gli copre una parte del volto e che si toglierà solo nel finale, una volta scoperto il suo errore e commesso l’omicidio di Desdemona. Forse una rinuncia alla purezza o ad un marchio di diversità, certo un gesto che prelude l’imminente morte.
Il ritmo dei dialoghi è molto veloce e la traduzione, dello stesso Sciaccaluga, presenta qualche attualizzazione che ben si presta a rendere vivo il testo, pur sempre nell’attento rispetto dell’o riginale.
Notevole l’interpretazione di Giulia Eugeni (Desdemona), Mariella Speranza, Roberto Serpi, Alberto Giusta, Massimo Brizi, tutti convincenti e in grado di infondere vita e credibilità ai loro personaggi. Non c’è nulla di già visto o scontato in questo “Otello”, la vicenda scorre e infonde il desiderio di vedere il finale, come fosse inedito e come se i tempi fossero mutuati dal linguaggio cinematografico.
Assolutamente da vedere per rinnovare la certezza dell’immortalità del genio di Shakespeare e per godere della bellezza di un’interpretazione moderna e valorizzante.
Nicoletta Cavanna