9 Agosto 2025
05:15
Il restauratore monferrino che sta salvando il “Migrant Child” di Banksy: “Così ho staccato il murale a Venezia”
CASALE MONFERRATO – Radici salde nel Monferrato e un talento riconosciuto a livello internazionale. Il restauratore casalese Federico Borgogni è al centro di uno dei progetti di restauro più complessi e discussi al mondo: il recupero di The Migrant Child, il murale di Banksy apparso nel 2019 su un muro di Palazzo San Pantalon a Venezia.
Borgogni si definisce “una quercia radicata nel Monferrato”. Nato a Casale, ha quelle che chiama “radici elastiche”. Dopo il diploma, le ha tese fino a Milano, dove ha studiato illustrazione e grafica alla Scuola d’Arte del Castello Sforzesco, e poi le ha allungate ancora fino a Roma, dove si è specializzato in restauro e ha vissuto per 11 anni. Quelle “radici elastiche”, alla fine, lo hanno riportato a casa.
Con oltre vent’anni di attività nei più prestigiosi laboratori d’arte e una solida reputazione professionale, Borgogni avrebbe potuto scegliere qualunque città, in Italia e nel mondo, per vivere e lavorare. Quando ha deciso di aprire il suo laboratorio di restauro, però, ha scelto Ozzano, nel cuore del Monferrato. Il restauratore “sta bene” tra le colline patrimonio Unesco, dove ama andare a caccia di tartufi con i suoi cani. Da quattro mesi, quando si affaccia alla finestra, non vede più i suoi amati paesaggi vitivinicoli ma un panorama altrettanto unico: la laguna di Venezia. Qui, infatti, è entrato nel vivo il restauro del murale di Banksy.
A fine luglio l’opera è stata letteralmente “strappata” dalla facciata di Palazzo San Pantalon e portata in un laboratorio in Veneto per il restauro. Staccare “un muro di sei tonnellate” per salvare il bambino con il fumogeno rosa, dipinto a pelo d’acqua nel sestiere di Dorsoduro, sembrava un’impresa impossibile. “C’era chi ci dava per spacciati ancora prima di iniziare” racconta Borgogni. Ma lui era sicuro: “L’opera l’ho staccata io, per mia scelta e decisione. Non potevamo lavorare lì: l’umidità aveva saturato il muro di sali e la facciata era a rischio crollo. Così ho deciso: si stacca”.
Borgogni non è nuovo a interventi su opere di Banksy. L’ultimo era stato sul murale Aachoo!!, l’anziana signora che starnutisce, realizzato durante la pandemia su una casa di Totterdown, sobborgo di Bristol: “Anche in quel caso avevo staccato l’opera dal muro perché si trovava su una casa in cima alla strada più ripida di tutta l’Inghilterra”.
Lo “strappo” di Migrant Child, però, è stato decisamente più complesso e il restauratore sapeva di avere “gli occhi del mondo addosso”: “Se non fosse andata bene, una grande opera e la mia carriera sarebbero andate in frantumi. Sapevo, però, che potevo e dovevamo farlo, perchè stavamo rischiando di veder scomparire un murale di un artista considerato il massimo esponente della street art”.
A causa del moto ondoso, dell’inquinamento e dell’irraggiamento solare, in sei anni era già andato perso il 30% di Migrant Child. Con il restauro, l’opera verrà ripristinata. L’intervento, finanziato da Banca Ifis, ha acceso un dibattito tra gli esperti d’arte: c’è chi si oppone a interventi conservativi sulla street art, sostenendo che il valore delle opere risiede nella loro natura “effimera”. “Rispetto le opinioni altrui, ma da restauratore non sono d’accordo. Non credo che la street art sia fatta per non durare, altrimenti avremmo dovuto rinunciare a opere di Giotto e Cimabue. Io mi sento un po’ il dottore delle opere d’arte. Ci sono interventi che si possono fare e altri no. Quello di Migrant Child è un progetto di due anni che coinvolge un team di professionisti in ingegneria, architettura e la Soprintendenza. In campo ci sono esperti che sanno come preservare quest’opera: sarebbe stupido non sfruttare queste capacità, anche perché tra cento anni potremmo pentirci di non aver salvato un murale di Banksy che avevamo nel nostro Paese”.
Ora che il bambino migrante è al sicuro in laboratorio sulla terraferma, Borgogni conta di completare il restauro a ottobre. L’opera è poi destinata a tornare dove si trovava, ma non subito: prima dovranno terminare i lavori di messa in sicurezza di Palazzo San Pantalon, che Banca Ifis, proprietaria dello stabile, ha affidato allo studio Zaha Hadid, “uno dei cinque migliori al mondo”, spiega il restauratore per far comprendere la portata del progetto. Quando l’opera Migrant Child sarà ricollocata sul palazzo sarà protetta da una teca che sarà “un unicum”, anticipa Borgogni: “Con un team di esperti stiamo studiando come realizzare una protezione a tenuta stagna. Stiamo facendo diverse prove: deve avere una pellicola che protegga dal sole e un sistema di controllo di temperatura e umidità”.
Esperto della street art di Banksy e capace di riconoscere, nei vicoli nascosti di Bristol, anche le prime opere dell’artista – quando si esprimeva ancora con il “lettering” tipico dei graffiti – Borgogni non ha mai incontrato il writer britannico. Alla domanda sull’identità dell’artista, risponde ridendo: “Per me è il cantante dei Massive Attack, al 99%”. Ma, precisa, non importa chi sia Banksy. L’importante è l’arte di Bansky e il potente messaggio di Migrant Child. L’immagine del bambino che guarda davanti a sé, indossando un giubbotto salvagente e stringendo un fumogeno rosa, racconta la disperazione delle migrazioni forzate da guerre e povertà e invoca “salvezza”. Un messaggio che, grazie al lavoro di Borgogni e del suo team, non finirà sommerso dalle acque di Venezia, ma continuerà a parlare per i prossimi cento anni e, si spera, anche oltre.
(nell’articolo foto tratte dal sito borgognirestauri.com)