20 Luglio 2025
13:32
Una sera a “Teatro e colline” nel borgo di Calamandrana Alta
CALAMANDRANA – Si arriva a piedi a Calamandrana Alta e già il primo sguardo rivela la bellezza del Borgo Unesco, sormontato dal castello. In una passeggiata fiancheggiata da vasi di fiori e da un paesaggio che rapisce lo sguardo tra sopra e sotto si sta svolgendo, in questo fine settimana dal 18 al 20 luglio, l’edizione zero del festival “Teatro e Colline– alfieri nel Borgo Unesco”, felice e seguitissima rinascita del precedente prestigioso festival che si tenne dal 1991 al 2011. Come allora, la direzione artistica è affidata a Casa degli alfieri e con una sua nuovissima produzione è iniziata la serata di sabato 19 luglio (dopo il palinsesto pomeridiano). Antonio Catalano, uno dei fondatori storici di Casa degli alfieri, ha presentato in prima nazionale il suo “Come foglie, come vento, come morbidi pani. Vita immaginaria di San Francesco”, un racconto per immagini che ben riflette, come il precedente “Artabàn”, la poetica incantata e incantante del suo autore.
Al centro di un semicerchio di cartoni (da lui stesso dipinti con uno stile icastico e sorridente) raffiguranti San Francesco, Catalano parla in prima persona e dà vita ad un diario immaginario del Santo. “Essendo io ignorantone…” suona l’incipit che introduce ad una lettura fiabesca e sognante, eppure non meno mistica, della vita del poverello d’Assisi. La chiave è l’incontro, oltre che con la povertà, con l’ignoranza, ovvero con uno sguardo meravigliato e grato. E’ lo sguardo, certamente folle ad un ragionamento razionale, che si fa leggerezza e che tramuta la pietra in piuma (“la mia voce dice pietra e la mia anima dice piuma”), che fa dell’uomo una creatura invisibile e parte della natura.
Il San Francesco di Catalano è ignorante perché si innamora di tutto senza doversi chiedere il perché di nulla, è certamente pazzo, come lo giudicarono i contemporanei e lo giudicheremmo ancora oggi, ed è invisibile, perché con la tunica marrone del lebbroso si fa fango e diventa lui stesso terra. E’ con la prosa “ignorante” di un santo-cantastorie, con le sue parole inventate ed infantili ( le nuvole che si fraccano, il suo correre patanuto, ovvero svestito) che emerge, in una narrazione sempre sorridente e un po’ onirica, un innamoramento incondizionato per la vita e per la morte.
Qui Francesco non è il giullare che con la voce e il corpo incanta le folle, come per Dario Fo, ma, come lui, è animato dalla stessa illuminata follia che lo veste di “un’allegrezza povera, senza tasche”, di chi si spoglia di tutto e diventa semplicemente creatura. Si sorride tanto e, come sempre con Catalano, si ritorna ad un’intuizione infantile, persino primigenia, che instilla in profondità qualcosa che si continua a pensare, qualcosa di immaginifico e fulminante come le mucche che “certe volte dicono cose più gentili degli uomini…perciò viva la beata ignoranza!”.
Certamente lo stile è più poetico che prosaico e così, con i versi differenti ma altrettanto fulminanti di “Poemi focomelici. Sudicerie poetiche (1980 – 2024)” di e con Daniele Timpano (in collaborazione con Elvira Frosini), è continuata la serata. “Poemi Focomelici” è un flusso di coscienza in forma poetico-narrativa, nutrito di gestualità, di mimica facciale e di un collage musicale. E’ uno specchio surreale di ansie, paure e pensieri che escono da pagine scritte negli anni, un puzzle che si compone con il ritmo convulso di gesti disarticolati, di sguardi folli e di ironia spiazzante.
Il reading si basa sulla raccolta poetica omonima di Timpano, attore e drammaturgo romano premio Ubu 2024, edita da CuePress, e ricalca lo stile mai rassicurante del suo autore, capace di caricare le parole di significati che scardinano certezze, fanno ridere e inquietano. Vestito di un completo rosa intenso, di schiena rispetto al pubblico, Timpano dichiara di immaginare un’introduzione musicale, si muove in una danza scomposta per poi iniziare con il suo primo scritto, una reale letterina del Natale 1980 ai suoi genitori. E poi un fiume di versi incalzanti che ripercorrono più di quarant’anni di scrittura intensa ed etichettata come patologica dallo stesso titolo della raccolta.
E’ un quadro di vita focomelica, le cui braccia non sviluppate lanciano e trattengono, esprimono e reprimono, blandiscono e alludono. Così i temi dell’infanzia, dei genitori litigiosi, delle paure e della scoperta di un germe interiore di violenza (drammaticamente comico il racconto dell’uccisione di un topo infiltratosi in casa, certo è difficile non pensare a Gaber), si arriva al 2025, con “la vocazione ad una morte sempre meno lontana”.
Lo squilibrio tra lo stile e il contenuto lirico continua con ancora maggiore evidenza e le immagini mortifere (bare, cimiteri ecomostri o camposanti carini e assolati, funerali che finalmente terminano con un caffè) arrivano come frecce, feriscono e poi ritornano sulla loro traiettoria dipingendosi del colore della satira che tutto dice e tutto nega. La musica romantica e l’immagine dei corpi disgregati di una coppia di< zombie riportano al surreale e paradossalmente vivissimo “Zombitudine”, lavoro di Frosini e Timpano incentrato sull’ambiguità dei confini tra bene e male, vivi e morti.
Il finale lirico e intimistico è dedicato alla visione della nonna che “a piedi nudi/e già lontana/su una scala/che è dorata” dà il senso della verità di una raccolta che fa dell’incoerenza, della sfaccettatura e della continua discrasia tra significato e significante un ritratto intimo e sincero. E’ questo che Luciano Nattino di Casa degli alfieri intendeva, nel dare vita a “Teatro e Colline”, quando scriveva: “Teatro e colline di sera, non spettacoli ma domande, bicchieri di attesa, non risposte ma segnali e contatti in silenzio”, e non ci sono parole migliori per raccontarlo.
Oggi, domenica 20 luglio, “Teatro e Colline” continuerà con lo spettacolo sulla sarta che voleva ricucire il firmamento con Patrizia Camatel e terminerà con “Lo spettatore condannato a morte” con la regia di Beppe Rosso. A seguire Festa del Borgo, con cena sotto le stelle a cura della pro loco e musica folk dal vivo.