Autore Redazione
martedì
26 Agosto 2025
10:48
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Cronaca - Alessandria

Taser, sindacato Siulp: “Ad Alessandria è già uno scudo silenzioso della Polizia ma serve più formazione”

Taser, sindacato Siulp: “Ad Alessandria è già uno scudo silenzioso della Polizia ma serve più formazione”

ALESSANDRIA – “Il taser non è un assassino”. Mentre il Comune di Alessandria a breve lo adotterà per la Polizia Locale, il sindacato Siulp (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia, ndr) ha difeso l’arma a impulsi elettrici, già nella dotazione degli agenti delle Volanti, della Polizia Ferroviaria e della Stradale. La segreteria provinciale del Siulp ha definito questa strumentazione “uno scudo silenzioso”.C’è un’Italia che legge i titoli dei giornali e si scandalizza. E ce n’è un’altra che vive le strade, le pattuglie, le stazioni, e conosce la fatica di fermare chi ha perso il lume della ragione. A Olbia, il 16 agosto scorso, un uomo è morto dopo un intervento dei Carabinieri. Per giorni l’opinione pubblica ha gridato al “delitto del Taser”. Poi è arrivata l’autopsia, che ha chiarito: a stroncarlo non è stata la scarica elettrica, ma un cuore già logorato, una cardiopatia grave, con complicazioni cerebrali. Il taser, insomma, non c’entra. Ma il clamore resta”.

Secondo il sindacato Siulp “si preferisce il processo alle intenzioni, anziché la verità dei fatti. Eppure il taser è stato introdotto in Italia proprio per rispondere a un’urgenza reale, non immaginaria. Nel 2018 partì la sperimentazione in dodici città pilota, da Milano a Catania, da Brindisi a Palermo. Era la risposta a un dato allarmante: oltre 2.600 aggressioni a operatori di polizia in un solo anno, quasi sette al giorno. Poliziotti e Carabinieri mandati all’ospedale, costretti a misurarsi a mani nude o con strumenti inadeguati di fronte a soggetti armati di coltelli, bottiglie, bastoni. La sperimentazione funzionò. Tanto che nel 2022 l’arma venne progressivamente distribuita alle Questure e ai reparti di Polizia Ferroviaria e Stradale”.

La segreteria provinciale del Siulp ha anche rimarcato, però, che gli agenti della Polstrada ancora non possono utilizzare il taser nella viabilità ordinaria: “Gli equipaggi devono far fronte a situazioni di rischio senza la disponibilità immediata di questo strumento. La cronaca locale ce lo ricorda: risse in piazza Gobetti, aggressioni nella stazione di Alessandria, interventi su soggetti alterati in corso Roma o in piazza Garibaldi. Episodi che fanno notizia per un giorno, ma che per chi indossa la divisa sono il pane quotidiano. In ognuno di questi casi il taser è – o sarebbe stato – la via d’uscita più sicura: un colpo di luce e di suono che spesso basta a dissuadere, senza nemmeno dover premere il grilletto”. 

“In tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Regno Unito, dalla Francia al Canada, il taser è considerato un’arma a bassa letalità, strumento di de-escalation. Uno studio pubblicato dal National Institute of Justice americano ha dimostrato che, su decine di migliaia di utilizzi, il rischio di decesso diretto è inferiore allo 0,1% e correlato quasi sempre a condizioni mediche pregresse o all’uso di sostanze stupefacenti. In Francia, dal 2007 a oggi, il taser ha permesso a migliaia di agenti di neutralizzare soggetti armati senza dover sparare un colpo d’arma da fuoco. Chi oggi grida al “Taser killer” dimentica che in Italia – e anche ad Alessandria – senza questo strumento ci sono stati colleghi costretti a reagire con l’arma d’ordinanza, con esiti drammatici. Un proiettile non fa sconti. Una scarica di taser, invece, concede sempre una seconda possibilità”.

E tuttavia, non possiamo nascondere una criticità che riguarda anche la nostra provincia: la formazione. I corsi di abilitazione sono stati distribuiti con il contagocce, con numeri ridotti e scaglionamenti che spesso non garantiscono la presenza, per ogni pattuglia, di almeno un operatore formato. Un deficit che rischia di trasformare lo strumento in un lusso anziché in una risorsa quotidiana. Serve uno sforzo maggiore, serve un investimento più deciso, perché la sicurezza non può dipendere dal caso. E allora, quale sarebbe la vera tortura? Privare i cittadini e gli operatori di uno strumento che riduce i rischi e salva vite, oppure lasciarli esposti al ricorso immediato alle armi da fuoco? Il caso di Olbia, lungi dall’essere una condanna, è la conferma che la polemica va tenuta fuori dalle aule dei tribunali e dalle cronache: la scienza medica ha già detto che il taser non ha ucciso. L’unica arma che ha fatto vittime, ancora una volta, è il pregiudizio”. 

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